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« Lettere dal carcereUn amico del popolo »

Ci sono donne che stanno fuori, ma il cui destino è legato pesantemente a quello di un uomo che sta in carcere

Post n°63 pubblicato il 06 Febbraio 2008 da geko1963
 

 

Di Chicca

 

"Nella testa come nel cuore di un uomo che sta in carcere è difficile entrare. Se dovessi dargli un consiglio, a partire dalla mia esperienza, gli direi di non far sentire troppo sola la donna che lo aspetta, anche se l’abitudine a volte rende pigri, e di sforzarsi di prendere carta e penna, perché le lettere tengono compagnia, ci fanno sentire vive, nei momenti di solitudine e di tristezza fanno anche sorridere. Ed è bello sapere che in quel momento qualcuno ha pensato a noi, i nostri corpi sfioriscono nella separazione, abbiamo bisogno di quelle carezze che ci sono negate, ma la mente e l’anima sono vive e sono loro che ci danno la forza di continuare aspettando.

A volte ti basta un colloquio, un’ora che attendi con ansia per sfiorare le labbra, per toccare una mano, per leggere negli occhi, e poi subito ti trovi fuori, sulla strada, con un sacchetto in mano, sei sola frastornata hai ancora addosso le mani di chi ti ha toccato prima di entrare, il rumore di qualche cancello chiuso alle tue spalle, le voci lontane di gente ammucchiata nella stessa stanza che parla e poi il silenzio… stringi il sacchetto tra le mani, è un tesoro tuo, lo apri e tra un contenitore e l’altro basta trovare una maglia, toccarla per sentire il cuore che batte ancora.

Ti accorgi allora di essere gelosa anche di una maglia, perché è qualcosa che parla di lui. Accendi una sigaretta, apri la macchina, accendi lo stereo cerchi la cassetta… Mannoia perché è quella che ti tiene compagnia per il viaggio di ritorno. Vai piano, ogni chilometro che lasci alle spalle ti fa paura, lo vivi come un abbandono, cerchi di vedere il suo viso, di sentire ancora la sua voce, ti accorgi che tutto quello che volevi comunicargli non hai fatto in tempo a dirglielo. Poi uno ti abbaglia, metti la freccia e vai sulla destra… e ti fermi a salutarlo idealmente, per allungare i tempi del distacco. Questa è una delle tante sensazioni che mi sono vissuta in questi anni, sentimenti forti, e solo chi li ha provati sa che si può vivere anche di questo, ed è un amore che ti riempie ugualmente la vita. In fondo, pensi, un atto sessuale, dopo che l’hai consumato, tante volte non ti lascia più niente, qui invece cerchi di coltivarti i momenti, i piccolissimi gesti, le sensazioni che devi far durare a lungo, tra un colloquio e l’altro, tra una separazione e l’altra".

 

di Elena

 

