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Post n°3 pubblicato il 30 Dicembre 2008 da oscar3155

Cu fu che m’ammuttau

(Chi mi ha spinto)

Chi mi ha spinto a fare il cammino di Santiago? Una lunga scarpinata di 800 km?

La ragione non trova risposta, il cuore sì.

Sentivo forte il desiderio di trovarmi lontano dai soliti posti, dalle solite cose, per riflettere, cercare risposte ai tanti “perché” della vita….. della mia vita.

Così ho dato ascolto al mio cuore, ma anche al mio fisico ed ho cominciato a prepararmi allenandomi con regolarità sulla pista ciclabile Menfi-Porto Palo.

Per mesi mi sono messo alla prova, senza mai mollare, poi il 29 luglio di quest’anno mi sono ritrovato a Roncesvalles….stentavo quasi a crederci!

Il caldo della città era identico al nostro, ma  presto mi sono ritrovato all’interno di un bosco, dove la naturale frescura  e il soffice terreno, in leggera discesa, mi hanno fatto subito ben sperare: con un percorso di quel genere avrei potuto percorrere 50 km al giorno! Presto, però, mi son dovuto ricredere: dopo pochi chilometri mi ritrovavo su una strada di alta montagna, in salita,  senza l’ombra di un albero e con pietre ovunque.

Le sollecitazioni su legamenti, tendini e  muscoli degli arti inferiori si facevano sempre più forti e traumatiche: sentivo dolori alla pianta dei piedi, alle caviglie, alle ginocchia  ed anche alle spalle su cui  gravavano i 12 kg di zaino e ben presto ho visto la pianta dei piedi coprirsi di ben cinque vesciche, “ampollas”, come le chiamano qui.

La mattina mi svegliavo a fatica, pieno ancora di dolori per le fatiche del giorno precedente, il pensiero dei tanti km che avrei dovuto percorrere, quella strada poco in discesa e troppo spesso in salita e quella domanda che continuava a martellare il mio cervello: “Perché faccio questo cammino?” E immediata arrivava la risposta:

“Ultreria”, stavo facendo tutto  per “Ultreria” cioè per andare avanti…..andare oltre.

Sì, è proprio così, per che cos’altro ho fatto questo cammino se non per andare avanti?

Continuare ad andare avanti,in realtà, in modo diverso, cercando forze nuove.

 Ad andare avanti, del resto, ho imparato, con fatica, dopo la scomparsa della mia dolcissima ed insostituibile compagna, Maria.

Ho imparato a gestire il mio dolore, a tenere nella parte più profonda del mio cuore l’amarezza, ho stretto i denti, ingoiato le lacrime e sono andato avanti,senza mai mollare, affrontando, giorno dopo giorno, le mille difficoltà di un uomo, di un padre che non ha più accanto materialmente la sua compagna ma che da lei continua ad avere sostegno.

Sono sicuro che in qualche modo c’è il suo “zampino“ nella meravigliosa avventura che ho vissuto ed è a lei che ho offerto le fatiche e i dolori che ho sofferto in quei giorni…..

ed anche le gioie, i tanti momenti di allegria come quando mi ritrovavo insieme ad altri pellegrini. Ricordo, ad esempio, quando nella VI tappa, Los Arcos-Logroňo  di km 29, dopo aver già percorso 144, ho notato un uomo e una donna, ormai avanti negli anni che procedevano uno accanto all’altro, felici ed orgogliosi di essere vicini in quel momento e nella vita di ogni giorno. Devo ammettere di aver provato quasi invidia nei loro confronti e di questo mi vergogno, ma li ho anche molto ammirati!

E quanta allegria sui volti dei cinque tedeschi e delle loro mogli, mentre accettavano bonariamente i buffi soprannomi che avevo loro dato: “Nonostantetutto”, il “Buono”, “Cicciobello”, il “Filosofo”, il “Chimico”…. E capite  perché. “Santos nonostante tutto arrivé”, mi ripeteva il primo, ma tutti, proprio tutti erano molto più veloci di me….

