Creato da serenaisbornagain il 31/07/2014
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Preghiera per uno che si è perso, e dunque, a dirla tutta, preghiera per me.

Post n°2 pubblicato il 31 Luglio 2014 da serenaisbornagain
 

Signore Buon Dio
abbiate pazienza
son di nuovo io.

Dunque, qui le cose
vanno bene,
chi più chi meno,
ci si arrangia,
in pratica,
si trova poi sempre il modo
il modo di cavarsela,
voi mi capite,
insomma, il problema non è questo.
Il problema sarebbe un altro,
se avete la pazienza di ascoltare
di ascoltarmi
di.
Il problema è questa strada
bella strada
questa strada che corre
e scorre
e soccorre
ma non corre diritta
come potrebbe
e nemmeno storta
come saprebbe
no.
Curiosamente,
Si disfa.
Credetemi
(per una volta credete voi a me)
si disfa.
Dovendo riassumere dovendo,
se ne va
un po’ di qua
e un po’ di là
presa
da improvvisa
libertà.
Chissà.
Adesso, non per sminuire, ma dovrei spiegarvi questa cosa, che è cosa da uomini, e non è cosa da Dio, di quando la strada che si ha davanti si disfa, si perde, si sgrana, si eclissa, non so se avete presente, ma è facile che non abbiate presente, è una cosa da uomini, in generale, perdersi. Non è roba da Voi. Bisogna che abbiate pazienza e mi lasciate spiegare. Faccenda di un attimo. Innanzitutto non dovete farvi fuorviare dal fatto che, tecnicamente parlando, non si può negarlo, questa strada che corre scorre soccorre, sotto le ruote di questa carrozza, effettivamente, volendo attenersi ai fatti, non si disfa affatto. Tecnicamente parlando. Continua diritta, senza esitazioni, neanche un timido bivio, niente. Dritta come un fuso. Lo vedo da me. Ma il problema, lasciatevelo dire, non sta qui. Non è di questa strada, fatta di terra e polvere e sassi, che stiamo parlando. La strada in questione è un’altra. E corre non fuori, ma dentro. Qui dentro. Non so se avete presente: la mia strada. Ne hanno tutti una, lo saprete anche voi, che, tra l’altro, non siete estraneo al progetto di questa macchina che siamo, tutti quanti, ognuno a modo suo. Una strada dentro, ce l’hanno tutti, cosa che facilita, per lo più, l’incombenza di questo viaggio nostro, e solo raramente, la complica. Adesso è uno di quei momenti che la complica. Volendo riassumere volendo, è quella strada, quella dentro, che si disfa, si è disfatta, benedetta, non c’è piu. Succede. Credetemi. E non è una cosa piacevole.
No.
Io credo
sia stato,
Signore Buon Dio,
sia stato
io credo
il mare.
Il mare
confonde le onde
i pensieri
i velieri
la mente ti mente improvvisamente
e le strade
che c’erano ieri
non sono più niente.
Tanto che credo,
io credo,
che quella vostra trovata
del diluvio universale
sia stata
in effetti
una trovata geniale.
Perché
a voler
trovare
un castigo
mi chiedo
se qualcosa di meglio
si poteva inventare
che lasciare un povero cristo
da solo
in mezzo a quel mare.
Neanche una spiaggia.
Niente.
Uno scoglio.
Un relitto derelitto.
Neanche quello.
Non un segno
per capire da
che parte
andare
per andarci a morire.
Allora vedete,
Signore Buon Dio,
il mare
è una specie
di piccolo
diluvio universale.
Da camera.
State li,
passeggiate
guardate
respirate
conversate
lo spiate,
da riva, s’intende,
e quello intanto
vi prende
i pensieri di pietra
che erano
strada
certezza
destino
e in cambio
regala
veli
che ti ondeggiano in testa
come la danza
di una donna
che ti farà
impazzire.
Scusate la metafora.
Ma non è facile spiegare
com’è che non hai più risposte
a furia di guardare il mare.
Così adesso, volendo riassumere volendo, il problema è questo, che ho tante strade intorno e nessuna dentro, anzi a voler essere precisi, nessuna dentro e quattro intorno. Quattro. Prima: me ne torno indietro da Elisewin e me ne rimango lì, con lei, che poi era anche la ragione prima, se vogliamo, di questo mio andare. Seconda: continuo così e vado alla locanda Almayer, che non è un posto perfettamente sano, stante la vicinanza pericolosa col mare, ma che anche è un posto da non crederci tanto è bello, e quieto, e leggero, e struggente, e finale. Terza: proseguo diritto, non giro verso la locanda, e me ne torno dal barone, a Carewall, che mi aspetta, e poi tutto sommato la mia casa è lì, e quello è il mio posto. Era, quantomeno. Quarta: pianto tutto, mi tolgo questo abito nero e triste, scelgo un’altra strada qualsiasi, imparo un lavoro, sposo una donna spiritosa e non bellissima, faccio qualche figlio,
invecchio e alla fine muoio, con il vostro perdono, sereno e stanco, come un cristiano qualsiasi. Come vedete non è che io non abbia le idee chiare, le ho chiarissime ma solo fino a un certo punto della questione. So perfettamente qual’è la domanda. E la risposta che mi manca. Corre, questa carrozza, e io non so dove. Penso alla risposta, e nella mia mente diventa buio.
Così
questo buio
io lo prendo
e lo metto
nelle vostre
mani.
E vi chiedo
Signore Buon Dio
di tenerlo con voi
un’ora soltanto
tenervelo in mano
quel tanto che basta
per scioglierne il nero
per sciogliere il male
che fa nella testa
quel buio
e nel cuore
quel nero,
vorreste?
Potreste
anche solo
chinarvi
guardarlo
sorriderne
aprirlo
rubargli
una luce
e lasciarlo cadere
che tanto
a trovarlo
ci penso poi io
a vedere
dov’è.
Una cosa da nulla
per voi,
così grande
per me.
Mi ascoltate
Signore Buon Dio?
Non è chiedervi tanto
chiedervi se.
Non è offesa
sperare che voi.
Non è sciocco
illudersi di.
E’ poi solo una preghiera,
che è un modo di scrivere
il profumo dell’attesa.
Scrivete voi,
dove volete,
il sentiero
che ho perduto.
Basta un segno,
qualcosa,
un graffio
leggero
sul vetro
di questi occhi
che guardano
senza vedere,
io lo vedrò.
Scrivete
sul mondo
una sola parola
scritta per me,
la
leggerò.
Sfiorate
un istante
di questo silenzio,
lo sentirò.
Non abbiate paura,
io non ne ho.

E scivoli via
questa preghiera
con la forza delle parole
oltre la gabbia del mondo
fino a chissà dove.
Amen.


 
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