Un foglio bianco, davanti a me, è sempre quello che mi trovo davanti tutti i giorni, per mettere per iscritto sensazioni, per raccontare giornate, per “parlare” con il mio compagno, per coccolarsi, per scambiarci carezze. Sì, perché il mio compagno purtroppo è uno dei tanti esseri umani che sono detenuti nelle carceri italiane… Non è facile essere la compagna di un detenuto, ma l’amore supera anche queste barriere. Solo che le coccole e le carezze sì, si leggono ma non si sentono sulla pelle, mancano, e questa mancanza la si sente reciprocamente, e crea un piccolo vuoto dentro, una specie di tarlo che rode, che fa male. Ci si sente impotenti l’uno verso l’altro specialmente se si sa che il proprio compagno e/o compagna sta male… e non si può fare nulla per curarlo, per accudirlo, per essergli vicino, per confortarlo. Quello che mi fa anche soffrire è dovuto ai chilometri di distanza tra  dove vivo e il carcere in cui è rinchiuso il mio compagno, e questo non mi permette, a causa anche della mia pessima salute, di andare ai colloqui, quindi si sta per tutto il periodo della pena senza vedersi mai… in attesa di quella oasi, come la chiamo io, della telefonata di dieci minuti, la possibilità di parlarci direttamente… dieci minuti che volano, sembrano secondi, e non si riesce mai a dirsi tutto, specialmente se ci sono comunicazioni importanti da farsi, nel più bello che ci si potrebbe fare qualche coccola arriva la voce dell’agente che dice: “saluta” o “stacca” o “…è finita la telefonata”. Lo so, l’agente sta facendo il suo lavoro, ma quanto “odio” quelle parole… Si arriva a prendere un telefono che conta gli effettivi minuti di telefonata per vedere se le telefonate sono proprio di dieci minuti o se sono di meno… E quando il display segna di più ci sembra che ci sia stato regalato il mondo su un piatto d’argento… Si arriva ad acquistare una segreteria solo per registrare la voce del proprio amato, per riascoltare infinitamente quelle telefonate, per sentire il suono della sua voce, voce che starei ad ascoltare per giornate intere senza mai stancarmi… La mia voce manca tanto anche a lui, mi dice sempre che la mia voce lo rilassa… che gli piacerebbe sentirmi cantare… ‘sì io che sono stonata come una campana’, ma non importa, registratore a portata di mano, e ci si improvvisa cantanti tenendo la radio di sottofondo e cantando seguendo le canzoni. Parlo al registratore come se fosse il mio compagno, lì presente davanti a me, chissà quante persone mi avranno presa per pazza quando mi vedevano parlare da sola, tutto questo per far arrivare a lui la mia voce, per fargli sentire che sono sempre lì con lui… Registro mentre canto, mentre faccio le pulizie in casa, mentre leggo e mentre registro cerco di immedesimarmi in lui, e provo a pensare cosa mi farebbe piacere ricevere, per sentire meno o sopportare la mancata libertà… sopportare la routine di quelle 4 mura… per non cadere in depressione… e quando la mia salute lo permette, cerco di fargli avere queste mie dimostrazioni d’affetto… per fargli sentire che non è solo, che non è dimenticato, che è ancora un essere umano con la sua dignità… Gli racconto i sogni, le speranze, le paure… Nonostante le tante attenzioni che abbiamo l’uno verso l’altro, nascono spesso incomprensioni dovute alla distanza, alle lettere che vanno perse, o che tornano al mittente a causa degli spostamenti da un carcere all’altro; sì, i trasferimenti sono atroci da superare… vengono prelevati all’improvviso e i documenti che li riguardano li raggiungono a date da destinarsi, quindi le telefonate saltano, e a casa ci si rode il fegato pensando a cosa mai sia successo, il cervello entra in funzione negativamente, si inizia a pensare “cosa gli sarà capitato?”, “che stia male?”… Il cervello dà fondo a tutta la conoscenza che si è riusciti ad avere con il passare degli anni, e si cerca tra la memoria le cause del perché la telefonata non è stata fatta… E mentre io penso questo so che lui sta peggio di me, perché sa del mio star male, e perché gli hanno tolto “una boccata d’ossigeno” (come la chiama lui la telefonata), perché non l’hanno lasciato chiamare. E dura infatti trovarsi davanti persone che, o perché non ci sono fondi sul suo conto, o per provvedimenti disciplinari, non gliela lasciano fare, quella telefonata... Tutto ciò che la detenzione comporta non viene vissuto solo dal detenuto, ma anche dai famigliari, in particolar modo dalla compagna (o dal compagno). È vero, se sono in crisi depressiva  io almeno posso andare in un centro commerciale e svagarmi un po’, ma la mente e il cuore sono costantemente da lui, ogni cosa che vedo, ogni cosa che acquisto, il mio pensiero corre a lui… Lui è la mia priorità… Per me non trovo più piacere a far nulla, tutto ruota intorno a lui… È lui ora il più debole (debole nel senso che si trova in una situazione di svantaggio rispetto a me), ci si deve fare forza… non c’è tempo per abbattersi… si deve trovare la forza per essere su, e non far sentire che ci si sente abbattute, anche se oramai lui lo percepisce dalla mia voce, e dal tono (il modo in cui esprimo i pensieri) delle lettere. In queste occasioni mi manca il fatto di averlo vicino, mi mancano gli abbracci, i baci, le carezze… Forse mi chiederete se non mi manca il fare l’amore…  Beh, non l’ho, e non l’abbiamo mai fatto perché ci siamo conosciuti che lui era già in carcere… Inoltre, io e lui di persona non ci siamo mai visti… io ho solo una sua foto, lui di mie ne ha un po’ di più… Quindi mi manca anche il fatto di sapere com’è fisicamente, per fortuna siamo arrivati a conoscerci così profondamente la nostra reciproca persona interiore, che il nostro aspetto fisico sta passando in secondo piano… Molti dei suoi pensieri lamentano l’odore, che si sente ed esiste tra quelle mura… gli animali indesiderati con i quali deve convivere (scarafaggi,  pidocchi) e il dolore che provocano… Fuori ci si sente impotenti… Questo senso di impotenza mi fiacca… Tanta è la voglia di piangere, ma oramai non ho più lacrime, vorrei essere io tra quelle mura al posto suo, darei la mia vita per lui… Non è facile raccontare o scrivere quello che si prova, dovuto alla mancanza della reciproca vicinanza della persona amata… e non è facile per chi ce l’ha accanto comprendere queste situazioni di vita… Io parlando personalmente dico che sono maturata tantissimo, anche lui mi scrive d’essere maturato, ma il contatto fisico, il semplice sorriso, guardarsi negli occhi dove ci si capisce senza proferire una parola, sentire la voce ogni giorno, potersi telefonare quando si ha voglia, condividere un pasto assieme, cucinare per lui, cucinare assieme, vedere un fiore sbocciare,  vedere la neve scendere, o un bel tramonto colorato, essere spaventate da un tuono e cercare la protezione tra le sue braccia, queste cose mancano… perché lui non è lì accanto a me per condividerle… Sì… la sua presenza manca in tutta la quotidianità, e non solo nelle grandi od eclatanti cose, ma nelle piccole cose, negli attimi… Sì, io invidio quelle compagne che possono recarsi al colloquio, perché possono gustare un attimo… seppur breve e forse in una stanza affollata da altre compagne e vicini di cella del loro compagno… ma è sempre un po’ di tempo a contatto con il proprio amato… Spesso mi sento colpevole d’esser malata, e non poter fare tante cose che una donna “sana” potrebbe fare per lui, per fargli sentire di più la mia vicinanza… Ma le malattie capitano, mica si cercano… Ricordo le prime lettere dove gli raccontavo di come la mia malattia mi permette di vivere… e so che la vita che lo aspetta una volta fuori dal carcere non è delle migliori, in quanto spesso questa malattia mi costringe a una specie di arresti domiciliari, e infatti è da novembre che io non metto piede fuori casa… Ma il solo pensiero di averlo accanto, per me è il mondo… E questo è quello che lui mi ripete in continuazione… il potermi vedere, sentire, baciare, abbracciare lo appaga più che tutto il resto… Avrei tanto  da dire, da raccontare di cose successe positive e negative, ma mi sto infilando a piangere… Il pensare e ripensare a questa mancanza d’affettività con il mio compagno sono pugnalate vive al cuore… Ma una frase di Stefania Chiusoli* mi incoraggia sempre:  Sì, abbiamo “quasi tutto ancora da vivere”…