Durante la marcia dovevo pensare a dosare le forze, non avevo nessuno con cui parlare, liberavo la mente, cercando il giusto equilibrio tra quella natura selvaggia e il mio “io”.

E in mezzo a quei luoghi mai visti prima, mentre il corpo era messo a dura prova, ho sentito forte il legame tra terra e Cielo, sensazione che, sono certo, non mi abbandonerà mai più.

Quando poi, nel tardo pomeriggio, arrivavo in albergo, avevo poca voglia di parlare o forse poca forza, perciò scambiavo solo qualche parola con gli italiani di turno e andavo a letto per …ricaricare le pile…. ed essere pronto, il giorno successivo, a vivere altre esperienze straordinarie o, meglio, a considerare straordinari tutti i momenti di vita vissuta come  dovrebbe succedere sempre.!!!

Ricordo, per esempio, la meravigliosa freschezza dell’acqua, della semplice e pura acqua, dopo una marcia di 23 km che mi aveva portato a Pamplona, sotto un sole “calientissimo”,  ho avuto bisogno di ben 5 litri di preziosissima acqua. Vera ricarica e vero ristoro!

Ad Estella, invece, mentre ero sdraiato, distrutto dalla fatica e dai dolori alle gambe, due ragazze, forse austriache, in un improbabile spagnolo mi offrivano da bere un liquido bianco, in una bottiglia di coca-cola: “Medicamento per totus” dicevano, ma io da buon Siciliano diffidente, in un primo momento, ho rifiutato. Mi sono dovuto ricredere, però! Accanto a me , infatti, un giovane di Pisa, che oltre alle vesciche ai piedi soffriva di una fastidiosissima tendinite al ginocchio, ha afferrato quella bottiglia, bevendo in un fiato, poi me l’ha passata, tranquillizzandomi con lo sguardo. Ho bevuto, ….era grappa… ne avevo veramente bisogno in quel momento. Ho ringraziato e mi sono scusato con le due ragazze…Maledetta diffidenza! Dobbiamo imparare a guardare negli occhi la gente, prima di giudicare e nei loro occhi ho visto solo dolcezza, serenità e sana allegria.

Bella lezione prof!!!

Quella notte ho dormito bene, senza sentire dolore……….

E ancora sorrido, pensando all’equivoco, una sera a cena, con un cameriere che voleva portarmi del vino “tinto”. Da Siciliano DOC ho tradotto simultaneamente il tinto in cattivo e, guardandolo accigliato ho esclamato: “Sarò un povero pellegrino e prendo il menù del “dia”, ma il vino dammelo buono!”. Alla fine ho capito che “tinto” sta per rosso.

Ho riso di cuore, contagiando agli altri il mio buonumore ed ho pensato ancora una volta a Maria…quanto era in gamba Lei con le lingue straniere!!!!

Domenica 3 agosto,l’omelia del sacerdote, , quel suo “suseia”, andare verso l’alto, verso Dio, mi hanno dato la conferma che quel viaggio aveva veramente qualcosa di mistico….

il camminare in silenzio, scandendo i passi uno dopo l’altro, nel cuore della Mesetas spagnola,  eleva veramente l’animo a Dio. Ma la Mesetas è proprio un…….. inferno, specialmente nel tratto che va Corion de las condes a Calzadilla de la Cueza, 17 km in 4 ore, tra campi coltivati a grano e cielo, senza mai scorgere una casa, un albero……….

Per fortuna ho percorso quei 17 km sotto la pioggia. E sotto la pioggia, mentre quasi non sentivo più il corpo, ho lasciato liberi i miei pensieri….

“La mia anima ha due dimensioni : l’ultreria e suseia….lunghezza ed altezza…Vuoi vedere che l’anima è l’area di un ipotetico rettangolo che ha queste due dimensioni? La teoria mi convince poco, però mi affascina.

