Parole in confusione

Euforico


Gli uccellini cantano e me lo fa notare Nicola dall’altra parte della cornetta. C’è il piano di Jarrett che va e le improvvisazioni di questi solisti si accavallano sulla mia stanchezza del dopo lavoro, del dopo partita, del dopo doccia e del dopo mangiato, mentre recupero le forze per affrontare un’altra serata con qualcosa da fare. È un concerto magico quello di cui mi accorgo. La mattina era partita col solito caldo estivo, col sole a tavoletta su tutto il panorama offerto all’alzata di tapparella, nell’ennesimo risveglio dei miei ventisei anni. Niente radio indispensabile ad aprire gli occhi. Erano le ultime 4 ore di permesso prese dal lavoro, ormai in dirittura d’arrivo, da destinare all’ultima rappresentazione estiva per i bambini della scuola parrocchiale “Don Luciano Sarti”, di Castel San Pietro (BO). Il motivo portante per lasciare all’entusiasmo il diritto di prendere il sopravvento su ogni pensiero, che si trovasse a passarmi per la mente. Oltre alla compagnia di Tiziana, a questo giro, avremmo potuto vantare anche dell’ulteriore collaborazione di Ingrid, una mano in più a favore della rappresentazione e della sua messa in opera che non poteva che essere gradita. Appuntamento per le 10 meno qualcosa, sotto casa di Tiziana, e via, verso la nuova ribalta da nuovo, piccolo pubblico, a cui sono riuscito a fare una splendida abitudine. Il parcheggio davanti alla scuola è gratuito, all’inizio dal centro storico, motivo che lo rende particolarmente appetibile a tutti quegli automobilisti a caccia di fortuna in un giovedì mattina qualunque. Non credo all’impresa disperata, nonostante il bel principio di ottimismo che mi avvolge e faccio male. Con la Yaris ancora in seconda fila, le strisce bianche mi si liberano proprio sotto il naso. Il parcheggio migliore, a due metri dal portone in legno semiaperto, mi viene offerto così e credo possa essere il riflesso offerto al mio buonumore anche se, più probabilmente, si è trattato del semplice caso. Entriamo e prendiamo posizione nel luogo pensato per noi dalle maestre. Non c’è prato e mi piange il cuore vedere questi bambini costretti a giocare sul cemento e con così poco spazio a disposizione. L’entusiasmo con il quale accolgono la vista della chitarra che stringo nella custodia però è sempre il solito e, mentre Tiziana e Ingrid si danno da fare per preparare il necessario, inizio a suonare qualcosa per quelli che hanno voglia di agitarsi un po’. Poco dopo ce li ritroviamo tutti a sedere, intenti, ad ascoltare la storia di “Peter lo spaventapasseri”. Riusciamo a coinvolgerli fino alla fine, nonostante il rumore delle macchine e il tempismo di quel simpatico svuotatore della campana del vetro che ci fa traballare; arrivato proprio sulle conclusioni praticamente urlate, per dovere, di Tiziana. Siamo piaciuti e ci si fa piacevolmente l’abitudine. Per il pomeriggio mi aspettava il lavoro. Da lunedì è arrivato Giuseppe, il ragazzo che mi sostituirà in tutte quelle competenze che ormai avevo imparato a gestire senza particolari problemi o dipendenze dai colleghi. Il dovere dell'uscita è passato a lui e, a parte un piccolo affiancamento, indispensabile per effettuare le consegne ai nostri clienti più affezionati, si è dimostrato subito molto recettivo. Mi aspetta un finale da magazzino senza ore d’aria libere ma manca poco al traguardo, è li ad un passo e resistere non è ormai più un problema. Il tempo passa, lento, veloce, inesorabile comunque. Il suo più grande pregio e difetto, del tempo, al tempo stesso. La serata mi portava ad un’uscita con Matteo, con destinazione Bagnacavallo (RA). Ero curioso di dare un’occhiata al “Chiribilli”, un Art Cafè con una programmazione incline al Jazz e gli