Creato da nonnobizzarro il 06/10/2006
Diario di Viaggio
 

 

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Cammini a passi regolari

Post n°47 pubblicato il 28 Dicembre 2007 da nonnobizzarro

calpestando le assi perfettamente levigate del ponte.  Alle tue spalle il sole  che sbatte gelidosugli spigoli dei grattacieli di Manhattan. Davanti a te si estende Brooklyn: morbida e misteriosa come un brownie. Alla tua destra, in lontananza, sulla Liberty Island, scorgi la sagoma di quell’enorme donnone di bronzo. Alla tua sinistra gli altri ponti: Manhattan Bridge, Williamsburg Bridge… A guardarli fai fatica ad immaginare un tempo in cui non c’erano. Eppure…

Nel 1983 veniva inaugurato il più grande, imponente e lungo ponte al mondo. Il Brooklyn Bridge, naturalmente. Prima del 24 Maggio di quell’anno per arrivare su Long Island serviva una barca, una canoa, oppure un discreto allenamento nello stile libero. Ma adesso anche uno come te, mediamente fuori forma, sprovvisto di patente nautica e, soprattutto, non imparentato con divinità vendicative, può camminare sulle acque.

Per questo ti piacciono i ponti. Li trovi molto civili. Disponibili. Tesi al confronto. Persino democratici. A New York ci sono un mucchio di ponti. Forse è per questo che la città non elegge un presidente repubblicano dal 1924, quando venne eletto Calvin Coolidge.  

Ad ogni modo, fai qualche passo avanti. Hai superato da un po’ la metà del ponte. Sei proprio sopra all’East River, che poi tecnicamente non è un fiume, ma quel pezzo di oceano che separa le due isole tra loro.

Un enorme palazzo begie con finiture verdi sulla tua sinistra ti ostruisce la visuale oscurando il resto della città. Sul tetto dell’edificio campeggia la scritta rossa: The Watchtower, la torre di guardia. Quello è il quartier generale dei testimoni di Geova. Lì pubblicano la loro rivista. Da lì tengono d’occhio i destini del mondo, nell’attesa per ora vana, dell’Armageddon che non è solo un brutto film come pensano alcuni, ma anche la fine del mondo come pensano altri.

Armageddon è una delle prime parole che ricordi. Tua zia Christine era una testimone di Geova (forse lo è ancora). Quando eri piccolo ti portava spesso da gente strana a leggere la bibbia in case di legno sperdute nei boschi del New Jersey. Ti ricordi che una volta durante una di queste sedute ti ha chiesto se conoscevi Geova. Tu hai risposto che non lo conoscevi. Non personalmente, almeno. Lei ti ha guardato come fossi satana e ti ha cacciato di casa. Tu non te la sei presa e ti sei messo a giocare al dottore nel bosco, con le figlie biondissime del padrone di casa. Tu pensavi che Geova fosse un nome di persona. Ti sbagliavi. Ma non di moltissimo.

Sulla facciata del palazzo c’è una scritta ammonitrice. Leggi: “God watches you!” Dio ti guarda. Ci pensi su e ti accorgi che sei felice di aver indossato la giacca buona. Sei pulito, quasi elegante. Dovesse arrivare ora la fine del mondo almeno ti troverebbe benvestito.

Già, la fine del mondo… Doveva venire nell’anno mille. Niente. Nel duemila. Niente. Qualcuno si era preparato per gli anni cinquanta-sessanta. Comprensibile: la crisi missilistica di Cuba, la guerra fredda, la bomba H.

L’anno scorso durante dei lavori di ristrutturazione nei pilastri del ponte di Brooklyn è stato rinvenuto un piccolo rifugio antiatomico. Qualcuno con molta voglia di sopravvivere ad una guerra termonucleare globale lo aveva fatto costruire nell'eventualità di conflitto con l'Unione Sovietica. Ci stavano ancora dentro le scorte alimentari dell’epoca: scatolame, fagioli, latte in polvere e naturalmente Coca Cola. Always Coca Cola.

Con questi pensieri escatologici arrivi a Brooklyn. Ti guardi attorno. È bello. Le macchine filano sotto di te. Ci sono poche nuvole. Il vento da nord pulisce tutto. Giureresti che persino la foschia dello smog che ristagna eternamente sopra la metropoli si sia finalmente tolta di torno. Il sole sta tramontando e sembra sorgere da dentro un grattacielo di Manhatan. Wow. Che cartolina perfetta. Cerchi la tua macchinetta fotografica nello zaino: guanti, preservativi, penna e quaderno…

Qualcuno grida: “Togliti di mezzo coglione!”

Alzi lo sguardo. Un ciclista indiavolato che attraversa il ponte in direzione contraria alla tua, ti sta venendo addosso. Con un salto ti togli di mezzo. Appena in tempo. Lasci cadere a terra il tuo quaderno. La tua penna invece passa attraverso le assi di legno e cade giù. Non la vedi impattare con l’acqua del fiume. Troppo lontano.

Il ciclista senza voltarsi indietro continua a pedalare, ma alza in aria la mano destra e il relativo dito medio in segno di disistima nei tuoi confronti.

Una tipa nera, soprappeso, con i capelli ricci e troppo rossetto ti guarda divertita: “Giovanotto è meglio che cammini su questo lato del ponte se vuoi restare vivo!”

Ti accorgi in quel momento di essere sulla corsia riservata alle biciclette. Ti togli di mezzo e fai un respiro profondo. Quel ciclista sanguinario avrebbe potuto farti secco! Sarebbe stata la fine. “Oh beh, poco male”, pensi guardando la facciata del palazzo begie e verde, la torre di guardia, “si è sempre in tempo per la fine del mondo.”

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