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L’UOMO DELLA PIOGGIA

Post n°47 pubblicato il 13 Novembre 2006 da JayVincent
Foto di JayVincent

Nel gergo degli avvocati, l’uomo della pioggia è colui che genera profitti alti, che raccoglie il massimo.
Nell’immaginario collettivo è quello che spunta dalla bufera, che nel momento in cui la pioggia si fa battente - anche metaforicamente - se ne esce con le sue spalle larghe e riporta il sereno.
L’uomo della pioggia ha un nome e un cognome: si chiama Sven Schultze, e ieri sera è stato l’uomo che ha deciso la partita.
Prima tenta di mettere l’incontro su una strada in discesa, firmando l'allungo nel primo quarto.
Poi, quando è evidente che la strada è diventata una salita ripida, stronca la Fortitudo con la tripla che sostanzialmente chiude la partita.

Ma ripartiamo dall’inizio.
Match dai mille volti e dalle molte chiavi di lettura: Climamio in crisi, animale ferito che gronda sangue e proprio per questo cliente bruttissimo se ce n’è uno.
Per noi, il primo esame contro una big.
Ne esce una partita equilibrata, che più volte nel primo tempo potrebbe svoltare dalla nostra parte, ma ci manca sempre il centesimo per fare l’euro.
E così ogni allungo è ricucito, addirittura nel terzo quarto la Fortitudo prova a salutare, con un Belinelli mostruoso, uno Shumpert fino a quel momento mutissimo che mette un paio dei suoi svitamenti e un Hamann molto ma molto meno tenero di Edney a farsi sentire sulle penetrazioni dei nostri.
Si scalda il Forum, si scaldano le mani di un Nate Green importante come la Vitamina C e la rimonta è servita.
Come a Mosca la Climamio grippa in attacco, in difesa soffre un Kiwi spacca l’area, un TJ che mostra gli attributi e un Galletto bagnato prende un fallo di importanza capitale da Shumpert.
Poi, dopo un tecnico a Blair per una protesta che più palese e sciocca non si può, è il momento dell’uomo della pioggia.
54 secondi alla fine, palla in mano e bum. La partita finisce qui.
Ed è una vittoria secondo me meritata, alla luce di tanti piccoli progressi: intanto, come detto, il rientro di Nate Green, che per noi potrebbe davvero essere l’ago della bilancia stagionale.
La prestazione di Calabria, ancora lontano dal suo standard ma comunque di gran lunga più vivo e volitivo rispetto alle ultime uscite.
TJ Watson, che lascia da parte la versione Mr Hyde e ci regala una partita di eccezionale sostanza in tutte e due le aree.
E io ho visto ottime cose anche da un Danilo Gallinari mai così anonimo offensivamente: se un ragazzo del suo talento e della sua età capisce che in una serata difficile può anche prendersi un solo tiro e mai più replicare, limitandosi a spingere Shumpert fuori dalla partita, siamo davanti a un mostro di maturità.
Perché si può essere importanti anche con piccole cose, un assist, un rimbalzo, un fallo subito, senza smaniare per ingrassare il tabellino con forzature inutili e fuori dai giochi.
Cosa che, a mio parere, non ha fatto Marco Belinelli, autore di un terzo quarto da favola ma, per i restanti 30 minuti, fuori dal concetto di squadra.
Sicuramente mi sbaglierò, dato che sulla Gazzetta di oggi la sua prestazione viene dipinta come un segnale tangibile dell’esistenza di un Dio.
Ma per me, fare 31 punti con 24 tiri e il 40% dal campo significa togliere fluidità all'attacco, negare lo svolgimento migliore di un singolo gioco e, non da ultimo, scontentare qualche compagno, dato che potenzialmente la Fortitudo è una squadra con quattro prime punte.
Poi, naturalmente, che Belinelli sia un ragazzo baciato da un talento fuori dal comune, non è discutibile e non sarò io a farlo.
Ma forse il suo approccio all’NBA è già cominciato, e la partita di ieri è parsa una di quelle che si vedono giocare alle star designate sui parquet d’oltreoceano.

Tirando le somme: passato il primo esame importante, ci ritroviamo a ruota del duo di testa, con la trasferta di Teramo nel mirino.
Un’altra partita importantissima, una prova del nove come lo sono tutte le partite che devono confermare un trend.
Serve una vittoria per fare il pieno di ottimismo e convinzione, per evitare passi indietro e diventare, una volta per tutte, credibili oltre ogni ragionevole dubbio.
Agli occhi degli avversari ma forse soprattutto ai nostri stessi occhi.

 
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