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Alla volta del cielo

Post n°41 pubblicato il 25 Agosto 2013 da fenice1963

Uccelli in volo

(La seconda storia)

 

 

 

 

 

 

 

Ero proprio una bella pollastrella. Mi chiamavano Aldina la rossa. Le mie piume, infatti, stavano assumendo una bella tonalità ramata e questo mi portava a pavoneggiare fra le compagne. Sicuramente un bel maschio della mia specie si sarebbe accorto della mia bellezza, mi avrebbe corteggiata e dall'accoppiamento sarebbero nati tanti bei pulcini.

 

 

Il mio orizzonte era questo e nello spazio ridotto entro cui ci muovevamo era davvero il massimo. Non sopportavo però i polli che si atteggiavano a galletti.

 

 

Il mio compagno doveva conquistarmi con dolcezza e tenerezza, facendomi sentire l'unica gallina del suo cuore, al centro del suo piccolo universo. Già, perchè l'universo dei polli è davvero limitato.

 

 

Non so per quale strano motivo, nel mio minuscolo cervello (dicono tutti che è il più piccolo dei cervelli, ma io ho delle perplessità al riguardo!) si insediarono una serie di grandi velleità. Prima fra tutte il volo.

 

 

Avevo visto un giorno un grande uccello attraversare il mio cielo. Ero con un'amica e entrambe rimanemmo affascinate da quel maestoso volatile che sovrastava gli alberi, i campi. Fu come se avesse rapito il mio cuore e lo avesse portato chissà dove.

 

 

 

 

Qualche giorno dopo mi sorpresi ad allargare le mie ali piumate più che potevo, desiderosa di provare l'ebbrezza del volo. Questo fu basso e breve come sempre ma qualcosa dentro mi suggeriva di ritentare. Cominciai così ad esercitarmi, giorno dopo giorno, trascurando il cibo, le compagne, i polli e i galletti... il mio cielo si era incredibilmente colorato di azzurro e volevo intensamente esplorarlo. Poi, dopo un ennesimo volo, abbastanza deludente, mi rassegnai a tornareal pollaio, rinunciando al mio sogno più bello. E lo rividi. Il meraviglioso esemplare di uccello tornò ad attraversare il nostro cielo e, come l'altra volta, lo guardai incantata.

 

 

 

Compresi che dovevo riuscire in quell'impresa o non sarei mai più stata felice.

 

 

 

 

Le mie compagne, accorgendosi di quanto cercavo di fare, cominciarono a prendersi i gioco di me. Prima faceva il pavone, ora vuole fare l'aquila sentii dire da una di loro.

"Bhe - le risposi a becco stretto - è una vita che tu fai l'oca!!!"

La mia amica, quella che aveva assistito al volo dell'incredibile uccello, le rispose più diplomaticamente che non era poi un'impresa tanto assurda. Aveva sentito di un certo Anthony De Mello, scrittore gesuita, di alcuni polli che erano riusciti a librarsi in alto, proprio come le aquile.

Non persi altro tempo e chiesi alla mia amica di dirmi qualcosa in più di questa storia. Lei mi confermò che era una teoria abbastanza insolita, criticata anche da alcuni cattolici che ritenevano i polli i veri adoratori, il perchè l'ho capito poco.

Tu che ne pensi? chiesi allora alla mia amica. Tenevo in gran considerazione il suo parere perchè il suo cervello doveva, probabilmente per qualche anomalia della natura, essere un fuori misura.

L'assurdo è solo un'opinione e l'incredibile non è ciò che non accade ma ciò a cui non si crede. Quindi decidemmo che optando per un'opinione diversa, sia pure di minoranza (eravamo solo in due) e una fede più forte, avremmo anche potuto tentare l'impresa.

Ci demmo davvero dentro, non risparmiandoci un solo istante. Se una delle due era tentata di mollare, l'altra era pronta a sostenerla e incoraggiarla. Quando si è in una minoranza come la nostra, l'impegno personale si intensifica al massimo.

Finalmente notammo un primo progresso. Ci eravamo sollevate dal suolo più di quanto normalmente riuscissimo a fare e questo fu sufficiente per rafforzare la nostra volontà. Il desiderio era forte ma quest'ultima richiedeva spesso una spintarella.

Ci accorgemmo che le nostre misere ali erano più robuste di quello che pensavamo, un giorno che il volo fu abbastanza lungo. L'esercizio le fortificava di certo.

C'è qualcosa che possiamo fare per muoverle ancora di più disse la mia amica, pensierosa. Ancora non sapeva cosa, ma avremmo dovuto comprenderlo per riuscire nella nostra impresa. Continuammo comunque a esercitarci ogni giorno, senza posa, se non per beccare qualcosa al volo, e nel vero senso dell'espressione.

La realizzazione del nostro sogno ci sembrava ogni giorno più vicina.

Ma, non so come e non so quando, non fu più il  traguardo la cosa più importante. Ci piaceva provare, sperimentare, divertirci in quella sorta di sperimentazione. E, a ogni piccolo volo eravamo sempre più consapevoli di noi stesse.  Eravamo delle galline, certo, ma acquistavamo consapevolezza di quello che eravamo dentro, nel profondo. 

Le nostre compagne continuavano a insultarci. Lasciamole perdere quelle due ... guardatele, pensano di essere figlie della gallina bianca.

In verità non avevano tutti i torti. Anche se mi piaccio abbastanza rossa, dentro mi sento bianca. Come la leggerezza dell'aria quando è pulita, dei pensieri quando sono positivi, dei sentimenti quando sono autentici.

Continuammo a fare sforzi notevoli ma dopo un po' eravamo già in grado di non cedere allo scoraggiamento. Tutte le nostre energie erano concentrate nelle nostre ali, non tanto per raggiungere quell'uccello che ci aveva fatto perdere la testa, quanto per sentire cosa desideravano fare e dove desideravano andare. Muovendo le nostre ali piumate, ci accorgemmo, muovevamo anche quelle del cuore e l'esperienza di cielo che stavamo facendo ci rendeva felici. Semplicemente felici. 

Così ci immergemmo nel silenzio, mentre librandoci in volo attraversammo una valle che sembrava incantata, per quanto era bella.

 

 

 

 

 

 

Sembra la valle dei sogni disse infatti la mia amica.

Di quelli che sembrano impossibili aggiunsi.

Poi, proseguimmo il volo alla volta del cielo.

 

 

 

 

Questa è la storia di due meravigliose creature che, con un'apertura alare piuttosto ridotta, hanno conquistato un'impressionante apertura mentale, tale da farle virare tra gli spazi sconfinati delle possibilità, dove l'unica aria che si respira è quella della pura LIBERTA'.

 

 

 

 

Ma la storia potrebbe anche essere un'altra...

 

 

 
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