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DIPENDENZA DA GIOCO: ALLARME ROSSO

Post n°15 pubblicato il 15 Maggio 2008 da iltuopsicologo1964
 

Repubblica — 05 dicembre 2004  

SONO di tutte le età, di tutti i tipi sociali, di tutte le professioni. Uomini donne, giovani, pensionati, operai, dirigenti di azienda, casalinghe, studenti. Vite sull' orlo di un abisso, coltivato in segreto, da cui non si riesce, spesso non si vuole, allontanarsi. Drogati, non da sostanze, ma da qualcosa che, nel cervello e nel corpo, funziona allo stesso modo: il gioco. D' azzardo naturalmente. Dipendenti, da una schedina di Gratta e vinci, da una macchinetta di videopoker, dal video di una sala corse, esattamente come dall' eroina, dalla cocaina, dall' extasy. E come i classici «tossici», in cerca di eccitazione o di sedazione, a seconda delle personalità e delle attitudini, a rischio di crisi di astinenza, alla ricerca continua e compulsiva di «dosi» crescenti, e perfino a rischio di «overdose». Con tutti gli effetti collaterali di una condizione di dipendenza: incapacità di relazioni affettive e sociali, dissipazione di beni, tendenza al furto, spinta al suicidio. Mentre i Monopoli di Stato diffondono con toni trionfalistici i dati sulla vertiginosa crescita del giro d' affari legato al gioco (più 38% fra 2003 e 2004), emerge anche il volto drammatico di questa cruciale fonte di entrate per il pubblico erario. I gamblers, i giocatori d' azzardo di vecchio e nuovo tipo, ma soprattutto i nuovi, rischiano infatti di diventare per lo Stato un vero e proprio dramma sociale, i cui costi saranno presto, prevedono gli esperti, altissimi. E finalmente, anche i legislatori se ne stanno accorgendo. Nella proposta di legge regionale sulle «dipendenze patologiche», su cui si discuterà nei prossimi mesi, il gioco d' azzardo patologico compare per la prima volta fra le «condizioni assimilabili» alla dipendenze classiche da sostanze psicotrope. E si prevede che i servizi pubblici del territorio si attrezzino per far fronte a questa nuova, specifica emergenza sociale. Di cui non esistono ancora numeri precisi, ma che l' occhio esperto degli operatori dei servizi considera ormai «drammatica», come dice Gioacchino Scelfo, medico del Sert di piazza del Carmine da qualche anno in prima linea, a Firenze, sul fronte dei gamblers. «Per ogni caso che si presenta» spiega «abbiamo la certezza che alle sue spalle esista un sommerso gigantesco». E se i numeri non sono ancora statistiche, a chi li mette insieme qualcosa dicono già: in tre anni, per esempio, in piazza del Carmine si è passati da zero a 20 casi di giocatori d' azzardo in trattamento, di solito con sedute di psicoterapia. E da quello che raccontano, dice Scelfo, «possiamo ipotizzare che l' 80% dei frequentatori delle sale corse, o dei videopoker, sia di giocatori quantomeno a rischio». Mentre un' indagine dell' Istituto di neuroscienze conferma: almeno il 9% dei giovani che vanno in discoteca a Firenze hanno un rapporto con il gioco d' azzardo «potenzialmente patologico». «Finora non ci si è mai occupati dei giocatori d' azzardo in modo sistematico» spiega la dottoressa Maria Grazia Brogi, direttrice del dipartimento delle dipendenze della Asl 10. I servizi territoriali per le tossicodipendenze hanno «inventato» il da farsi caso per caso, senza una strategia organica di intervento - informazione, intercettazione del disagio, modalità di trattamento - che andrebbe decisa, ovviamente, a livello politico. Così, i pochi che hanno deciso di chiedere aiuto, lo hanno fatto a caso, magari costretti dai familiari, vagando da uno psicologo all' altro, pagati di tasca propria e non sempre competenti. O, sempre per caso, hanno incrociato il Ceis, o l' associazione «Giocatori anonimi», anche loro attivi sul nuovo fronte. L' importanza di una struttura specifica per le dipendenze da gioco d' azzardo, insomma, oltre che nell' offerta di professionalità garantite, starebbe nella sua funzione di «richiamo» di una domanda altrimenti destinata a perdersi. «Percepirsi come dipendente perché si buttano soldi dentro una macchinetta, non è così immediato» spiega Maria Rosaria De Maria, responsabile del centro di diagnosi e disintossicazione della Asl. «Al contrario, i messaggi che ci circondano puntano a convincerci che tutto si può risolvere, anziché con l' impegno personale, cercando una dipendenza, da qualcuno o da qualcosa. Nel caso del gioco, dalla sorte, continuamente sfidata». Ma gli esperti sono d' accordo: la dipendenza di massa è connessa alla estrema accessibilità dei nuovi giochi. La velocità con cui è possibile vincere e perdere, che spinge a ribadire all' infinito la sfida. E l' idea che, in fondo, la cifra impegnata sia sempre abbastanza bassa da non dare mai il senso, lì per lì, di una vera perdita. Lì per lì~. «Nessuno può immaginare quante siano le vittime del Gratta e vinci» racconta Scelfo. E dal videopoker sotto casa, dove si può stazionare, sotto gli occhi del barista compiacente, anche tutto il giorno, alle sale corse aperte 12 ore di fila e collegate a un' infinità di ippodromi in tutto il mondo, fino alla «piaga che saranno i nuovi casinò on line, e i giochi via cellulare», disponibili in ogni istante, e senza limiti di puntata. «Io parlerei senza dubbio di droga di Stato» dice Scelfo, secondo cui occorre al più presto una campagna di informazione e orientamento rivolti ai nuovi dipendenti, con adesivi da attaccare ai videopoker o nelle sale corse. Con indirizzi e numeri verdi. E magari, come per il fumo, con la scritta: «Il gioco fa male». - MARIA CRISTINA CARRATU'

fonte www.repubblica.it

vedi anche http://www.iltuopsicologo.it/dipendenza%20da%20gioco.asp

 
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