 

 

 

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Commenti al Post:
silvia.robin1
silvia.robin1 il 08/02/08 alle 11:44 via WEB
leggendo queste lettere, mi rendo conto che viviamo un pò tutti agli arresti, io mio marito lo vedo dopo le sette di sera, fra la cena le cose da organizzare,mio figlio il computer, un pò di televisione, ci parliamo 10 minuti, la mattina esce alle sette, siamo sempre distanti, il sabato pomeriggio libero si fà la spesa, e la domenica si aggiustano le cose rotte e si mette a posto la casa o la macchian o la moto, i minuti della vita che restano sono così pochi, che mi pare veramente che siamo tutti prigionieri.
 
 
farfalla_libera_2007
farfalla_libera_2007 il 12/02/08 alle 19:34 via WEB
Leggendo queste lettere, mi rendo conto quanta sofferenza in una madre,compagna, sorella, fratello, marito di una persona che se trova in carcere con colpa, senza colpa, per vari motivi chi non lo provo non puo' capire quanto male possa fare, l'ansia per una persona che prima potevi vedere tutti i giorni, telefonare, fare la spesa, aggiustare le cose rotte forse le persone che non conoscono questa realta' per loro fortuna dovrebbero essere piu' sensibili, ci sono compagne, compagni delle persone detenute che aspettano l'ora del colloquio un'intera settimana e il tempo vola sembra un minuto, io il mio compagno non lo vedo da quasi un anno, per poterlo vedere dieci minuti non so cosa darei, mi accontento della posta, ogni volta che ricevo le sue lettere mi batte il cuore a mille ogni volta mi chiedo sempre prima di aprirla stara' bene ? Mi faccio forza e la apro dopo un po'. Questa e' una piccola parte della nostra vita. Farfalla
 