E se fosse, l’anima, il volume di un pararellepipedo? Mancherebbe la terza dimensione:la profondità. Riflettendo la trovo. La profondità è la motivazione o somma di motivazioni che mi hanno spinto a fare questo cammino……”

Così sempre motivato sono andato avanti sul punto più alto dell’intero percorso: 1500 mt sul livello del mare.

Lì si trova la “Cruz de hierro” una piccola croce tanto alta che sembra toccare il cielo: sofferenza e salvezza….. ho pensato a Maria, alle sue sofferenze, ma anche al suo sorriso e alla forza che sapeva infondere a me e ai nostri figli…………...

Anche adesso starà sorridendo e continua ad incoraggiarci!

Ma davanti a quella croce il mio pensiero è andato anche a tutte quelle persone che ho incontrato durante la malattia di mia moglie : i  ricoverati al neurolesi di Messina ,al Centro Cardinal Ferrari di Fontanellato (Pr) e le tante persone che lottano in silenzio contro la malattia del secolo .

Per loro e per tutti coloro che soffrono ho lasciato ai piedi della croce un fazzoletto che asciuga le lacrime, chiedendo al buon Dio, se non di eliminare il dolore, di dare  almeno la fede e la forza di sopportarlo e continuare a sperare.

Scendendo dal monte, ho sentito il cuore in festa,  mentre il resto del corpo soffriva, in silenzio, pieno di vesciche e fatica. Del resto  dopo 503 Km in 21 giorni e altri 260 per arrivare…….ma non ero mai stato più convinto di potercela fare come in quel momento, avrei dovuto solo stare attento alle distorsioni e cercare di arrivare prima possibile.

Perciò ho cominciato a percorrere non  più 25-30 km al giorno, bensì oltre  35-37 .

Poi, alla 19 tappa, quando dovevo percorrere solo 32 km da Virgen del Real Camino a Santibaňez de Valdeinglesias…….. l’intoppo .

La mattina di quel giorno ero  partito presto, con il buio, e avevo sbagliato strada…..percorrendo più di 12 km in 3 ore di marcia in più, alla fine in totale avevo camminato per circa  44 km. Ero veramente sfiduciato ad un passo dal mollare, poi con rabbia  e determinazione ho ripreso a camminare fino a Santibaňez . ….quel giorno ho camminato dalle 6.00 del mattino fino alle 17.00. Undici ore di marcia con 3 pause di mezz’ora. Di quest’ultima tappa circa 20 km erano in salita, per la verità non molto ripida. Dopo il paese di O’ Cebreino ho cominciato a notare  i ceppi che segnano la distanza da Santiago. Il conto alla rovescia era iniziato… Prima ogni chilometro poi ogni mezzo chilometro……arrivando ben presto ad Arca, a soli 20 km dal traguardo.

Soltanto 20 km! Mi sembrava impossibile, non vedevo l’ora  di divorarli.

Dio mio, Santiago, ero quasi arrivato alla meta!!!

La notte ho dormito pochissimo e alle 4.30 del mattino ero già sveglio, pronto per l’ultima fatica..

Dovevo arrivare, a Santiago, entro le 11.00, ritirare la compostella ed assistere alla messa del pellegrino alle 12.00. Sarei riuscito a rispettare quest’ultima tabella di marcia? Speravo proprio di sì e ne ho avuto la conferma quando, senza accorgermene, mi sono trovato a 5 km da Santiago sul monte to Gozzo, il monte della gioia, chiamato così perché da lì i pellegrini vedevano le torri della cattedrale di Santiago. Non riuscivo a crederci!!!

Sul monte to Gozzo si trova il monumento che ricorda sia il passaggio di San Francesco d’Assisi che la visita di papa Giovanni Paolo II, per la festa della gioventù.

E ancora una volta, su questo colle della gioia, a pochi km dal traguardo, spossato fisicamente ma spiritualmente lucidissimo, mi sono fermato a pensare, a riavvolgere il nastro dei ricordi, facendoli poi scorrere lentamente per rivedere i visi sofferenti ma sereni di tutti coloro che hanno saputo trasformare il dolore in forza, in gioia di vivere, di assaporare ogni momento che il nostro Signore ci concede su questa terra.

