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Cosa voglio di più

Post n°29 pubblicato il 10 Maggio 2010 da oderc_c
 
Foto di oderc_c

Ieri ho visto Cosa voglio di più, di Silvio Soldini.
Come ho già detto in più di un’occasione, non sono una critica cinematografica,
né un’esperta in materia.
Sono una semplice spettatrice.
E da semplice spettatrice posso dire che, quando il film è finito, la mia testa si è messa in moto e non riusciva più a fermarsi.
Perché Cosa voglio di più fa pensare, ti inonda col suo carico di malinconia e vuoto e tu sei lì, che cerchi di tenerti a galla.
Lo fai stringendo la mano della persona che ti sta accanto, e ogni tanto te ne accorgi, durante la ripresa, che lui ti guarda, fissa la tua espressione provata e non sa che fare, stringe più forte la mano, e va bene così.
va bene, per fingere che non ci perderemo mai.

Cosa voglio di più mostra la parte di Milano che odio.
Quella parte che Milano è bella solo se c’hai i soldi.
La desolata periferia. Il grigiore.
I palazzi lontani dal centro che crescono come funghi, attaccati gli uni agli altri,
con quelle tende dai colori improponibili.

Cosa voglio di più mostra la precarietà del mondo del lavoro e dei sentimenti, soprattutto.

I protagonisti sono bravissimi, la sceneggiatura spettacolare, ottime inquadrature, silenzi al punto giusto. Sospiri, al punto giusto.

Ma non mi soffermerò a parlare di questo, non mi compete.

 -          Cosa faresti, tu?

Gli ho chiesto

 

-          Cosa faresti in una situazione del genere?

E  lui guidava e stava in silenzio perché si vedeva che davvero non sapeva cosa dire,
e la semplicità della mia domanda forse sconfinava nella stupidità.

Ma io sono una che ha bisogno di risposte, sempre.
Mi illudono di avere il controllo, di poter gestire il tempo, di appropriarmi di qualche garanzia.

Lui guidava e stava in silenzio e stringeva la mia mano.

Poi la mia testa s’è fermata, ha smesso di girare, centrifugare inutili pensieri.
Che tanto è così che sono la maggior parte dei pensieri, inutili.

E delle volte bisogna solo aver il coraggio e la forza di metterli via, accantonarli per un po’.
Starsene in silenzio.

 
 
 

la sicurezza degli oggetti (cit.)

Post n°28 pubblicato il 05 Maggio 2010 da oderc_c
 
Foto di oderc_c

Mi si rompe tutto.
Personal computer, navigatore satellitare, cellulare.
Per la verità il cellulare è da un po’ che mi manda segnali.
Cerca di dirmi – ehi.. non ce la faccio più a vivere!
Mi cade dalle mani, fa voli assurdi, si spegne da solo, si auto-elimina gli sms in memoria.
È che io a cambiare il cellulare proprio non ci riesco.
Gli voglio bene al mio confettino rosa, ecco.
Me lo regalò una persona speciale 5 anni fa,  e da allora ha sempre fatto al meglio il suo dovere. Che, non dimentichiamocelo, è quello di telefonare.
Altro che nuovi cellulari, iphone, ipad, i-pud,
touch screen, 3 miliardi di colori, fotocamera 50 megapixel, macchinetta del caffè integrata.

5 anni.
Ma voi vi rendete conto quante cose ha visto il mio telefonino? È un pezzo di storia. Perlomeno, della mia.

Quante parole gli sono passate attraverso?
Di telefonate all’alba, al tramonto, nel cuore della notte.
Di parole d’amore, di insulti, di rancore, di solidarietà.
Di sms conservati per mesi e riletti continuamente col sorriso tra le labbra.
Quante telefonate a e da amiche piangenti, amiche gioiose, quante splendide notizie,
quante fini.
Quante conversazioni lunghe ore, quanti mi manchi, quanti ci vediamo alle.

Ho il cuore molliccio, che vi devo dire.
Ma resisti confettino mio. Io non ti mollo.

