Parole in confusione

le mie difficoltà nel deambulare


Prima ParteLa strada è sgombra ma sono al limite. Alzarsi alle 7.22 di domenica mattina non mi ha messo al riparo dalle preoccupazioni a proposito di quel treno delle 7.47 da prendere. Riuscire a fare tutto senza piegare il ginocchio destro, a meno di provare dolore, non è un’impresa assolutamente semplice. Colazione saltata e neanche messa in preventivo, sperando di condividerla con Giulia poi il pattume, di una settimana da single, da abbandonare lungo il percorso. Sembrerebbe proprio il momento ideale per una campagna a favore dell’automobile ed è proprio la prima cosa che mi arriva dopo aver girato la chiave nel cruscotto. Una giornata di sole e nessuno in giro, anche se per viverla bisogna essere dritti alle 7.30 di una domenica mattina. Viale Marconi è arrendevole e il margine a disposizione sufficiente per non doversi preoccupare. Il primo semaforo lampeggiante mi ricorda di quelli funzionanti a venire. Rosso. Sono fermo in mezzo al nulla, dando il tempo al ciclista in tuta blu, superato di slancio poco prima, di riprendermi. Riparto, lo recupero ma all’ennesimo semaforo si ripete il teatrino. Ancora rosso e non c’è nessuno a cui dare la precedenza. Ultimo scatto e ultimo semaforo, ovviamente dello stesso colore. Arriva anche lui, con la sua tutina blu, e mi strappa la vittoria sulla ripartenza. Parcheggio davanti al garage della madre di Alice. Prendo rosso anche ad attraversare l’incrocio ma me ne sbatto. In lontananza la sveglia della stazione è categorica. 7.45. Ho due minuti per arrivare, fare il biglietto e salire sul treno. Arranco, trascinandomi dietro la gamba destra che devo tenere in stecca risultando molto buffo nell’incedere. Decido di provare a correre, penso che presto rivedrò Giulia ma il dolore è veramente invadente come pensiero e avverto che  le lacrime sono al limite degli occhi. In gioventù mi sarebbe venuto facile piantare uno scatto poderoso e divorare tutti quei metri d’asfalto pedonale che mi separavano dal traguardo. Purtroppo sono una persona ignorante (non nel senso che ignora), alle volte, e mi piace sorvolare, a discrezione, sulle mie condizioni di salute. Come ieri pomeriggio, ad esempio. Già proiettato all’idea di un fine settimana integralmente, per quanto conciliabile con lo straordinario ordinario del lavoro del sabato mattina, dedicato alla trasferta padovana, davo la mia adesione alla partita di calcetto del primo pomeriggio, da disputare sul cemento, nel pallone della Pedagna, vista l’impossibilità di Giulia dovuta allo studio e ad una cena tra amici di famiglia a cui presenziare. Sarei dovuto andare in palestra ma l’idea di una giornata passata senza interagire con nessuno, vista anche l’impossibilità di organizzare qualcosa all’ultimo, mi spingeva a cogliere l’occasione e poi mi sentivo già recuperato dall’ultima volta e un po’ di movimento non poteva che farmi bene. Così pensavo e, ovviamente, mi sbagliavo. Il dolore al legamento collaterale destro, che ho scoperto così dove si colloca sulla carta geografica del corpo umano, tornava, gradualmente, a farmi compagnia. Avrei dovuto fermarmi subito, al primo accenno, ma sono ignorante alle volte e così avevo stretto i denti per stare in campo e raggiungere il traguardo del pareggio e del sorpasso, sempre li, a due lunghezze di distanza. Mi piace la competizione e stringere i denti fino alla fine e infatti, solo quando non riuscivo più nemmeno a camminare, gli ultimi 5 minuti, mi sono rassegnato a rifugiarmi in porta.