Parole in confusione

Avv. Nicola Casadio


La mattina di oggi partiva incerta sul da farsi. Puntare il naso verso il cielo non poteva aiutare certo a decifrare quello che sarebbe caduto sulle teste di ognuno e la scelta comunque non poteva limitarsi a qualche raggio di sole o a qualche goccia d’acqua. Poter cancellare quel grigio, il colore offerto all’indecisione meteorologica, era una speranza più che una certezza, che si spalmava su tutta quell’attesa da consumare sul turno di lavoro tra le otto e il mezzogiorno. Le occhiate indagatrici, più consuete del solito, cercavano invano di spingere in avanti quelle lancette immaginate dei display luminosi. Sempre impegnate nel cercare di raggiungere l’ora della libertà, in una rincorsa che trovava le mie attese, puntualmente insoddisfatte. Una giornata importante, invocata e temuta al tempo stesso. Mezzogiorno arriva e sono fuori. Il pranzo è praticamente già in tavola. Mangio ed è la volta della barba, prima di saltare dentro la doccia come mamma m’ha fatto, senza particolari accessori a salvare i capelli dalla cascata d’acqua regolabile. 12.57. Il treno per Bologna aspetta in stazione. Non ho ancora finito di usare il fon per quanto ne avrei avuto bisogno ma devo vestirmi e raggiungere il parcheggio privato, concesso in comodato d’uso gratuito da Alice, lasciare la macchina, raggiungere il primo binario con il biglietto ancora da fare. I miei due minuti d’anticipo li dedico ad una chiacchierata con Maddalena (il suo vero nome sarebbe Sara ma mi viene naturale farle indossare quella mia sensazione), destinata a proseguire anche nel viaggio verso la comune Bologna. Di tempo ne era passato dall’ultima volta che l’avevo ritrovata insieme a Peter, il suo ragazzo, ai bordi di uno dei concerti del gruppo. Il treno partito da Ancona ci raggiunge, si ferma e apre le porte. Abbiamo la possibilità di scegliere quale posto in piedi fare nostro visto l’abituale affollamento che caratterizza il convoglio. Nella passeggiata, alimentata da una speranza vana, fra i vagoni, prendiamo posto nella zona franca, vicino all’immancabile porta del bagno, quasi a cercare di conservare almeno un pregio a quella condizione disagiata. Posso stringere la mano anche ad Alessia, un’amica con cui condividevamo la stessa necessità di spostamento, anche se per motivi diversi. Mentre la quasi sconosciuta si doveva preoccupare di un laboratorio di Biologia, Maddalena avrebbe assistito, di li a poco, ad una lezione in merito alla datazione di qualche vaso romano o giù di li, in linea con la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Il mio perchè invece era unicamente in conto terzi, anche se, a un evento come l’esame orale da Avvocato che Nicola avrebbe dovuto sostenere presso una delle aule della Corte d’Appello, non sarei potuto mancare se non per poche, veramente poche, ragioni al mondo. Dopo tanti rinvii e l’ultima attesa vana, di un pomeriggio condiviso insieme a Melissa (la sua ragazza), tutti gli indizi sembravano portare a far credere che questa sarebbe stata la volta buona. La fine di un percorso, iniziato con la scuola di Ragioneria e continuato con la laurea e il titolo di dottore in Legge conseguiti alla Facoltà di Giurisprudenza. Poi due anni obbligatori di praticantato presso vari studi legali e finalmente l’esame scritto, andato a buon fine, indispensabile per poter sostenere l’ultimo orale, ultimo ostacolo al giuramento e all’iscrizione all’albo degli avvocati. Saluto Maddalena all’incrocio con Via Irnerio e continuo verso la zona dei tribunali. Il tempo è sempre incerto e la pioggia inizia a farsi insistente proprio negli ultimi metri della mia passeggiata. Salgo al secondo piano, passando in rassegna le tre aule papabili ma nessuna faccia amica. Decido di tornare al piano terra, usando ancora una volta le scale per diminuire i rischi di un gioco a rincorrersi. Inizio a riconoscere qualche timbro di voce familiare. Mi affaccio dalla finestrella lunga più di un metro e alta una ventina di cm. tra le misure della contraerea predisposta per i piccioni ritrovo Nicola, Seba e Melissa. Nicola: - “Andrew!!! Ma tu hai dormito qua?” Non era così però mi ero dato molto da fare per arrivare il prima possibile. Riconquisto il mio posto sul livello del mare, alla pari con gli altri, e iniziamo a scambiare i primi discorsi da introduzione prima di riprendere a salire. L’attesa nel corridoio viene stemperata dall’incontro con un’altra candidata, accompagnata dal suo ragazzo. Alla scoperta della città di provenienza della coppia, a Seba viene naturale iniziare a chiedere qualche curiosità sulla squadra di calcio del Modena appunto, arrivando pure ad azzardare il nome del secondo portiere. La conversazione sembra surreale, considerato il posto e il motivo per il quale ci troviamo li anche se per chi conosce il provocatore in questione non dovrebbe stupire più di tanto. Il sipario aiuta comunque ad alleggerire la tensione degli istanti prima del giudizio ed è un bene, anche se le unghie mie e di Melissa non devono essersi accorte di abbastanza cambiamenti, vista la nostra opera di cesellamento