FRUZZOLINA77
FRUZZOLINA77 il 10/02/08 alle 21:41 via WEB
si ma sono 2 tipi di prigionia molto diversi,beata te che nonostante tutto la persona che ami fisicamente l'hai vicina,puoi parlargli al tel,e ci puoi condividere altre mille cose .Questi racconti che leggi sono di donne come me e tante altre ,ahimè,che loro malgrado vivono libere ma nella prigione della attesa,spesso sole davanti all'incubo che vivono,spesso chi si professava amico nemmeno piu ti parla,e se hai x giunta un figlio,la cosa si amplifica a mille,da sola tu prigioniera_libera,devi assolvere a cose che prima si facevano in due,e ora no,inoltre si assume un ruolo non solo di compagna,ma pure di chi manda avanti lottando ogni giorno con la giungla della burocrazia e della legge(se la vogliamo chiamare cosi)io non augurerei nemmeno al mio peggior nemico di vivere questi attimi,perchè con il tempo ci si abitua ma mai e poi mai si potranno dimenticare,perchè noi mogli,compagne,sorelle,madri,amiche di detenuti,viviamo la identica vita di chi è prigioniero in 4 mura.Un consiglio a chi mai ha vissuto queste esperienze:non perdete mai tempo inutilmente in cose futili,bensì assaporate la vita con chi amate ogni minuto della vostra giornata.
 
FRUZZOLINA77
FRUZZOLINA77 il 10/02/08 alle 21:52 via WEB
io testimonio solo un episodio,che mi è venuto in mente leggendo una delle testimonianze di qs donne:il 31 agosto 2007,il mio compagno,fu trasferito da Pesaro ad Ancona,senza alcun preavviso,non ha potuto nemmeno avvertire l'avvocato,stranamente io inviavo lettere ma non mi rispondeva..l'ho saputo da un monitaroggio da internet di un pacco inviato per posta celere,che invece che a pesaro era ad ancona,mi sono fatta coraggio,un poliziotto carino(l'unico che abbia trovato )capendo la mia angoscia mi confermò il trasferimento.Ecco,qs deve servire a fare capire a chi è tanto bravo a fare discorsi un pò banali del tipo:"mah il carcere è a 5 stelle,mah li si comunica benissimo con l'esterno",ciò non è assolutamente vero,almeno per i comuni e poveracci di detenuti,magari chi ha i quattrini corrompe il personale e ha tutto,e non è una mia idea,ma tutti sanno e nessuno ha il coraggio di parlare di tali cose.Anzi è bene chiamare le cose con il loro nome:esistono decine di migliai di persone incensurate in attesa anche di giudizio in custodia cautelare depositati li anche per una anno(dopo il quale se non c è riinvio a giudizio sono liberi ,rendiamocene conto oltre la beffa pure il danno):questi a casa mia si chiamano sequestri di Stato e nessuno ha la forza di denunciare e di ribellarsi a tali vergognose situazioni,ma come pecore preferiamo pagare le tasse ed ingrassare qs tipo di sistema giudiziario,Quando è che ci svegliamo????mah a qs domanda forse mai trovero una risposta adeguata.
 
