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alla volta del cielo

Post n°42 pubblicato il 18 Settembre 2013 da fenice1963

Uccelli in volo

(La terza storia)

 

 

Sono Adelaide. Mi presento così perchè non sono ancora riuscita a trovare un diminutivo a questo nome orribile.

Non mi è mai piaciuto il mio nome e, a pensarci bene, niente mi è mai piaciuto di me. Rispetto alle mie amiche mi sono sempre sentita inferiore, per un motivo o l'altro. Il mio viso era quello maggiormente segnato dai brufoli adolescenziali e, sentendomi brutta, diventavo anche impacciata nei rapporti con gli altri.

Per questo alle feste di compleanno mi appiccicavo al muro e vi restavo tutto il tempo, mentre le altre si sfrenavano in ogni tipo di ballo. Mi sarei messa a piangere quella volta che quel ragazzo carinissimo mi venne a chiedere di ballare e io scossi la testa, senza neppure riuscire a spiccicare una parola.

A casa, davanti allo specchio, cercai allora di esercitarmi in qualche tipo particolare di ballo, ma il mio corpo non conosceva il ritmo. Persino Lilla, che era più grassottella di me, sapeva muoversi con grazia quando ballava.

Non potevo neppure unirmi a loro quando si attorniavano a Pio, un vero artista con la chitarra, e cantavano le più belle canzoni italiane. Ero anche stonata. Me lo aveva fatto capire Lilla al catechismo, quando con una gomitata mi aveva fatto smettere l' Alleluia. Cercavo comunque di non isolarmi, per questo continuavo a partecipare alle feste di compleanno, pur senza ballare, e a far parte del gruppo di catechiste, pur senza cantare. Questi erano i miei limiti: il mio corpo e la mia voce non riuscivano a rendere il meraviglioso mondo che avevo dentro. Soprattutto mi sentivo priva del piacere di poter liberare il canto che mi sgorgava dal profondo.

Eppure sono riuscita a trovare il modo di farlo.

Un giorno una trasmissione televisiva catturò la mia attenzione. Si trattava di un servizio sugli aquiloni.

Un bellissimo mondo mi si prospettò davanti, mentre se ne inquadravano tantissimi, dalle forme più strane e dai colori sgargianti. L'intervistata, una giovane donna che li progettava e costruiva, ne teneva uno a forma di stella e mentre questo seguiva il vento, lei ne illustrava le caratteristiche: si trattava di un aquilone piano, dalla forma geometrica, perfettamente simmetrica, provvisto di coda; nella costruzione di simili aquiloni occorreva essere molto precisi e utilizzare materiali leggerissimi. Mi sembravano leggeri anche i pensieri della donna mentre, attraverso quel filo che le partiva dalle mani, arrivavano fino a quel cielo splendido che si sprigionava dallo schermo del televisore di casa mia.

 


"La velatura dell'aquilone deve essere molto leggera, ma nello stesso tempo resistente" spiegava la donna, senza mai lasciare con gli occhi quello che mi sembrava il suo sogno.

Per costruire un aquilone, appresi, si può usare carta velina, carta di riso, carta da pacchi o seta. Sulla carta si possono fare disegni e decorazioni da dipingere con pennarelli colorati o con strisce di carta incollate, senza però appesantire troppo.

La donna che li costruiva era stata inquadrata, quindi, mentre decorava un bellissimo aquilone a forma di farfalla e sembrava che prestasse molta attenzione alla simmetria. Poi l'immagine seguente fu di nuovo quella che la proiettava verso il cielo, aggrappata alla sua stella.

Dalla velatura passò a parlare della nervatura spiegando che solitamente il telaio dell'aquilone è costruito con il bambù o la canna delle paludi, che si può trovare nei negozzi di giardinaggio. Si possono utilizzare anche asticciole di tiglio, faggio e ramino, disponibili invece presso i negozi di modellismo.

Da tutto quello che andava dicendo emergeva che la caratteristica fondamentale era la leggerezza, rapportata alla flessibilità e alla resistenza. Parlò anche del cavo di briglia, che ha la funzione di costringere l'aquilone a salire sotto la spinta del vento e di mantenerlo nella giusta posizione per il volo. Anche di briglie ne esistono vari tipi e si differenziano principalmente per il numero di cavi da cui sono composte.

 

 


"Quanto devono essere lunghi i cavi di briglia?" le chiese il giornalista che stava conducendo il servizio.

"Una briglia non deve essere nè molto lunga, nè troppo corta - rispose l'esperta - altrimenti l'aquilone o perde facilmente la tensione sotto la spinta del vento e si comporta in modo imprevedibile o non si assesta in presenza di turbolenze del vento."

"Assieme alla briglia - concluse - le code mantengono il giusto assetto dell'aquilone, rendendo più stabile il volo."

Queste, spiegò, sono realizzate con carta crespa o velina, con stoffa o nylon. Le più semplici sono lunghe striscie di carta fissate agli angoli oppure riunite insieme in un solo punto.

Il servizio terminava con l'immagine di un aquilone a forma di uccello che ben esprimeva il sogno del volo.


 

 

Mi rimase dentro per molto tempo, anche quando sullo schermo apparvero altre immagini e non in sintonia col volo.