 
 
 

Ricominciare

Post n°27 pubblicato il 26 Aprile 2010 da oderc_c
 
Tag: lammorre, me

Ho sempre pensato che i post andassero scritti per se stessi.
E di getto.
Così, come venivano, senza stare a riguardarli troppo, senza troppe correzioni, senza soppesare le parole, senza nessuna convenienza.
Chi mi segue dal vecchio blog lo sa bene, conosce anche le conseguenze che furono causate dal parlare dei miei fatti personali e di terze persone.
In questo blog ho cercato di essere un po’ più criptica, ma non parlare della mia vita privata sarebbe stato pressoché insensato.
Perché questo è quello che ho da offrire.
E scusate, ma non credo sia poco.

Però più i giorni passavano, lenti e veloci, chiari e in ombra,
più mi sono resa conto che non avevo nessuna voglia, di parlare di lui.

Anzi, rileggendo il vecchio post di qualche tempo fa in cui ironizzavo sul suo uso delle K, ho provato un briciolo di fastidio, una leggera voglia di cancellarlo, di editarlo, di chiarire.
Non sopportavo tanta minimizzazione.

Così ora penso proprio che me ne starò in silenzio.
Me lo godo. Vogliate capirmi.
Mi godo il modo in cui i miei preconcetti sono crollati, uno a uno, magnificamente.
Il modo in cui è entrato nella mia vita e il sole che è riuscito a portarci.
Uno spicchio.
Un assaggio.
Credo si chiami speranza.

L’altro giorno mi stavo preparando per uscire. Lui sarebbe passato a momenti.
E io ho avuto un momento di panico puro.
Così, tra il mascara e il fard.
Pensavo che non avrebbe mai funzionato.
Che lui è troppo normale. Troppo sano.
E io? Io … ancorata alle mie nevrosi, ai miei fantasmi persecutori, alla mia accomodante infelicità.
Decisamente, io, no.

Quando è arrivato avevo quasi acquisito una strana calma per la mia certezza del fallimento.
Pioveva forte, ho chiuso il mio piccolo ombrello giallo e sono entrata in auto.

Ma poi l’ho guardato, e mi ha sorriso, con quell’espressione un po’ stanca, pacata, dolce,
e mi sono sentita improvvisamente serena, al sicuro, al mio posto.  Piena di gioia.

Per la prima volta in tutta la mia vita ho pensato che me lo meritavo, tutto questo.

 
 
 

A domu

Post n°26 pubblicato il 14 Aprile 2010 da oderc_c
 

Una volta lessi in questo post di un blog che seguo spesso,
un pezzo molto bello che l’autore dedicava alla sua città natale.

Vi riporto la frase che mi ha colpito:

 

io amavo palermo. ma palermo non mi ha voluto. mi ha rifiutato. e questo non glielo perdonerò mai. mai. sappiamo essere molto vendicativi, noi palermitani.

 

 

Ecco, ora togliete Palermo. E metteteci Cagliari.

Avrete le mie stesse sensazioni.

Sensazioni che provo sempre, continuamente, nei giorni e negli attimi che precedono il mio ritorno e durante la mia breve permanenza sull’isola.

Le provo mentre preparo la mia piccola valigia blu,

mentre l’aereo atterra e io riconosco lo stadio, il centro commerciale, lo stagno, e sento una morsa al cuore. Proprio al centro del petto.

Le provo quando ricevo l’sms delle mie amiche di sempre:

“stiamo lavorando per te! Alla cena cosa preferisci mangiare, pesce, carne, pizza o cavoli?”

 

Soprattutto,

le provo quando incontro le ex colleghe, impantanate in un posto di lavoro che odiano, senza nessuna alternativa, vittime dei deliri di onnipotenza di capetti esaltati.

Quando guardo i paesaggi aridi e desolati,

quando assisto a sogni che crescono fragili e muoiono calpestati.

E quando vedo gli amici che amo rassegnarsi a una vita programmata, decisa, stabilita non da loro, ma verso cui hanno semplicemente chinato il capo, con una impercettibile alzata di spalle, hanno detto – così sia.

E così sarà.

 

 

Quanto è bella, la mia Cagliari. Col suo vento, il suo odore di mare, le sue salite e le sue discese.

