Parole in confusione

Il concerto


E venerdì sera è arrivata finalmente la data tanto attesa del Sax Pub di Lugo (RA), dove ho potuto presentare, in anteprima, lo spettacolo “Jazz d’Autore”, accompagnato da Livio, al pianoforte e da Gianluca, al contrabbasso. Mi sarebbe piaciuto portare sul palco, dietro la batteria già allestita, anche Pepo con le sue spazzole ma il budget messo a disposizione dal locale mi permetteva solo di fantasticare a proposito dell’idea. È sempre una dura lotta di numeri cercare di presentare un’offerta il più possibile professionale, con una formazione adeguata alla mia concezione di “Andrea Grossi in concerto”, la situazione con cui vorrei che il pubblico mi identificasse. Purtroppo la voglia di fare musica dal vivo, e per questo devo ringraziare i gestori che ci credono, è sempre assoggettata alla spesa da sostenere, trovandosi sempre a sperare in un’appropriata risposta del pubblico. Da parte mia posso solamente recitare la parte del purista, sacrificando il mio compenso alla presenza di un elemento in più sul palcoscenico, che considero sicuramente più importante dello spessore del mio portafoglio. Sto cercando di entrare nel ciclo delle programmazioni dei vari locali Jazz e per riuscirci ho già messo in preventivo qualche sacrificio da affrontare lungo il cammino ma partire dal basso, la passione me lo permette, non mi spaventa. L’uscita da lavoro delle 18 non lasciava scampo a troppi pensieri. Subito la doccia, gli ultimi preparativi e la partenza per il locale del centro storico di Lugo. La pioggia offre un contorno non proprio auspicabile e cerco di parcheggiare il più possibile vicino alla meta delle mie sognanti aspettative. Zaino in spalla, la valigetta con l’accordatore nella sinistra e la chitarra acustica nella destra, il necessario per affrontare la serata. Davanti alla “Sisley” ritrovo Melissa, la ragazza di Nicola, che ha appena finito di lavorare e si concede il lusso, insieme ad una collega(?), il “beneficio” di una sigaretta. Un incontro inatteso che però mi fa piacere, considerato anche tutto il tempo passato dall’ultima volta. Mi fa sapere del suo recente e volontario licenziamento, una notizia che accolgo con piacere, considerando quell’università lasciata ad aspettare e quel lavoro a cui si era costretta per necessità. La piccola sosta sotto al portico si conclude e la lascio ad una serata da passare in compagnia degli amici mentre ritorno sotto la pioggia, attraverso la piazza del paese. Salgo i gradini del locale e sul palco spicca imponente il contrabbasso “buono” di Gianluca e il pianoforte bianco che attende di essere sfruttato a dovere. Sono tranquillo ed entusiasta al tempo stesso. Non vedo l’ora di dare il via a questo gioco d’azzardo che potrebbe anche finire male ma che è quello che mi fa emozionare e che mi fa sentire vivo. Arriva anche Livio e possiamo iniziare a provare quei brani rimasti così tanto soltanto sugli spartiti e per la prima volta suonati tutti insieme. L’occasione, anche solo di una prova, era continuata a sfuggire di mano e mi aveva preoccupato non poco, almeno fino all’incontro a casa di Gianluca. Alla fine sapevo di potermi fidare delle capacità e della professionalità dei miei compagni d’avventura e le canzoni, infine, potevo dire di conoscerle abbastanza bene, seppur provate nella semplice veste di chitarra e voce, nella luce della mia cameretta. Le impressioni sono subito buone e aumenta la fiducia per una serata che andrà bene. - “Ma queste sono le prove del suono o le prove vere e proprie?” La domanda era stata posta intelligentemente dal cuoco che di musica aveva l’aria di capirne qualcosa. La buona era la seconda e non mi ricordo se ho avuto la sensibilità di rispondergli. Aveva anche espresso il suo apprezzamento per il genere e questo aveva alleggerito un po’ quel senso da sentirsi un po’ in debito, ancora prima di cominciare. Arriva anche Nicola, nonostante le non perfette condizioni di salute e mi fa piacere saperlo li con me. Ci dedichiamo alla cena ripassando un po’ di spartiti e colmando le varie lacune e incomprensioni, qua e là. Ordino la mia nuova pizza preferita, che scalza dal podio quella rossa con salciccia che ha mantenuto così a lungo il gradino più alto del podio. Luigi, il gestore, si annota una base a cui aggiungere pomodorini e, una volta fuori dal forno, fette di mozzarella di bufala. Un’eccentricità che mi porto con piacere dietro da Roma e dal suo, per questione di tempo, quasi impalpabile ricordo. Arrivano le 22.15 e il momento di scaraventarci sul palco. Il primo set scorre via intenso ed emozionante, tra canzoni originali, reinterpretate e la recitazione di qualche poesia scelta per l’occasione. Il pubblico rimane ad ascoltare ed è veramente stupendo potergli cantare tutte quelle parole che mi stupisco di avere scritto proprio io, ogni volta. La pausa mi porta un po’ di agitazione e sembra strano, dopo aver avuto un riscontro così positivo. Affrontiamo il secondo set ma sento di aver perso un po’ di smalto, forse per eccesso di trasporto e di un po’ di stanchezza che inizio ad avvertire. Il momento dei ringraziamenti e degli ultimi applausi comunque arriva senza nessun particolare errore da rimpiangere e la risposta del pubblico è veramente gratificante insieme alle buone impressioni espresse dai miei compagni di palco. Vendo addirittura 3 cd, ricevendo anche i vari complimenti di chi è rimasto li ad ascoltarmi per due ore. Il mio posto è sul palco a cantare le mie canzoni e quella musica che mi emoziona, ogni volta ne ho la conferma. Continuerò a farlo e a provare di farlo il più possibile, ritagliandomi tutta quella gioia che una vera passione mi permette e che ho capito di riuscire a trasmettere a sedere sulla sedia, dietro al microfono, sorseggiando di tanto in tanto una cioccolata in tazza, l’ennesimo segno della mia eccentricità. A letto alle 2.30 con la sveglia puntata, per lo straordinario dei cessi da spostare, alle 7.32 della mattina, con la prima frase spontanea, da pronunciare a bassa voce… -“Ma chi me lo fa fare?”