Qualche giorno dopo mi ritrovai sola in casa. I bambini erano a scuola, mio marito al lavoro e io mi godevo il mio giorno libero. Veramente, finiva con l'essere il giorno più faticoso di tutta la settimana per tutto quello che programmavo di fare. Anche quella volta cominciai la routine del mercoledì: spalancai le finestre della camera, disfeci il letto e lasciai che il materasso prendesse aria.

Poi, mentre radunavo in giro i panni per il bucato, l'idea di fare qualcosa di diverso cominciò a balenarmi nella mente. Così, in fretta e furia avviai la lavatrice e, senza perdere altro tempo, mi chiusi nello studio. In breve radunai il materiale occorrente per realizzare quello che avevo in mente: carta velina, righello, matita, forbici, taglierino, nastro adesivo, filo di nylon, colla.

 

Cominciai la costruzione dell'aquilone cercando di ricordare quello che esattamente aveva detto l'esperta durante l'intervista. Così tagliai i fogli di carta velina lungo la diagonale, li unii con la colla. Poi, tagliai l'asticciola 10x2cm e la fissai verticalmente agli angoli con il nastro adesivo. Fissai anche l'asticciola orizzontale facendo attenzione che la carta rimanesse tesa e le due parti fossero simmetriche tra loro (ricordavo che l'esperta aveva dato molta importanza alla simmetria, durante l'intervista).


 

Per evitare strappi alla velatura, rinforzai il perimetro dell'aquilone con il nastro adesivo trasparente ed anche gli angoli con nastro adesivo largo e resistente, facendo in modo che aderisse bene all'asticciola. Ad un terzo circa del longherone, rinforzai la velatura sempre con il nastro adesivo, poichè in quel punto avrei dovuto legare il secondo cavo di briglia. Aiutandomi con un ago feci passare il filo attraverso la velatura e lo legai sul vertice superiore dell'aquilone. Tendendo bene il nodo lo ripetei più volte, fino a quando il filo di briglia fuoriuscì dalla parte opposta della nervatura. Era un suggerimento che l'esperta aveva dato per evitare che il vento strappasse la velatura dalle asticciole. 

 

 


Misurai una quantità di filo pari al perimetro dell'aquilone e ne legai un'estremità alla parte inferiore dell'aquilone. Infine aggiunsi le code ai vertici laterali e a quello inferiore. Quando l'aquilone fu pronto ne fui entusiasta: l'avevo realizzato senza neppure l'ausilio di una guida, ricordando solo quanto avevo appreso nell'intervista e osservando un aquilone realizzato da mio figlio durante un laboratorio artistico a scuola. Fu proprio guardando il suo aquilone che mi venne un'ulteriore idea. Egli vi aveva disegnato un bel calciatore perchè, in quel periodo, desiderava entrare a far parte della stessa squadra di calcio del suo amichetto preferito.

Se, anch'io avessi dato al mio sogno un simbolo? Lesta presi la matita e tracciai pochi significativi tratti sulla carta. Ritagliai il disegno e lo incollai sull'aquilone azzurro.

Era passata buona parte della mattinata, quindi spensi la lavatrice senza preoccuparmi di stendere il bucato, infilai velocemente una tuta da ginnastica e, con l'aquilone sotto il braccio, mi avviai alla macchina.

Perchè il mio aquilone "spiccasse" il volo c'era bisogno del vento.

 

Non fu mai vento senz'acqua, non fu mai pioggia senza vento. Prima il vento poi la brina l'acqua in terra domattina.


Non so perchè ripetevo questo vecchio proverbio durante il tragitto in macchina, verso il luogo ideale per far volare il mio sogno.

Lo raggiunsi dopo solo quindici minuti di macchina. Respirai a pieni polmoni quell'aria frizzantina e, senza togliermi la giacca a vento verde smeraldo, cominciai a sciogliere il filo dell'aquilone.

Quando fu in alto vi incollai gli occhi, proprio come avevo visto fare all'esperta in tv, e sentii il cuore riempirsi di emozioni. Mi sarebbe piaciuto costruire un aquilone più sofisticato, magari a forma di gabbiano. Amavo molto questi volatili e seguirne uno in volo era ogni volta una bella emozione. Il mio aquilone, semplicemente a forma di rombo, era comunque un uccello in volo. Il disegno che avevo velocemente realizzato, come espressione del mio desiderio più grande, era infatti una piuma. L'avevo poi un po' decorata, senza esagerare. Ora era lassù, in balia del vento proveniente da chissà dove. Non riuscivo a vederla ma ne ricordavo benissimo i tratti e, soprattutto, ne avvertivo nel cuore la punta. Come il gabbiano si lancia in picchiata nel mare cobalto avvistando l'aringa, così la mia piuma era protesa verso il suo mare azzurro, l'inchiostro. 

 

 

 

Correvo col mio sogno nello spazio infinito di quel mattino tutto mio ed ero felice. La mia corsa era già come un canto.

 

 

 

 

Avevo scoperto il modo per udire e far udire la mia voce ed era un modo molto simile al canto. Un modo che mi avrebbe fatto continuare a volare perchè quando scrivere è un'esigenza e dà emozioni fortissime equivale al volo degli uccelli.

E' volare nella propria fantasia, oltrepassando limiti che la fantasia non ha.

 

 

 

E questa è la storia di una giovane donna che uscendo da se stessa vi è ritornata carica di iNFINITO.

 

 

 

 

 

 

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