Parole in confusione

Le magnifiche 7


Seconda Parte Mi propone un bel sorriso e il mio stesso stupore per questo incontro troppo casuale, a pochi giorni da quella presentazione offerta dall’occasione di Samanta e dalla laurea di entrambe. Inaspettatamente lascia uscire un invito per la piccola festa che ha pensato di dare nell’appartamento che condivide con un’altra neo dottoressa dell’infinito panorama universitario bolognese. Svela il numero civico proprio su Via Mascarella, il numero del mio compleanno, col solito sorriso sincero, a fianco della cantina, dall’altra parte del locale che promette l’esibizione di Livio. È proprio la serata delle opportunità e non ce la faccio proprio a lasciarmene scappare così tante. Questi imprevisti poi, mi fa sempre piacere legarli ad un senso più alto da offrire al destino, qualcosa che deve accadere con un perché ancora da svelare, a proposito del quale riesco ad essere veramente curioso. La saluto con la certezza, sempre più concreta, mano a mano che ce la lasciamo alle spalle, che un salto in quell’appartamento ce lo farò. Entriamo nel locale e faccio la conoscenza degli altri musicisti, batteria e basso elettrico, suonato dalla copia invecchiata di Sebastiano e del fonico. La coppia di comici arrivano quando la piccola prova aveva già fatto in tempo a suscitare proteste nella tavolata di avventori stranieri, probabilmente americani, circa il volume troppo eccessivo. Una scena a cui sono abituato ma che a questi livelli, in un caffè concerto, proprio non mi aspettavo potesse ripetersi. Uno dei due comici allora si dirige direttamente al tavolo, l’unico affollato, chiedendo cortesemente di poter fare ancora qualche minuto di sound check, in vista dell’esibizione che è in cartellone per la serata. Non avevo mai visto una cosa del genere. Il problema viene superato e il brano di Fred Buscaglione può dare una piccola anteprima di quello che accadrà. Dopo essere ricaduti nella filodiffusione è il momento della cena. Vengo invitato ad unirmi a loro ma la testa è già al campanello da suonare e l’orario mi permette di salutarli, augurando “buon appetito” e lasciando sul tavolo la promessa di ritornare per le 23, per assistere in prima fila allo spettacolo. Attraverso la strada e quel poco di pioggia. Cerco il cognome sul campanello, arrivato via sms insieme al numero di telefono grazie a Samanta, e faccio pressione col pollice. Il portone si apre senza la domanda a cui dare la risposta che mi ero preparato, ad effetto, ma che posso spendere subito dopo aver completato le due rampe di scale. Mi accoglie una ragazza sconosciuta e mi presento come “l’imprevisto” mentre lei confessa di essere già ubriaca e con un bisogno urgente di far pipì. Percorro il lungo corridoio dell’ingresso fino a sfociare nella sala, con divani e sedie, una palla da disco anni ’80 e la tavola apparecchiata col mangiare e col bere. Ritrovo la coinquilina di Sara, occupata in un’altra stanza, immagine aiutata dall’impronta ancora fresca del ricordo della laurea. La festeggiata arriva col suo abituale sorriso e riesce subito a mettermi a mio agio, nonostante le preoccupazioni a proposito del mio essere capitato all’improvviso. Mi tranquillizza ribadendo il suo invito sincero. Suona il campanello. Sento una voce famigliare e butto l’occhio in fondo alla penombra del corridoio. Pian piano i contorni della nuova presenza si fanno più definiti e la mia sorpresa è la stessa di Antonella che mi sta di fronte. Antonella: - “E te cosa ci fai qua?” Me stesso: - “Sono l’imprevisto!” Non affaticandomi a cercare altre battute ad effetto in una stanca di originalità. Era dai tempi del montaggio dello spettacolo di “Imola in Musica” targata 2005 che non ci si rivedeva. Avevo richiesto la sua competenza per le riprese e tutto l’impegno a seguire che mi avrebbe portato a stringere il DVD de “l’Amore… nelle varie forme d’Espressione.” tra le mani. Ritrovarsi dopo così tanto tempo, con un bel ricordo alle spalle, senza preavviso, non poteva che farmi piacere. Ero in un appartamento nel centro storico bolognese, cavalcando la mia serata delle opportunità, ad una festa allestita dal destino, legata a quel mondo universitario così lontano e desiderato. Il campanello continuava a suonare a ritmo più o meno regolare fino a lasciarmi sprofondare sul divano in netta minoranza, unico esemplare maschile a cercare di mantenere alto lo stendardo del mio sesso. All’arrivo dell’insegnante di danza, punto d’incontro delle invitate, contavo sette donne in circolo a scambiarsi pensieri. Sicuramente non potevano lasciarsi andare in piena libertà ma cercavo di far pesare il meno possibile la mia diversità lasciando viaggiare lo sguardo, condito dal migliore spirito d’osservazione che potevo permettermi. “Le magnifiche sette”, era l’appellativo più azzeccato. Le 23, la mia mezzanotte da Cenerentola al contrario stava per scoccare, proprio sulle prime battute dell’invasione a base di testosterone e birra di tre personaggi. Raccolgo la giacca e la sciarpa e mi lascio accompagnare volentieri alla porta da Sara. Attraverso la strada sperando di non essermi perso niente, contando sulla puntualità rispettata. Il palco è muto. Trovo facce scure ad attendermi sul tavolino di destra. Lo spettacolo è saltato per via del pubblico che non si è impegnato a riempire abbastanza sedie e siamo al “Bravo Caffè” di Bologna, su via Mascarella. Non mi sembra possibile. Per salvare il salvabile salgono sul palco solo i tre musicisti, per non rinunciare almeno all’intrattenimento e giustificare quella paga ridotta a venire, doverosa. Il concerto a metà tra improvvisazione e standard vede Livio cimentarsi anche col microfono. Questo piano bar d’alto bordo è decisamente coinvolgente e riesce a mantenere anche una sua dignità, almeno fino all’entrata in scena di due tipe ubriache del tavolo “americano” coadiuvate da un “capelli bianchi” dalla mano neanche tanto morta. La caduta di stile è evidente e imbarazzante. Il set dura poco più di un’ora restituendomi alla branda intorno all’1 e mezza, non prima della rivelazione al casello del ritorno: “Stevie Wonder – Songs in the key of love”.