Parole in confusione

le mie difficoltà nel deambulare


Seconda ParteDa quel momento piegare il ginocchio destro sarebbe iniziato ad essere un problema. Una scusa accettabile per l’idea di un sabato sera da passare in casa, sdivanato con tv, a cui prestare attenzione. Una piccola evasione per la cena a base di take-away cinese, alla solita rosticceria “La speranza”, con un bis da riso alla cantonese, contaminato dalla salsa agrodolce, e pollo fritto che sa sprigionare l’idea del fritto, appunto, come nessun altra pietanza. La televisione, come al solito, offriva, in tempi di competizione, un’offerta decisamente variegata. Era la serata finale del Festival di Sanremo e, come di consuetudine, Mediaset scatenava la sua controffensiva, offrendo un Tom Hanks da Oscar in “Cast away” e, per i più piccini, la prima visione del film “Dragon Ball Z”, a cui non potevo rimanere insensibile. La Rai però non decideva di puntare tutto sulla rete ammiraglia e, su Rai 2, faceva scendere in campo un gradevolissimo “Il 13 guerriero”, con Antonio Banderas graffiato e sporco e un cast decisamente all’altezza. Non solo, anche Mtv si metteva a disposizione con la classifica delle 100 Hits più memorabili degli anni ’80 e, a seguire, la storia dell’heavy metal. Così tante opportunità di cambiare canale che non mi hanno portato a seguire integralmente niente. Ero curioso di sentire il brano di Cristicchi, che sarebbe poi andato a vincere questa 57 edizione, ma le varie pubblicità mi portavano in dono un minuto di Albano (una possibilità non la si nega a nessuno) e, tutta “La paranza” di Daniel Silvestri. Per il resto tendevo ad evitare Baudo e compagnia, a favore di un po’ di tutto il resto. Un letto di mezzanotte passata nonostante la sveglia anticipata di questa mattina. 7.46. Varco la porta a vetri scorrevole e getto uno sguardo al primo binario. Il treno è già li che aspetta solo la puntualità per lasciarmi a terra e devo ancora fare il biglietto. Non c’è fila e la bigliettaia mi propone uno sbrigativo “solo andata” per Bologna, come tampone temporaneo. Pago, oblitero e riesco a mettere il piede in salvo sul treno. Sono esausto. Il mio problema a deambulare mi lascia qualche strascico sul tempo di recupero da sfruttare su uno dei tanti posti lasciati liberi dalla particolare situazione temporale. Di fronte a me, dalla parte opposta di poltrone F.S., inquadro subito uno strano soggetto barbuto con tanta voglia di esternare la sua emotività. Qualche verso, un po’ di attenzione catturata ma senza particolare invadenza. Ad una decina di minuti dalla fermata di Bologna si alza e va ad esaurire l’attesa oltre la porta a vetri con l’adesivo blu della scritta gialla “TIRARE”. Mi disinteresso al personaggio ma subito dopo faccio caso che si è piantato li, con quel suo sguardo incantato a fissare dentro lo scompartimento con un sottile sorriso stampato sul viso. È il momento di scendere e, trascinando la gamba destra, tenuta in stecca per evitare il dolore, riesco ad arrivare alla seconda biglietteria di giornata per completare la legittimazione del mio viaggio su treno. La giovane operatrice col sorriso ne regala un po’ anche a me prima di affrontare altre scale, a scendere e a salire. Il treno è già sul binario. Attendo le 8.55 riposando ancora un po’. È il 4 del mse e sono quattro mesi oggi da quando io e Giulia ci siamo incontrati e baciati per la prima volta. Le scale della stazione di Padova arrivano in fretta a restituirmi il mio handicap temporaneo. Fuori Giulia ad aspettarmi, su cui noto il mio stesso auricolare da lettore mp3 che a lei è servito per la corriera. La mia playlist aveva appena esaurito la “BBC session” dei Led Zeppelin aggredendomi con una accattivante Britney Spears, dal suo “My prerogative”. Senza proferire parola le passo uno dei miei e mi porto all’orecchio, curioso, il suo. Inauguriamo il sonoro, dopo una settimana senza vederci e dalle sue candide labbra esce un romantico “Vaffanculo” che mi fa sorridere. La scelta musicale è effettivamente opinabile. Il giorno del nostro quarto mese insieme scorre tranquillo. La colazione che mi ero immaginato ce la concediamo dopo un peregrinare alla ricerca di una meta nel centro di Padova, in un bar che ha appena aperto i battenti. Non mi era mai successo di essere il primo in un frangente simile e adoro le nuove esperienze, anche insignificanti come questa, inattese. Due cappuccini da allungare con qualche pesante spolverata di cacao e una fetta di torta alla ricotta e cioccolato, a cui non riesco proprio a dire di no. Sul finire allungo con latte freddo e la colazione si può dire assolta in bellezza. Il resto è un pranzo in famiglia con gli zii veneziani in versione di ospitati. Le cambio le corde alla chitarra mentre passiamo la digestione appena fuori la porta di casa, per godere di un sole decisamente gradevole. Il nostro amore e la sua costante preoccupazione per il mio ginocchio. L’immancabile cioccolata in tazza e l’ora di salutarci arriva, come sempre, troppo presto. Tratto da "Un medico"Da bambino volevo guarire i ciliegi quando rossi di frutti li credevo feriti la salute per me li aveva lasciati coi fiori di neve che avevan perduti. Fabrizio de Andrè