avevo chiesto di farmi compagnia. Faccio tardi per il nostro appuntamento delle 21.30 nel parcheggio di Solarolo (RA) ma lui riesce ad arrivare perfino dopo di me. L’sms, con quei 5min previsti lo avevano insospettito. La prossima volta me lo risparmierò volentieri. Salgo a bordo della sua affascinante auto d’epoca di marchio FIAT, lasciando parcheggiata la mia grigio-metallizzata giapponese. Dallo stereo arriva il be bop di Bud Powell e la voglia di farmelo ascoltare e di goderne a sua volta lo mette a contrastare, attraverso il pomello del volume, il disturbo dell’aria tagliata nella notte, nella campagna della provincia ravennate. Dobbiamo urlare per parlare tra un sedile e l’altro e mi sembra un buon motivo per essere contento. Il caldo è un problema e il cercare di aprire il finestrino laterale, quello a forma di triangolo, altrettanto. Mi fa notare il pulsante da tenere premuto nel gesto. Arriviamo al distributore. La posizione della lancetta della benzina è un problema che ho imparato a riconoscergli. Voglio uscire. Il buio non è ancora sufficiente a rimediare ad una giornata di sole a picco sulle nostre teste. La leva, l’unica a cui posso dedicarmi con la mia intenzione, non porta alle conseguenze sperate. Risolvo la situazione abbassando il finestrino portante e aprendomi a mano la portiera dall’esterno. Alla fine volevo solo riuscire a venirne fuori con le mi forze. Il concerto del “Chiribilli” è affollato, anche se la mancanza di alternative per una serata in fra settimana, senza il bisogno di allontanarsi troppo da casa, gioca abilmente le sue carte. I tavolini si spingono sul prolungamento della piazza principale, di fronte al teatro, ai piedi della torre dell’orologio. La partecipazione di pubblico offre un bel colpo d’occhio ma riusciamo a trovare due sedie imbottite di bianco, sotto al tendone che protegge anche lo spazio riservato agli strumenti. Siamo un po’ distanti ma centrali. Ordino un analcolico omonimo all’esercizio e la solita coca-cola per il pianista di talento che mi accompagna. Il gruppo non cattura particolarmente la nostra attenzione e finiamo a parlare del mio essere “avvoltoio” in fatto di occasioni al femminile e dell’allettante idea fantastica di aprire insieme un night con musica Jazz come si usava negli anni ’20. Una telefonata ci fa approdare a Lugo (RA), al Sax pub di cui cura, in una scomoda compagnia, la direzione artistica. Al ritorno spinge fino ai 150Km/h quel nero gioiello retrò di cui stringe il volante e mi fa piacere sentire addosso il pericolo di quella velocità antica. Avrei voluto esserci io al suo posto, a spingere sull’acceleratore e a prendere quelle dolci curve di campagna un po’ in contro mano, magari con una bionda da guardare alla mia destra e i suoi lunghi capelli scompigliati quanto basta dal vento, a farmela desiderare. Alla fine ho pensato che sarebbe stato un pensiero meno complicato per lui. Insomma, se al mio posto ci fosse stata la mia immaginazione. La Topolino AmarantoOggi la benzina è rincarata è l’estate del ‘46 un litro vale un chilo d’insalata, ma chi ci rinuncia? A piedi chi va? L’auto: che comodità! Sulla Topolino amaranto su, siedimi accanto, che adesso si va. Se le lascio sciolta un po’ la briglia mi sembra un’Aprilia, rivali non ha. E stringe i denti la bionda si sente una fionda, abbozza un sorriso che fifa che c’è in lei ma sulla Topolino amaranto si va ch’è un incanto nel ‘46… Bionda non guardar dal finestrino che c’è un paesaggio che non va: è appena finito il temporale sei case su dieci sono andate giù; meglio che tu apri la cappotta e con i tuoi occhioni guardi in su beviti sto cielo azzurro e alto che sembra di smalto e corre con noi. Sulla Topolino amaranto… Paolo Conte ascolta...