Parole in confusione

l'ultimo giorno di lavoro


- “Mi ride anche il culo!” Lo so non è un’espressione proprio delicata, e sicuramente non mi metterà sulla buona strada per conquistare un qualunque titolo nobiliare ma questa e stata la prima frase, la più spontanea, che abbia rivolto a quell’immagine riflessa nello specchio, questa mattina. Avevo aperto gli occhi conservando ancora un margine significativo sulle 7 di mattina e, il non attribuire all’euforia da ultimo giorno di lavoro questo straordinario evento, suonava tremendamente ingiusto. La sensazione era quella di voler iniziare a scartare quel bellissimo cioccolatino a forma di libertà il prima possibile, come la mattina di Natale, quando sai che i regali sono sotto l’albero ad aspettarti, con tutte le loro sorprese nascoste in misteriosi pacchi regalo. Iniziare a darsi da fare il prima possibile era la prerogativa biologica del primo risveglio dal quale non potevo esimermi. La faccia riflessa allo specchio portava marcata l’impronta di quella colorita espressione che chiedeva solo di essere esternata a voce alta, “Mi ride anche il culo!” appunto. Mi fermo a prendere un cabaret di salato alla pasticceria Orion, da portare in omaggio ai colleghi per la fine (che lo considero un nuovo inizio) di questa piccola parentesi fatta di grigio e polvere nella zona industriale imolese, per festeggiare insieme la mia riconquistata libertà. La miseria del giorno prima, da ricondurre ad una faccenda di 25Euro, aveva riportato la situazione conviviale su rapporti particolarmente ostili. La miseria: L’abbondanza di Euro Pallet aveva preso le sembianze di un imponente torre nel piazzale del magazzino, alla cui magnificenza avevamo contribuito tutti, soprattutto io e M**. Ogni occasione era buona per sostituire quel pezzo di legno, con un valore sul mercato dell’usato, con una barella assolutamente anonima ma comunque funzionale. Lavoro di braccia fatto insieme, tra caldaie e ceramica da travasare da un pallet all’altro. L’idea, poi messa in pratica, era quella di dividerne i profitti della vendita all’insaputa dell’azienda. Un sabato mattina, nella giusta riservatezza dello straordinario da sopportare a personale ridotto, era avvenuta la razzia di bancali. Il portafoglio di tutti era stato così appesantito di 25Euro che non facevano schifo a nessuno. Tutti a parte il sottoscritto, con un credito ancora tutto da vantare. Ieri avevo mandato un messaggio nella pausa pranzo per essere sicuro di poter riscuotere la parte che credevo mi spettasse. All’arrivo in azienda però mi ero trovato costretto a chiederne conto, sospettando qualche cosa che non mi avrebbe fatto piacere. La miseria. M**: -“Abbiamo pensato, tutti insieme, che visto che non ti sei mai sbattuto troppo ad offrire (argomento troppo lungo da attraversare) quei 25 Euro non te li diamo e domani porti le paste.” Una sorta di patteggiamento fai da te. Avrei voluto vedere la mia faccia in quel momento. M**: -“Sei libero di esprimere la tua opinione” Ci mancherebbe. È che volevo evitare discussioni anche se era impossibile a quel punto. Me stesso: -“Va bene. Allora facciamo così. Voi vi tenete quei 25Euro e vi ci pagate le paste.” La donazione della mia opinione, che non era un’opinione ma una dichiarazione d’intenti, mi avrebbe restituito un “sei un poveretto” (ricambiato volentieri) e quei 25Euro come segno di disprezzo per la mia interpretazione di un principio riguardo all’ordine naturale delle cose. Quello che mi era dispiaciuto, più di ogni altra cosa, era quel “tutti” che aveva accompagnato la decisione, e quel “dare” che sembrava dovesse pretendere, per una sorta di educazione che educazione non è, una sorta di ritorno. Questa la miseria del penultimo giorno di lavoro. L’ultimo sarebbe scorso accompagnato dall’euforia più devastante. Mi ritrovavo alla pasticceria e stavo riempiendo il cabaret di paste salate sapendo che qualcuno non le avrebbe mangiate. L’assenza di B**** poi, il nuovo assunto, mi portava di nuovo alla guida del camion, per quelle ultime consegne in cui la nostalgia e la felicità si mescolavano senza sforzo e presentandosi come un inaspettato piacere. Aria nei capelli dal finestrino abbassato, il limite dei 70Km/hr da rispettare con tranquillità e il panorama da cui lasciarsi coinvolgere intorno. Le 18, le ultime arrivano. Il tempo scorre, ci scopre sempre più vecchi ma porta sempre qualcosa di nuovo con se, e sempre di emozioni lascerò vivere quel presente che in un attimo, so, diventerà ricordo. A casa, la doccia e le prove in vista dell’appuntamento con “Imola in Musica”. Contrabbasso e pianoforte, suonati con gusto, in acustico e la mia voce un po’ stonata a cantare le mie parole diventate canzoni. Sono felice di essere in quella stanza più di quanto riesco a portarne i segni sul volto. Arriva una telefonata da un numero fisso. Il mio cellulare inizia a dare sfogo a quella suoneria che ho scelto per lui, senza troppe attenzioni, e proprio sull’esecuzione del momento non poteva brillare di luce propria. Me stesso: -“Pronto!” ... : -“Andrea? Ciao… (e qualcos’altro che la mia mente alla ricerca di un’identità da lasciare sopra