Ho rivissuto i momenti delicati della malattia di Maria, ho visto me stesso e i miei figli, insieme, decisi a continuare…. nonostante tutto. 

Come è successo a me, in questo emozionante pellegrinaggio, a dispetto delle mille difficoltà ed insidie. Niente è riuscito a fermare la mia voglia di arrivare, di raggiungere la meta….Santiago!

Ci sono…. Entro in cattedrale, mi sembra di sognare, abbraccio la statua di San Giacomo, come vuole la tradizione, ascolto le parole del sacerdote che ricorda e ammonisce che quello non è un arrivo ma un punto di partenza….. di ri-partenza per la vita…….

Il giorno successivo, il 26 agosto, ho preso l’autobus per Finsterra per vedere il tramonto del sole sull’oceano atlantico. Dopo aver pranzato a base di pesce, ho chiesto in regalo la conchiglia, simbolo del cammino per due motivi: serviva ai pellegrini per dimostrare di essere stati a Santiago  e ricorda il tramonto del sole. Il cammino di Santiago, via francese, va da est verso ovest…dal sorgere del sole al tramonto….come la vita…dalla nascita alla morte.

Alle 18.00 mi sono avviato verso il faro, 3 km di salita….una passeggiata.

Ho aspettato, lì, il tramonto del sole, seduto su una roccia vicino all’oceano.

Le onde si infrangevano sulla roccia dove ero seduto, il sole scendeva e stava  per tuffarsi in mare……pronto a riemergere il giorno dopo.

In quel momento, ancora una volta , il mio pensiero è andato alle tante persone incontrate sul cammino della sofferenza …… Patrizia, Angela, Stefania, Alex, Giovanna, Lina, Beppe, Peppe, Josephine……. anche loro si sono tuffati nel mare della sofferenza, sempre pronti a riemergere……. a lottare. Ho dato ancora uno sguardo a quel mare ed ho ripreso il mio cammino.

Era arrivato il momento di tornare a casa !

 
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Commenti al Post:
corditepura
corditepura il 01/01/09 alle 07:35 via WEB
non sapevo ke avessi un blog....sei bravissimo...e in questo tuo lunghissimo post si evince quanto tu sia una persona speciale oscar....ho sempre pensato ke il dolore modifica un uomo o una donna all'interno...si cresce nel dolore...si matura col dolore...e ...devo dire...si migliora...è un passaggio obbligato per arrivare ad essere completi...sai trasmettere le tue emozioni con kiarezza..emozioni...ti metterei a livello di sciascia...oserei dire anke superiore...ti abbraccio tesoro........ti voglio bene...
(Rispondi)
L.u.c.e
L.u.c.e il 12/03/09 alle 21:40 via WEB
ciao...molto bello quello che hai scritto...sei una bella persona...e spero possiamo diventare amici...un abbraccio...Tina
(Rispondi)
vivaleprimavere
vivaleprimavere il 10/05/09 alle 17:02 via WEB
ho letto e' condivido con te ol percorso che tu hai fatto .......pultroppo la vita continua ma i nostri cari sono sempre con noi e mai sbiadiranno i loro visi su noi ...............silvy
(Rispondi)
kiya555
kiya555 il 09/06/09 alle 09:06 via WEB
Si soffre per tutto..la vita è una sofferenza continua..ma le persone che stanno meglio sono quelle che fanno soffrire..ciò nonostante non vorrei essere una di quelle.Se io potessi liberare la tua anima dal dolore, guiderei il tuo cuore al sicuro, dove nessuno possa fargli del male. se io potessi prenderti per mano e portarti dove la felicità riempa il tuo cuore , ti giuro lo farei. purtroppo non so dove si trovano questi posti, ma posso lo stesso portarti sul mio cuore, e attenuare ogni sofferenza, perchè non è giusto che tu soffra.
(Rispondi)
corditepura
corditepura il 12/07/09 alle 08:22 via WEB
una carezza santi...e un bacio..
(Rispondi)
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