Windness
Windness il 15/02/08 alle 13:30 via WEB
Mio marito è in carcere da tre mesi, per fortuna ho la possibilità di vederlo una volta a settimana e di ricevere una sua telefonata di 10 minuti( registrata tra l'altro).Il giorno di visita è giovedi mattina, io la sera prima preparo la biancheria pulita da portargli insieme alle riviste e libri e a qualcosa da mangiare.Mi faccio la doccia e poi vado a letto visto che la mattina dopo la sveglia suona alle sei. Io tra l'altro mi sveglio sempre prima che suoni, ho paura di non sentirla e di saltare la visita quindi almeno mezza ora prima sono già sveglia, un caffè veloce e poi salgo in macchina, direzione Padova, direzione Due Palazzi.Oramai per me è diventata una routine, i gesti sono sempre li stessi, lasciare il nome del detenuto in portineria, aspettare fuori al freddo che ti chiamino, le varie perquisizioni, e alla fine entrare nella stanza dove lui mi sta aspettando e saltargli letteralmente in braccio...e stringerlo forte a me per poter sentire così il suo calore ed il suo profumo. Un ora ogni volta, un ora che quando sono a casa da sola non passa mai ma quando sono da lui passa dannatamente in fretta.... troppo in fretta...rumori di chiavi e la porta che si apre, è ora di alzarsi, di darsi l'ultimo bacio, di dirsi ti amo e poi la guardia me lo riporta via...e io mi sento maledettamente triste e vuota... Esco dal carcere con una stanchezza ed un malessere enorme, salgo in macchina, un ultimo sguardo al palazzo grande e bianco e mi rimetto in strada con la sua biancheria sporca da lavare e con un immensa malinconia e tristezza addosso....
 
farfalla_libera_2007
farfalla_libera_2007 il 15/02/08 alle 20:54 via WEB
Ciao Geko, mi puoi dare un'indicazione quanto tempo passera' per avere l'autorizzazione del direttore per avere il colloquio con il mio compagno ? Grazie buona giornata. Un abbraccio
 
geko1963
geko1963 il 18/02/08 alle 08:49 via WEB
Ciao farfalla, non ci sono limiti di tempo per le questo tipo di decisioni, tutto dipende dalla disponibilità della direzione. Non so se lo avete già fatto ma la strada più semplice è quella interna, come per tutto ciò che riguarda i prblemi interni. Dovrebbe essere il tuo compagno a fare la richiesta di udienza urgente con il direttore specificando le motivazioni. Nello stesso tempo deve informare l'educatore del problema, sicuramente potrà parlare con il direttore in via preliminare. Attenzione: spesso le domandine interne non arrivano a destinazione (i motivi non si sanno mai) quindi dopo averla fatta, deve informarsi presso l'ufficio smistamento domandine se è tutto a posto, in caso contrario il mio consiglio è quello di fare per tre giorni consecutivi la stessa domandina, vedrai che ce la farà a parlare con il direttore. Io consiglierei di fare una piccola lettera da allegare alla domandina e spiegare la vostra situazione. Insistere, insistere, insistere, è questa l'unica strada percorribile senza conseguenze negative. E' stressante per chi è dentro, lo so, ma fatelo. In bocca al lupo. Saluti geko
 
 
farfalla_libera_2007
farfalla_libera_2007 il 18/02/08 alle 18:48 via WEB
Ciao Geko, seguiro' i tuoi preziosi consigli, spero il mio compagno abbia gia' fatto la richiesta di colloquio con il direttore, sinceramente spero di poterlo finalmente vedere e' passato un anno quasi.Ti racconto questa novita' al mio compagno hanno requisito le scarpe, io da casa ho inviato 2 paia di scarpe, 1 per loro era regolamentare, l'altro piu' costoso non andava bene.Ma va bene lo stesso ormai siamo abituati a tutto e le battaglie continuano.Un saluto
 
piamarto
piamarto il 22/02/08 alle 20:16 via WEB
ci siamo conosciuti che lui era già in carcere….......... come hai fatto a far si che ti venisse concessa la possibilità di ricevere le telefonate? per favore risondimi.
 
 
farfalla_libera_2007
farfalla_libera_2007 il 23/02/08 alle 19:49 via WEB
Ciao piamarto, ho letto la tua richiesta per le telefonate puoi travare tutte le risposte in questo blog NOTIZIE DA E SUL CARCERE scritto da Geko,compunque le telefonate devono essere richieste dalla persona ce si trova in carcere al magistrato che sta procedendo nei suoi confronti fino alla sentenza di primo grado,al magistrato di sorveglianza dopo la sentenza di primo grado e finche' non sara' definitivo, al direttore del carcere quando e' definitivo, puo' essere richiesta solo su un utenza di numero fisso come dice la mia cara amica fruzzolina. In bocca al lupo.Farfalla
 