quella voce femminile non riesce a cogliere) Me stesso: “Ciao!” ... : -“Non mi hai riconosciuto vero? Dai chi posso essere?” Me stesso: -“Elena!” Dopo quel massaggio in mutande rafforzate da perizoma maschile, che conservo come cimelio imbarazzante, c’era stata ancora qualche parola scambiata via sms. Le avevo chiesto di incontrarci “mantenendo fisse le distanze” perché le volevo chiedere cosa ne pensava dell’eventualità di condividere la mia ispirazione di passare insieme una giornata al mare. Un incontro a quattr’occhi per tranquillizzarla sulle mie intenzioni di pura, piacevole compagnia mi sembrava necessario. Per non equivocare le avevo chiesto il permesso di una telefonata per evitare quello “squillare a vuoto” che tanto mi infastidisce. La risposta mi sarebbe arrivata appena due settimane dopo, quando già avevo cancellato il suo numero dalla rubrica. Recitava più o meno: -“Scusa se non ti ho risposto prima. Sono in centro stasera…” Pensando ad un errore di persona, ma non volendo rischiare di fare l’ennesima figuraccia a cui precedenti esperienze mi hanno portato, ho atteso di ritornare in possesso dell’agenda su cui segno tutti i numeri, soprattutto quelli che cancello dal cellulare. Unica eccezione per quei due che rischierei ogni tanto di chiamare (Anna e Giulia). Il giorno dopo riesco a dare un volto a quelle parole senza identità e un senso all’intero messaggio. Le rispondo, mi risponde. Provo a chiamarla ma squilla a vuoto. Le scrivo di cancellare, per favore, il mio numero aggiungendo: - “Io farò altrettanto visto che non serve. Non perché ce l’ho con te ma proprio perché non serve” Lei scrive due righe di risposta: -“Non ho risposto perché sono in concessionaria! Comunque se preferisci così fai pure!”La figuraccia ritorna alla carica. Le scrivo tre messaggi in uno di scuse, aspettando l’esito. Passano quattro giorni, nei quali il suo numero è di nuovo scomparso dalla mia rubrica, e mi arriva questo 0542… mentre sto provando, insieme ad un meraviglioso contrabbasso e pianoforte, in vista del concerto di "Imola in Musica".Accetta le mie scuse con l’esibizione del tono più solare del mondo. Contraccambio l’entusiasmo grazie a quello che questa giornata mi ha inevitabilmente portato e penso che non sono l’unica persona strana in circolazione. Rimaniamo d’accordo per risentirci nei prossimi giorni con più tranquillità. Sono le 21.30 e devo andare a Forlì (FC) per suonare la chitarra insieme ai Morgana in preda ai malumori di Davide. Scendiamo le scale tutti insieme e nel salone mi accorgo che si sta tenendo una riunione. Vedo Fabio dirigerla insieme ad un'altra conoscenza. Mi ero scordato del ritrovo dell’associazione a cui non potevo partecipare. Fabio: -“Oh guarda chi c’è! (tutti si voltano) Accomodati pure…” Me stesso: -“Non posso, devo andare a suonare.” Ragione migliore non poteva esserci ma mi è dispiaciuto doverla esternare. Occasione non mancherà. Guido verso i Morgana, la cena a base di hamburger e coca-cola e il concerto del Pride Pub sotto una leggera pioggerellina, che lascia al lavoro le prostitute nella versione “ombrello” ai lati della strada. Domani sera sarà il palco di Ferrara (FE), con quei 16 posti disponibili offerti dal concorso nazionale a cui noi siamo approdati come primi degli scartati che, nella sfiga assoluta di essere stati valutati 17esimi, hanno potuto contare sull’altrettanta sfortuna di qualcun altro. Ieri sera sono andato a Lugo (RA) per passare una serata con Nicola. Portavo in dono la presa scart comprata all’Ipercoop, nei 5 minuti prima della definitiva chiusura delle 21.30, che ci avrebbe permesso qualche partita alla Playstation e tante parole a proposito delle ultime novità di entrambi. Sulla strada avrei lasciato fare ai Queen e sulle note di “Show must go on”, lanciata a più non posso dalle casse, mi sarei lasciato andare al canto più emozionante e ai brividi per tutte quelle emozioni che sa trasmettermi, ogni volta. Lo spettacolo deve continuareSpazi desolati, per cosa viviamo? Luoghi abbandonati, forse noi conosciamo già la partitura avanti e ancora avanti, c’è qualcuno che sappia cosa stiamo cercando? Un altro eroe, un altro crimine inutile dietro il sipario, nella pantomima resistere, c’è qualcuno che ce la fa ancora? Lo spettacolo deve continuare lo spettacolo deve continuare mi si spezza il cuore il trucco si sta sciogliendo ma io continuo a sorridere Qualunque cosa succederà lascerò tutto al caso ancora dolore, un’altra storia finita avanti e ancora avanti, qualcuno sa per cosa viviamo? Credo di iniziare a capire, ora dovrei essere più cordiale presto girerò l’angolo, infine fuori inizia ad albeggiare ma dentro, nell’oscurità, soffro ad essere libero Lo spettacolo deve continuare… La mia anima è colorata come le ali delle farfalle, le fiabe di ieri crescono ma non moriranno mai io posso volare amici miei Lo spettacolo deve continuare… Lo affronterò con un largo sorriso, non mi arrenderò mai, avanti con lo spettacolo Sarò l’attrazione principale del cartellone, sarò uno schianto devo trovare la volontà di andare avanti, avanti con lo spettacolo Lo spettacolo deve continuare… Queen ascolta...