PANTA REI

DA COSA (O CHI) DIPENDI?

La parola DIPENDENZA la conosciamo tutti.
C'è chi soffre di dipendenza da fumo, da cioccolato:), da Superenalotto,
da tv, lasciando stare gli estremismi di chi si droga, gioca d'azzardo o
quant'altro. La cosiddetta DIPENDENZA AFFETTIVA segue lo stesso
triste criterio. Consiglio due libri a tutte le donne che ne soffrono,
"Donne che si fanno male" e "Donne che amano troppo".
Donne che guardano il cellulare sperando che squilli, o che arrivi un sms,
per avere la loro dose di "attenzioni"... donne che scaricano la posta dieci,
venti volte al giorno in attesa che LUI dia un segno di vita... donne sempre
disponibili, sempre gentili, sempre pronte ad ascoltare, che "ci sono",
e trascurano la casa e spesso loro stesse, totalmente dipendenti da una
relazione che pur facendole soffrire "è sempre meglio di niente".
Sono donne che "senza di lui" non avrebbero motivi per vivere, che hanno
trovato nell'altro i pezzi di un puzzle che usano per costruirsi, che si fanno
maltrattare, un po' come la droga che fa male. Ma non puoi farne a meno.

Ho letto un libro affascinante nel quale un neuroscienziato spiega perchè
si creano queste dipendenze, dal punto di vista propriamente chimico. Il corpo
si abitua a ricevere determinate sostanze e semplicemente ne vuole di più,
sempre di più, a prescindere da quanto facciano più o meno male. Il corpo
non pensa, tende ad essere stabile, a mantenere un equilibrio. Se ha sempre
ricevuto ormoni di stress, vuole quelli. Semplice.

Non mi piace fare post troppo lunghi. Ma questo tratta qualcosa che mi sta
molto a cuore.

E vorrei che invece di chiedersi "perchè non riesco a smettere?"
ci si chiedesse "perchè ho cominciato?".

Buona giornata a tutti

susi

LA RELAZIONE (PERFETTA)

So molto poco dell'amore. Pochissimo su come far funzionare
al meglio una relazione.

Ma ho un pensiero a riguardo.

Credo che le relazioni più sincere e profonde siano proprio quelle che
non hanno alla base un BISOGNO, un'esigenza di trovare nell'altro una
sorta di CONSOLAZIONE, di COMPENSAZIONE ai propri "buchi" esistenziali.
Sono basate su un sentimento forte, disinteressato, sul PIACERE di stare
insieme, sulla GIOIA di dare amore ed attenzioni a qualcuno, sull'attrazione
fisica e mentale, sulla simpatia, sulla voglia di stare insieme, di sentirsi,
di CONDIVIDERE gioie e dolori. Che forse è la parola giusta, CONDIVIDERE.
E non DIVIDERE.

E qui torna la mia mitica frase, detta e ripetuta e non condivisa se non
da pochissimi... che è una sorta di piccolissimo dialogo...

"quando mi amerai VERAMENTE?"

"quando potrò fare a meno di te."

UN POSTO COSI'

Eppure io so che dentro di me
c'è un posto così...
Continuo a cercarlo chissà dove...
ma so DOV'E'.

:)

LA PORTA

Siamo esseri liberi. Spesso la prigione più grande, e più inaccessibile,
è quella che ci costruiamo noi stessi. Parlo per me, chissà se questo
mio pensiero possa essere più o meno condivisibile...

Vengo spesso offesa, ferita, delusa, la vita gira sempre più in senso
antiorario, succede questo e quello, mi sento triste e depressa e
demoralizzata e sfiduciata verso il mondo e la vita in generale...

Ma è quello che è FUORI che mi fa del male, o sono io che permetto
che quanto c'è fuori mi faccia del male?

Ho letto da qualche parte una bellissima frase....

STAI ATTENTA A CHI BUSSA ALLA TUA PORTA. PERCHE' SOLO TU
PUOI APRIRE. LA MANIGLIA E' ALL'INTERNO.

Il mondo non cambierà per me.

Forse sono io che devo cambiare, e imparare a valutare bene chi bussa.

E magari cambiare IO qualcosa nel mondo.

Che mi piace sempre meno....

LE PAROLE (CHE FANNO MALE)

Sono molto sensibile alle parole che mi vengono dette. E forse sbaglio.
Le parole mi offendono moltissimo, mi feriscono, spesso chi me le dice
due minuti dopo le ha già dimenticate, ma a me pesano come macigni.
Accetto le critiche costruttive, ma non le offese gratuite ed "allargate"
ben oltre l'oggetto della disputa...  se ho fatto un errore (e ne faccio,
come tutti) è lecito farmelo notare, ma non posso sopportare le frasi
dette "da incazzato" tipo NON NE COMBINI UNA GIUSTA!
Il fatto è che non ho fatto QUESTO giusto, il fatto è che troppo spesso
si usano le parole per sfogare il proprio rancore, tirando fuori di tutto,
non rendendosi minimamente conto che ogni parola detta è un piccolo
solco nel cuore di chi la riceve. E poco importa se poi tutto passa... è
come un sottile granello di polvere, invisibile, al quale se ne sovrappone
un altro, e poi un altro ancora... e dopo un po' la polvere diventa una
patina che puoi vedere. Puoi vedere molto bene.

Dovremmo forse dare meno importanza alle parole.
In fondo sono solo parole.

O no?