 

È casa mia. Ma non posso perdonarla.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Mi piaci perché

Post n°25 pubblicato il 09 Aprile 2010 da oderc_c
 

Quando ho detto alla mia collega Martina che trovavo particolarmente sexy il suo amico A., mi ha guardato come se fossi completamente pazza.

 

- in che parte del mese sei?

- ?

- post o pre- ciclo?

- gli ormoni non c’entrano. ha un non so che di sexy. davvero.

 

Allunghiamo entrambe lo sguardo per osservarlo meglio.

Statura medio- bassa, colorito tendente al pallido, diversi capelli bianchi in testa nonostante la giovane età, il naso leggermente ingobbito, muscoli… niente muscoli.

Non esattamente un adone, in effetti.

 

Eppure.

 

Ho letto non so dove che gli uomini cercano una compagna bella perché garantisce una prole migliore, mentre la donna, storicamente, ha sempre cercato l’uomo in grado di poterla proteggere.

Con gli anni questa protezione non si è più identificata con la forza fisica, ma con quella “sociale” e “intellettuale”.

Questo spiegherebbe brevemente perché raramente si vede in giro un uomo bello con una donna brutta quando invece possiamo notare frequentemente una donna bella con un uomo brutto, che camminano insieme, mano nella mano, felici, ciechi e contenti.

 

Lo so che il mio discorso è quanto di più politicamente scorretto possa esistere, ma

stabilito che A. non è un adone, penso che la mia attrazione possa essere dovuta alla sua grande forza intellettuale.

Decido così di farmi avanti.

Chiedendogli di uscire? Roba vecchia

Chiedendogli il numero di telefono? Primitivi!

 

Chiedo l’amicizia su facebook.

 

Lui accetta e mi scrive.  Eccome se mi scrive.
Nel giro di un paio d’ore ci lanciamo in una fitta corrispondenza che manco fossimo Tom Hanks e Meg Ryan in C’è posta per te.
Come ipotizzato, A. si rivela una persona simpatica, spiritosa, alla mano, gentile e gentile e davvero gentile.
Adoro, gli uomini gentili.

 

Poi però avviene il dramma.

Che suona più o meno cosi:

 

perché non andiamo a xxxx? Dicono sia un bel posto

 

Ma invece è scritto così:

 

xkè nn andiamo a xxxx? Dicono sia un bl posto

 

Attimi di panico. Afferro il telefono e chiamo un’amica. Quella coscienziosa.

- ma che sei pazza??? Cioè, incontri uno single, non dico bello ma piacevole, 30 anni, indipendente, simpatico, gentile, e tu ti fermi per 2 k??? Sono k cavolo! K! Lettere!

 

Giusto. Basta. Basta auto- sabotarmi, eliminarli sul nascere, fare la schizzinosa.

Ma che mi credo una mente migliore solo perché ogni tanto azzecco un congiuntivo?
Perché leggo qualcosa in più della media italiana?  Perché scrivo ch?
Perché non abbrevio le parole?

Bé. “Comunque” lo abbrevio sempre, per esempio.

Ma cmq è troppo lungo. Sono giustificata.

 

 

Riprendiamo l’amabile scambio.

Si parla di musica.

Ehm…

 

Ok, passiamo oltre. Ho smesso di giudicare la gente in base alla musica che ascolta.

Levati questi sporchi panni snob, forza, Oderc. Coraggio.

Si parla di cinema.

Genere preferito: horror.

 

Horror.

 

Niente da togliere eh …

No, qualcosina da togliere al genere ce l’avrei.

 

Posso? Posso tollerare horror, ke e la musica dance? è davvero così importante per me?

 

Decido di smettere di rispondere.

Poi mi torna in mente quando la sera prima a cena mi ha versato il vino nel bicchiere. qualche goccia è caduta sulla mia mano e si è precipitato a asciugarla col tovagliolo. E l’ha fatto con una delicatezza, una premura, con una lieve carezza tale da...

 

è passato tanto di quel tempo, da che qualcuno mi ha fatto una carezza così.

 

Mi rifaccio la domanda posta sopra.

Posso?

E faccio per darmi una risposta.

 

 

 

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: oderc_c
Data di creazione: 18/11/2009
 

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