Parole in confusione

La farfalla che non sapeva nuotare


Ieri stavo per aprire l’acqua della doccia, ho ancora l’esigenza di farmela calda, non so perchè. Dopo una giornata di lavoro, dove la polvere ha veramente dato il massimo per prendere domicilio su ogni centimetro della pelle bagnata di sudore. Le gocce dall’alto assumono le sembianze di una liberazione, di una rinascita ad un nuovo giorno, spuntato della mattina e del pomeriggio, ma comunque da vivere fino al limite della stanchezza. Sulla ceramica noto una cosa insolita. Una farfalla ha deciso di riposare un po’ le ali sul bianco in attesa della tempesta. “Volerà via” penso, così tiro a me la leva per aprire la cascata d’acquedotto comunale. Non si sposta e mi lascia perplesso. Non me l’aspettavo. L’acqua intorno a lei continua a crescere ma non sembra poter trovare la più facile soluzione al problema. Cammina sul rilievo più alto senza direzione. Tra poco non avrà scampo. Non posso lasciarla annegare. Cerco qualcosa per trarla in salvo. Adesso sono io in difficoltà. Niente, il mio sguardo non trova l’immaginazione giusta da regalare a quello che mi circonda. Decido di avvicinarmi e offrirle il dito indice, sperando che capisca le mie intenzioni. Ci salta sopra immediatamente e posso portarla al sicuro, depositandola dolcemente sopra al lavandino. Nella mia felicità, mentre mi lascio bagnare dalla pioggia regolabile, penso se il caso mi avesse regalato uno scarafaggio. L’avrei salvato? Probabilmente no.“Alla fine è sempre una creatura vivente” e questo era il motivo di quel dibattito incerto del mio pensiero. La doccia è piacevole e pian piano finisco per non pensare a niente lavando via tutto il possibile, anche il peso delle mie idee. Chiudo l’acqua. Posso uscire. Mi ricordo della farfalla nel momento stesso in cui la vedo fissarmi immobile dall’orlo del lavello su cui l’avevo lasciata. Sembra quasi essere li per ringraziarmi anche se capisco che è un caso a cui mi fa piacere non credere del tutto.