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CUCÙ, CUCÙ, IL FANTASMA NON C’È PIÙ

Post n°98 pubblicato il 26 Maggio 2007 da JayVincent
Foto di JayVincent

Nonostante quelli di SKY ce la mettano proprio tutta estraendolo dagli archivi, nonostante un finale travolgente di Varese che solleva antiche paure, il fantasma di Rusty La Rue è stato scacciato, esorcizzato, disinnescato. Puff.
E siccome i cerchi tendenzialmente si chiudono, è proprio una tripla fuori dai giochi a piantare i chiodi sulla bara della Whirlpool.
Quella di Sven Schultze, bissata pochi secondi dopo: il classico colpo secco del capo, Big Ben ha detto stop.
Fine dello scherzo, lo sgambetto sarà per un’altra volta.
Milano domina per 35 minuti, giocando una partita lucida e intelligente, a piccoli tratti persino esaltante.
Sul 34-17, doppiata la Whirlpool nei punti e nei rimbalzi, ci sarebbe da tirare l’asciugamano, perché il pugile in bianco è suonato.
Poi, da lì, inizia un’altra partita, nella quale Milano va in controllo, ha sempre la risposta pronta alle invenzioni di Carter, De Pol e Hafnar, non indietreggiando di un metro.
Ci vogliono una zona non trascendentale e le fiammate paurose di Galanda e Holland per mandarci in confusione, e per qualche minuto i sorci sono verdissimi.
L’inerzia se ne va, il controllo pure, coach Djordjevic non chiama time out, i grigi stendono la passerella a Delonte, diventano tolleranti in un’area e fiscali nell’altra.
Quando una penetrazione di Keys porta Varese a +1, l’Olimpia sembra un paziente in camicia di forza.
E allora giù il cappello davanti a Sven Schultze da Bamberg, che spara la quarta e quinta tripla della sua partita, ammazzando la voglia di rivincita di un indomito Jack Galanda e il sogno di un palazzo.
Sogno che, alla vigilia, era stato sventolato con la solita retorica da una certa stampa locale, una serie di stucchevoli e sprezzanti attribuzioni che dipingono la Varese eroica, generosa, orgogliosa, contro la misera Milano, spocchiosa, triste (?) e, addirittura, “con la testa nel profumo”.
Agitando un nonsochè di razzistello, sfottò grossolano, magari addirittura riferito ai gusti dello sponsor milanese.
Sicuramente mi starò sbagliando io, che sono certamente paranoico e ho frainteso tutto.
Ma oltre che per me e la mia Olimpia, un sorriso un po’ godereccio mi si dipinge in volto, pensando a questi personaggi che per tutta la serie hanno giocato a compatirci.
E quindi adesso via un pò di sassolini.
Tanto noi milanesi (nella peggiore accezione, of course) siamo tutti uguali, tutti bauscia, stereotipi ispirati al commendator Zampetti.
Saremo fighetti, ma le palle fumanti di Travis Watson ce le abbiamo noi.
Ed è lui, messa da parte per un istante la teca dei miracoli che contiene Sven, l’uomo su cui Milano costruisce la vittoria.
Deflagrante, se esiste una parola per descriverne la partita: 19+15 con 33 di valutazione è uno scout che a mio parere non basta a delineare il dominio fisico e scenico con il quale Royal Rumbe Travis ha marchiato a fuoco la partita.
Per quel poco che si è visto in campo, anche le attitudini di Joseph Blair erano ottimamente incanalate, ma nella serata in cui poteva tornare a essere determinante l’ex truciolone si autoesclude con falli evitabili nei momenti meno indicati.
In conclusione, una menzione speciale. Premio scardinatore d’oro a Danilo Gallinari, perché a mio modestissimo parere l’artefice della vittoria, dal punto di vista strettamente mentale, è assolutamente lui.
Proveniamo da un tragico 1/22 nel tiro dalla lunga, sappiamo che quella è stata la chiave di Magnano per crocefiggerci: raddoppio sul lungo e sfida a un tiro da tre che non entra.
Palla a due e che ti inventa il più giovane di tutti?
Bum bum da oltre l’arco, due triple che in un batter d’occhio levano pressione ai compagni, spingono lontano il tabù di gara-3 e mandano un messaggio cubitale ad avversari e staff tecnico.
Bravo piccolo Gallo, se il fantasma di quello là in canotta 5 è sparito in una notte di fine maggio il merito è anche tuo.

 
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