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La sfida col Cagliari è anche e soprattutto legata al gran rifiuto di Rombodituono di vestire la maglia bianonera

Post n°27 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da MisterNalez
 
Foto di stefano1070

TORINO, 30 gennaio - Non sempre i grandi vini producono annate importanti, a volte sanno anche di tappo. Succede anche alla Juventus, sofisticata azienda nella produzione d'eccellenza. A scadenze fisse la nobile spremitura della vendemmia non secerne il prodotto sperato. Per uscire dalla metafora ed entrare nello specifico gli anni sessanta, ove s'escluda il mirabolante scudetto d'Heriberto annata 1966-67, sapevano davvero di tappo. La Signora in ambasce vagava sperduta in zone anonime della classifica, la Famiglia in altre (socialmente complesse) faccende affaccendata richiedeva oculata amministrazione dei beni. Nel giardino un po' riarso d'un calcio italiano figlio della congiuntura fiorivano altre realtà che non fossero le solite in bianconero, Milan o Inter. La più intrigante, innovativa, ardita era il Cagliari espressione della fierezza isolana, allenata da un romano fuori da ogni schema, Manlio Scopigno altrimenti detto il Filosofo, profondo conoscitore di uomini in primis eppoi di tattica, fattore accessorio. Una pacchia per i giocatori poiché al feroce allenamento fisico dava priorità ad altro, attività ludica, insomma più pallone che schemi.
IL NUOVO EROE - In questa squadra piuttosto particolare sbocciò l'eroe eponimo del nuovo calcio italiano: un lombardo di Leggiuno cresciuto presto, silenzioso e pugnace. Luigi Riva, dopo essere stato svezzato nel Legnano arrivò a Cagliari, accolto da Arturo Silvestri, toscano burbero buono che gli fece da padre: magnifico allenatore, l'apripista al Filosofo. Sandokan sapeva come sgrezzare i talenti, subito capì dove quell'uomo-ragazzo sarebbe andato a parare. Anche se sapeva calciare solo di sinistro e il destro l'usava tutt'al più per scendere dal tram. Attorno a Gigi nel volgere di pochi anni nacque una squadra davvero speciale che scalò, implacabile posizioni in classifica come nessuno avrebbe immaginato. Riva ne era l'immagine, il terminale d'ogni azione offensiva finalizzata a lui, per quel sinistro tonitruante, l'imperioso stacco di testa, la voglia di stupire sempre. Una domenica a Vicenza segnò, il rovesciata, il gol impossibile. Lo subissarono d'applausi come mai era successo anche per i più grandi. E ancor oggi ricordano quella folgore nel cielo limpido. Una meraviglia.
ROMBODITUONO - Quel giorno Luigi Riva da Leggiuno divenne Rombodituono, il cannoniere massimo, l'oggetto oscuro del desiderio di molti. In Nazionale faceva coppia con Pietro Anastasi, il suo esatto opposto, simbolo della Juventus. I due, una sera di giugno del 1968, nello stadio Olimpico in Roma consegnarono all'Italia la prima (e sinora unica) Coppa Europa: Gigi col sinistro, Pietruzzu con uno svolazzo di destro. C'era feeling, parevano fatti l'uno per l'altro. Nel frattempo il Cagliari cresceva e la Juve dopo l'illusione ginnasiarcoheribertiana languiva. E l'Avvocato, Dominus appartato decise, dopo un Juventus-Benfica sfortunata semifinale di Coppa dei Campioni giocata al cospetto di 80.000 spettatori strizzate nello stadio che ora ne accoglie 27.000, di cambiare registro. Più soldi per campagne acquisti agguerrite : «Poiché questi tifosi meritano per davvero una squadra di nuovo grande». Il primo nome della lista, quel magnifico lombardo col profilo di antico romano. Venne dato mandato all'ingegner Vittore Catella, ex aviatore, uomo d'apparato di portare a compimento l'operazione. Si trattava di convincere il furbissimo Andrea Arrica, presidente del miracolo rossoblù.
LA PARTITA - Stagione 1969-70, la Juventus costruita per il rilancio, mix di vecchi marpioni e giovani speranze assolda Luis Carniglia, hidalgo argentino, già conducator del Real Madrid, sublime incantatore di serpenti. La spregiudicata gestione di don Luis portò dopo sei giornate il penultimo posto in classifica, record nella storia bianconera. La panchina fu affidata a Ercole Rabitti, responsabile del settore giovanile, torinese e sabaudo che più non si può. Da Brescia arrivò il sardo Cuccureddu sottratto alle attenzioni del Cagliari e cominciò una folle rincorsa. Dal penultimo posto la Juve risalì posizioni su posizioni, tanto da insidiare il primato di Su Casteddu. Sino al giorno della resa dei conti: quindi marzo 1970, allo stadio Comunale in Torino. Pomeriggio plumbeo di fine inverno, pioveva. Partita senza appello: la Juventus "doveva" solo vincere, il Cagliari poteva permettersi di non perdere. Arbitro il Principe del fischietto, Concetto Lo bello da Siracusa, il più grande. Un giorno speciale per Riva, campione all'apice, amato anche dagli avversari, sommessamente invocato, angariato in marcatura da Morini, stopper dai piedi omologabili allo spirito, d'acciaio. Il duello fra i due ricorda un torneo fra cavalieri medioevali: ogni scontro un clangore d'armatura.
IL GRAN RIFIUTO - Alla mezz'ora la Juve va in vantaggio su autogol di Niccolai provocato da Anastasi, giusto allo scadere del primo tempo Riva, colpisce di testa, apre uno squarcio nello scafo della corazzata. La Juve, al minuto 66 si rimette in linea di galleggiamento, Anastasi gol. Sembra fatta, ma a otto minuti dalla fine Lo Bello assegna il rigore al Cagliari e Rombodituono squassa la rete: è il 2-2 che segna il destino di quel campionato. Vincerà il Cagliari, la Juventus degna terza però impaziente di risalire. A quel punto l'Avvocato rompe gli indugi. Ordina che l'affare si concluda, fissa il prezzo. Un miliardo. Cento milioni in più di quanto fu offerto nove anni prima per portare a Torino un certo Pelé. Operazione fallita per l'intervento del presidente brasiliano. Il miliardo fece vacillare la fede di Arrica, con quei soldi avrebbe acquisito fior di giocatori. La Sardegna non era più considerata una sorta di Cajenna d'Italia grazie anche all'opra di quella squadra meravigliosa. Ma Rombodituono squarciò il suo silenzio con un fragoroso: «Grazie no, voglio restare a Cagliari. Per sempre». Non erano ammesse repliche. I sogni bianconeri vennero riposti nel cassetto dei rimpianti, soprattutto, di cosa sarebbe potuta diventare la Signora a braccetto di quello straordinario accompagnatore. Juventus-Cagliari è anche (o soprattutto?) questo.

 
 
 
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