Ordinaria Follia

Rutto libero.


Questa sera ho fatto una cosa che non facevo da molto. E’ vero, a differenza del mio ultimo periodo invernale che ho passato davanti al cazzo di portatile per stendere la mia tesi di laurea ora è tutto diverso: vuoi per questo caldo stronzo che rende la mia mansardina peggio di una sauna, vuoi per tutta una serie di circostanze che non ti sto a raccontare ora perchè, si, credo già che ti annoierò un po’ ugualmente. Sia detto per inciso, non me ne frega un cazzo. Ma questa sera, l’ennesima sera in cui il mio letto mi intrappolava fra le sue cazzo di lenzuola sudate ho deciso di alzarmi, di aprirmi una birretta da trentatrè e di sparare un po di cazzate. Così. Per il gusto di farlo. Perchè pensavo. Pensavo ai punti di vista. Pensavo a come cambiano le cose a seconda del proprio modo di vivere la propria cazzo di vita. Massì, ora puoi digitare anche fighegratis nel tuo motore di ricerca, so che perlomeno sarà più interessante. Non resistere alla tentazione, fallo. Io vado avanti.Dicevo che pensavo a questa banalità perchè, per l’ennesima volta a distanza di qualche giorno, ho visto un’altra amica, o forse sarebbe meglio dire un’altra conoscente, con un cazzo di pargoletto fra le braccia. Inseminato, sfornato, cresciuto. Mi sono perso gli ultimi anni della sua vita e la ritrovo, davanti al centro commerciale, sfatta e ingrassata come un cencio andato a male. E ti dirò, mi ha fatto un po’ pena. Davvero. Immaginavo a quanto possa essere pesante, ora, per lei, conoscendola, la sua cazzo di vita. Poi però ho pensato ad un’altra cosa. Ho pensato a quanto lei potesse pensare la stessa cosa di me. Ritrovarmi dopo qualche anno, con la stessa faccia di merda, con la stessa, stramaledetta impossibilità a fare qualcosa di concreto nella mia vita. Come lavorare, intendo. Come crescere, maturare. Probabilmente ha detto questo a Inseminator, steso sul sofà dell’ikea, blaterando su quell’insulso, patetico frugoletto che è rimasto tale anche se ha ventisei anni. Non mi conosce, non sa più un cazzo di me, non è al corrente della mia vita come io non sono al corrente della sua. Semplicemente, se lo immagina. Pensa che sia così.Poi ho fatto un’altra associazione di idee. Ripensavo a qualche sabato fa quando ho incontrato un vecchio amico che non vedevo più dai tempi delle superiori. Il destino, Dio, chiamalo come ti pare, vuole che ci incontriamo solamente quando solo ubriaco. Ora, fatti pure le tue seghe mentali, ma ultimamente è davvero raro che mi riduco a bere tanto da ubriacarmi. In un anno quante volte sarà capitato, cinque?, sei?. Bene, almeno in quattro di queste occasioni ho incontrato questo stronzo.Immagino dunque cosa possa pensare di me. Non che me ne frega un cazzo di cosa possa pensare un maledetto inetto pezzo di merda che mi vede sempre visibilmente euforico, ma mi rendo conto che lo fa. Così come io lo faccio di lui, pensando che sia un fottuto represso del cazzo che ha passato la sua adolescenza a giocare a pallavolo fottendosene di coltivare una qualsiasi relazione sociale con il mondo che lo circondava.Quello che è successo, quello che mi preoccupa è che ognuno di noi, perdendosi per la propria strada come peraltro è giusto che sia, troppo spesso si dimentica di pensare che le strade degli altri, più o meno ripide della propria, siano comunque da condividere e da accettare.Perchè allora mi fa pena vedere la ciucciacazzi di qualche anno fa con un bambino nel passeggino?Perchè prendo per il culo il pallavolista che beve acquatonica in disparte nel locale?E perchè, allora, non mi prendo a pugni in faccia per quanto sono stronzo ad aver fatto quello che ho fatto?Quello che voglio dire probabilmente non ha un senso, e probabilmente non mi avrai capito. Del resto è difficile spiegarlo qui, adesso, all’una e un quarto del trentuno luglio. Ma forse quello che voglio dire è che mi sono rotto il cazzo di quello che sono. O che mi sono rotto il cazzo di quello che sono gli altri. O che mi sono rotto il cazzo di quanto l’unica persona che veramente conosci e conoscerai fino in fondo e di cui non parlerai mai sinceramente male sia quello stronzo che si riflette nello specchio.E quello che voglio fare ora è dare l’ultimo sorsetto alla mia birra, spegnere la cicca nel portacenere rigonfio e andarmene per un poco lontano da qui. Magari proprio lì, dentro lo specchio. Ma non a sfornare pargoli a ripetizione e a ingrassare di sette, otto, nove chili, in canottiera e ciabatte, ruttando davanti ai bellissimi di rete quattro.  Questo, davvero, per il momento credo di non poterlo fare.