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EFFETTO PLACEBO E NOCEBO

Post n°11 pubblicato il 30 Aprile 2008 da iltuopsicologo1964
 

C' è un nuovo farmaco: si chiama placebo

 

Una persona ha un dolore insopportabile che se ne va solo con un forte analgesico, per esempio un oppiaceo. A sua insaputa gli si dà invece una fiala di acqua e sale o una compressa di zucchero, e il dolore scompare lo stesso, si scioglie come neve al sole. Il placebo (il termine, in latino, significa letteralmente «io ti piacerò») è croce e delizia della medicina moderna. Da sempre alleato segreto dei curatori di tutti i generi e di tutti i tempi, dagli sciamani ai camici bianchi di oggi, è tuttora uno degli ultimi misteri che resiste all' indagine scientifica. Addirittura la rivista britannica New Scientist lo elenca tra le 13 cose (dalla energia occulta alle «costanti» fisiche che variano) capaci di sfidare il senso comune e ogni tentativo di spiegazione. Qualcosa però si comincia a chiarire. Studiosi dell' Università del Michigan hanno dimostrato che il placebo induce il nostro cervello a produrre una maggior quantità di endorfina, l' analgesico naturale fatto «in casa». Jon-Kar Zubieta e i suoi collaboratori lo hanno potuto osservare grazie alle tecniche più avanzate di immagine al computer, che consentono di «vedere» quello che succede nel cervello mentre è in funzione. E questo loro risultato conferma uno straordinario esperimento condotto già qualche mese fa dall' italiano Fabrizio Benedetti, dell' Università di Torino, e pubblicato sulla rivista americana Science: il naloxone, farmaco che blocca l' azione della morfina e dell' endorfina, dato insieme al placebo ne annulla gli effetti. La mente dunque controlla in qualche modo la chimica del cervello. E non solo per quello che riguarda il dolore, sintomo soggettivo per eccellenza: lo stesso Benedetti ha misurato l' effetto del placebo su un disturbo visibile e oggettivo come il tremore dei malati di Parkinson, osservando stupefatto che i neuroni coinvolti cominciano a «sparare» meno impulsi quando la falsa medicina entra in azione. Quindi il pensiero comanda anche alle singole cellule e gli effetti del placebo sono reali, non apparenti o espressione di pura suggestione, come molti continuano a credere. Tutto ciò è affascinante, ma lascia intatto l' enigma maggiore: quale stato della mente fa sì che un effetto così potente entri in gioco? E come lo si può indurre, quando è utile? Indubbiamente occorre che ci sia l' aspettativa convinta che qualcosa di buono (o di cattivo: esiste anche l' effetto nocebo, per esempio sulla nausea da chemio) sta per accadere. La potenza del placebo rappresenta dunque in qualche modo anche una misura della fiducia che la gente, in un certo momento storico, ha nei medici e nei loro rimedi. Ma qui sta il paradosso: il suo abuso è anche una misura di quanto i curanti sono disposti a tradire quella fiducia. Persa la quale, peraltro, anche molte medicine vere finirebbero per non funzionare più.

 

Satolli Roberto

 

 

Pagina 51

(27 novembre 2005) - Corriere della Sera

 

Corpo e psiche Come la paura di soffrire diventa dolore

Svelato l' effetto «nocebo»

 

La paura di soffrire scatena un meccanismo ansioso che fa sentire ancora più intensamente il dolore: è l' effetto «nocebo», di cui si comincia finalmente a capire qualcosa dopo tanta enfasi e studi sul suo opposto, il placebo, fenomeno che rende in qualche modo efficace anche una pillola «finta» (a base di zucchero, ad esempio) se chi la prende è assolutamente convinto di avere a che fare con un farmaco vero. Suggestione efficace, quanto transitoria. Il passo avanti importante nella comprensione dell' effetto «nocebo» viene da un esperimento di Fabrizio Benedetti, del Dipartimento di neuroscienze dell' università di Torino, appena pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience. Ad un gruppo di volontari è stato procurato un forte dolore ad un braccio, bloccando la circolazione nell' arto. A questo punto a tutti i partecipanti è stata data una compressa «finta» dicendo loro che, purtroppo, avrebbe intensificato il dolore. «Come previsto, il dolore in queste persone è effettivamente aumentato», spiega Benedetti. Fin qui, nulla di nuovo: basta annunciare che il dolore sarà più intenso perché aumenti davvero. Oggi sappiamo che l' ansia attiva una serie di circuiti nervosi che dall' ipotalamo passano all' ipofisi e da qui arrivano alla ghiandola surrenale, sfociando nella produzione degli ormoni tipici dello stress; cortisolo in testa, ben noto e studiato. Un meccanismo potente, ma abbastanza aspecifico. Ma ecco il colpo di scena: ad un altro gruppo di persone sottoposte allo stesso trattamento il dolore non è aumentato. Come mai questa strana analgesia? «La spiegazione c' è - risponde l' esperto - . A questi soggetti abbiamo dato una sostanza che blocca i recettori della colecistochinina, ormone che oltre a dare il senso della sazietà si è rivelato avere un ruolo centrale nell' effetto nocebo». Ruolo centrale confermato da questa osservazione: la colecistochina riesce a trasformare l' ansia di soffrire in un vero e proprio dolore agendo su circuiti cerebrali specifici, le vie nervose del «nocebo». La scoperta affascinante sotto il profilo della ricerca, potrebbe trovare in futuro anche una ricaduta pratica. Prospettive di cura significative che ci fa intravedere Fabrizio Benedetti: «È importante mettere a punto farmaci capaci di bloccare i recettori per questa sostanza. Queste nuove molecole, già in fase di sperimentazione, date insieme a potenti narcotici come la morfina, potrebbero migliorare ulteriormente il controllo del dolore, agendo anche su quello più sfuggente e difficile da trattare perché di origine psicologica». Luca Carra

 

Carra Luca

 

Pagina 52

(19 novembre 2006) - Corriere della Sera

 

Le sorprese delle «false» medicine

 

Sono più di 12 anni che Fabrizio Benedetti si occupa dell' effetto placebo. Ecco alcune delle scoperte del suo gruppo di ricerca. Nel Parkinson la sostituzione della terapia con un placebo non solo non interrompe gli effetti benefici su sintomi visibili come il tremore, ma è quantificabile anche la sua azione a livello delle cellule cerebrali responsabili della malattia. In pratica, quando la falsa medicina entra in azione le cellule nervose "sparano" meno impulsi. Uno studio, pubblicato sulla rivista Science, ha dimostrato che il naloxone, farmaco che blocca l' azione della morfina e dell' endorfina, dato insieme al placebo ne annulla gli effetti, cioè impedisce al placebo di stimolare la liberazione di queste sostanze oppioidi. Oltre che dell' effetto placebo, Benedetti si è occupato anche del suo opposto, il cosiddetto nocebo, quello per cui si soffre di più quando ci si aspetta di provare dolore. In uno studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, ad un gruppo di volontari è stato procurato un forte dolore a un braccio, bloccando la circolazione dell' arto. A tutti i partecipanti è stata poi data una compressa finta dicendo loro che, purtroppo, avrebbe intensificato il dolore. E così è stato. A. S.

 

A. S.

 

Pagina 56

(4 novembre 2007) - Corriere della Sera

fonte www.corriere.it

 

 
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