FRUZZOLINA77
FRUZZOLINA77 il 23/02/08 alle 15:13 via WEB
di solito le telefonate,se uno è definitivo,vanno richieste al direttore,idem x i colloqui .....se uno è in attesa di giudizio,non voglio sbagliare ma la pratica passa dal magistrato di sorveglianza,ma deve essere lui a fare richiesta,sempre che non sbagli.cmq l'utenza deve essere un fisso e inoltre viene controllato se chi le riceve non abbia precedenti o non sia implicato nelle vicende in corso,inoltre se non erro,le telefonate sono registrate e di una durata di 10 minuti...per fortuna nella casa famiglia non esistono quaeste cazzate,scusate il termine...
 
piamarto0
piamarto0 il 24/02/08 alle 17:10 via WEB
Cara farfalla e frezzuolina, grazie per la risposta, ma temo che la mia domanda fosse poco chiara, una persona che non conosco, se non per lettera,tra l'alto condannata in via definitiva e rinchiusa in una specie di carcere "speciale", vorrebbe telefonarmi, la registrazione non sarebbe un problema visto che saremmo in due a registrare, ma il problema è che ci vuole un giustificato motivo per farla, allora mi chiedevo come l'autrice della letterera di cui sopra ci era riuscita. spero di essere stata chiara.
 
 
farfalla_libera_2007
farfalla_libera_2007 il 24/02/08 alle 19:26 via WEB
Ciao Piamarto, la persona detenuta deve fare la domandina al direttore del carcere se e' definitivo e specifichera' la motivazione, la tua utenza deve essere di rete fissa, poi verranno effettuati gli accertamenti e il direttore dara' il suo parere positivo o negativo.Il caso di Fruzzolina e' diverso lei telefona in una casa famiglia dove si trova il suo compagno.
 
piamarto0
piamarto0 il 24/02/08 alle 17:18 via WEB
ovviamente il per farla era riferito alla telefonata, ovvero che io abbia capito, se chiami a uno che non è un familiare ci vuole un giustificato motivo, quale è un giustificato motivo?
 
piamarto
piamarto il 24/02/08 alle 22:15 via WEB
non prenedtemi per pazza.......ma questa sera mi è tutto serenamente chiaro...ho aperto casualmente una pagina di un libro che da atea ho comprato in maniera ancora più casuale ...le parole che leggo sono ....... Credi a quanto ti è stato da me assicurato e non temere , pronunzia questo credo e non importa che credi a forza ed a punto di spirito. Il più bel credo è quello che si pronzia nel sacrificio ed in uno sforzo di violenza. Nel 2001 quando il mio corrispondente espistolare era un umile servo dello stato a me fu predetto da un umile malata ,curata nella casa sollievo della sofferenza che l'avrei conosciuto. Non so perchè lo scivo ma sento di farlo.
 
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IL MITO

 

HASTA SIEMPRE COMANDANTE GUEVARA

Il potere ha sempre paura delle idee e per arginare la lotta degli sfruttati comanda la mano di sudditi in divisa e la penna di cervelli sudditi. Assassinando vigliaccamente il Che lo hanno reso immortale, nel cuore e nella testa degli uomini liberi. Negli atti quotidiani di chi si ribella alle ingiustizie. Nei sogni dei giovani di ieri, di oggi, di domani!     

 

ART.1 L. 26 LUG 1975, N. 354

Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.

Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.

Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.

I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.

Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono copnsiderati copevoli sino alla condanna definitiva.

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reiserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. 

ART. 27 COSTITUZIONE

La responsabilità penale è personale.

L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalla legge (La pena di morte non è più prevista dal codice penale ed è stata sostituita con la pena dell'ergastolo)

 

TESTI CONSIGLIATI

Sociologia della devianza, L. Berzano e F. Prina, 1995, Carocci Editore.
Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza,
E. Goffman, Edizioni di Comunità, 2001, Torino.
Condizioni di successo delle cerimonie di degradazione
, H. Garfinkel.
Perchè il carcere?,
T. Mathiesen, Edizioni Gruppo Abele, 1996, Torino.
Il sistema sociale,
T. Parsons, Edizioni di comunità, 1965, Milano.
Outsiders. saggi di sociologia della devianza,
Edizioni Gruppo Abele, 1987,
Torino. La criminalità, O. Vidoni Guidoni, Carocci editore, 2004, Roma.
La società dei detenuti, Studio su un carcere di massima sicurezza,
G.M. Sykes, 1958. Carcere e società liberale, E. Santoro, Giappichelli editore, 1997, Torino.

 

 

 

 


 

 

 

 

 
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