incontrollata. Qualche minuto dopo la consegna dei documenti di identità al cancelliere (donna), da parte dei candidati, la commissione prende finalmente posto dietro al banco che circonda, in maniera predominante, la sedia del primo esaminando dell’ennesima sessione di interrogazioni. Nicola si siede e comincia a parlare. Non presto attenzione a quello che dice, capisco che è partito e così posso raggiungere gli altri con qualche tranquillità in più in corpo. La decisione di non assistere all’esame era stata condivisa da tutti e doveva essere rispettata, anche se Nicola non si sarebbe mai potuto accorgere della nostra presenza, viste le spalle e tutta l’attenzione da dedicare alla commissione. Melissa si fuma la sua sigaretta ma i minuti scorrono inesorabilmente lenti. Cerchiamo di capire quanto potrà durare l’esame e ci soffermiamo sui ¾ d’ora circa, con qualche sbavatura in qua e in là. Alle 15.30 fissiamo il limite per tornare nell’occhio del ciclone delle emozioni. Nicola sta ancora parlando e prendo posto sulla soglia dell’aula, appoggiandomi al muro, riuscendo a dare forma alle sue parole. Non capisco niente di diritto, a parte qualche puntata di Forum capitata per caso a casa di mia nonna che comunque non credo faccia credito in materia. Lo vedo sciolto, a suo agio. Come se stesse sostenendo una discussione con qualche suo collega. Non c’è un’atmosfera da esame. La sua passione per il diritto è tangibile, traspare in quella leggera difficoltà dovuta al voler esprimere nel modo più adeguato tutto quello studiato e ripassato, ristudiato e riripassato ancora tante volte sui libri. Alle domande della commissione inizia col dare una risposta anche se cede volentieri, lungo il tragitto, a vari collegamenti che gli vengono spontanei e che dimostrano, nonostante quel po’ di confusione che possono creare, la sua preparazione non indifferente. Il suo ritmo è calmo, riflessivo. Si concede del tempo per rispondere e ne regala altrettanto per far capire a chi lo sta a sentire, la sua risposta. Me ne aveva parlato nel pre-partita, nella preparazione tecnica alla prova. Nicola: -“Non mi piacciono quei candidati che iniziano a rispondere a macchinetta e poi voglio fare degli esempi pratici, perché il diritto è soprattutto una cosa pratica”. Forse non proprio le esatte parole ma le ritrovavo nel suo modo di condurre l’esame. Intanto facevo caso al sudore esasperato sui palmi delle mie mani. Avevamo scherzato su quel Juve-San Benedettese, preso da lui ad esempio per smorzare le mie raccomandazioni alla calma circa i festeggiamenti e quel titolo che si sentiva già in tasca. Quell’idea di pronostico da abbinare all’esame e la sua sicurezza, mi avevano offerto un'altra dose di tranquillità senza però, ancora una volta, riuscire a risparmiarmi le unghie. La commissione si ritira. Adesso bisogna solo aspettare. Nicola si alza e ritorna ad avere il sole alle spalle. È entusiasta, carico e sembra cercare una conferma che non gli interessa nei pareri di chi ha assistito per tutta la durata dell’interrogazione. Pochi minuti. Sono quasi in ginocchio, appoggiato al primo banco a ridosso del palcoscenico principale. Basta la frase pronunciata solennemente dalla presidentessa per liberare un grido di gioia dentro l’anima che sarebbe potuto uscire prima anche se spingeva fino quasi ad farsi insostenibile. Nicola stringe la mano. Sorride. Mantiene l’etichetta. Inizia ad affrettare il passo verso quella porta a cui mi ero appoggiato nella tensione di pochi istanti prima, noi ci affrettiamo con lui e la realtà si fa sempre più vicina. Varca la soglia ormai quasi di corsa, con un salto accompagnato da quel “Sììììì!!!” gridato che si teneva dentro e che finalmente poteva sfogare. Si è meritato tutto questo fino all’ultima goccia, per la persona che è, per l’impegno e la passione sincera che lo hanno sempre accompagnato in questo percorso fatto di tanti sacrifici. Io posso solo esserci ed essere orgoglioso per lui e onorato di potergli essere accanto in un momento così importante per la sua vita. Usciamo all’aperto e ci fermiamo al Caffè Zanarini per quel calice di vino bianco che aveva espresso come desiderio e che avevo fissato in mente sperando di poterlo saldare al più presto. Al conto aggiungo altri due analcolici per il primo brindisi di questa nuova storia che ha già iniziato a scrivere e che gli auguro, con tutto il cuore, gli possa dare quelle soddisfazioni che si merita. Sono contento per lui. Nel giro degli sms e delle telefonate si aggiunge al gruppo anche Max che ci accompagna sulla strada del ritorno. La pioggia ci sorprende lungo il cammino e mentre Melissa è stata previdente e puo’ prendersi cura del suo ragazzo, io e Seba ci lasciamo inzuppare senza ripari. Entriamo in stazione e dopo un’occhiata ai treni infiliamo il sottopassaggio. All’ultimo mi accorgo che il loro treno non ferma ad Imola (BO) e il ritardo di 5min. accumulato da quello che fa al caso mio, mi permette di rimediare con un bel viaggio da scontare sempre in piedi, sulla carrozza all’insegna del carro bestiame, dei pendolari. Sono felice e lasciatemelo dire...Avvocato Nicola Casadio.