L'avevano pugnalato, con inaspettate accuse pesanti. -macigni sulla schiena, da portare in silenzio-
Gli saliva lenta alle narici, l'acidità di quelle parole. pronunciate con orgoglio delirante. Gli dava il vomito.
Persino la stanza senza pareti si era impregnata di quella meschina vendetta.
E lui provava a nascondere il viso in quell'accecante buio, non voleva mostrare il crollo di tutte le sue certezze, che dagli occhi parevano sgretolarsi, plasmandosi in inutile acqua salata. da bere, sì, da bere lentamente, di nascosto. E nuotarci dentro come aveva nuotato per anni in quei rivoli di torbidi rimpianti.
E magari imparare a togliere peso a quelle immeritate ferite, e magari provare a darle un merito.
-giustificazione al nemico- E col tempo poco importa la profondità delle ferite, diventano pelle sulla pelle, diventano pozzi di dolorosa verità, diventano parte integrante del proprio essere.
Claudicante sì, ma.. vivo, esistenza ricca di essenza, raccolta anche in momenti come quelli di immeritevole Accusa.
Inviato da: unpontetrameeilcielo
il 12/12/2009 alle 21:52
Inviato da: comelunadinonsolopol
il 27/01/2009 alle 11:27
Inviato da: marika_av
il 21/01/2009 alle 19:43
Inviato da: marika_av
il 15/01/2009 alle 20:43
Inviato da: maryargiolas
il 14/01/2009 alle 20:15