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ABISSI OCEANICI

Post n°11 pubblicato il 06 Dicembre 2012 da OVIDIOPUBLIO
 

il soffio di una balenottera azzurra, fonte National Oceanic and Atmospheric Administration via Wikipedia.

di Riccardo Alberto Quattrini.

Un sommergibile oceanico, Classe Marconi della 2° Seconda Guerra Mondiale, era capace di pesare dalle 1.500 alle 2.000 tonnellate, la sua lunghezza poteva andare dai sessanta agli ottanta metri e la sua larghezza dai sette ai dieci metri. L’autonomia era di 10.500 miglia a otto nodi, e 110 miglia a tre nodi in immersione. Un sommergibile è costruito con piastre di ferro tenute ferme da un’infinità di chiavarde. Oltre che essere una macchina da guerra, capace di generare solamente morte, esso, una volta immerso, è un grosso contenitore d’acciaio che scivola lungo i fondali oceanici, non attirando nessun interesse da parte di tutte le specie animali che affollano l’oceano. Se poi, malauguratamente, dovesse affondare, si poserebbe sui fondali marini e inizierebbe la sua solitaria battaglia contro la ruggine, mentre alghe e licheni se lo fagociterebbero inesorabilmente.

Una balenottera azzurra, ordine Cetacei, misura dai quindici ai trenta metri e può pesare dalle cento alle duecento tonnellate. Possiede un corpo affusolato con la pinna dorsale di piccole dimensioni e di forma variabile e una larga coda, che gli serve per immergersi. Le pinne pettorali sono sottili e appuntite. Il colore del corpo è tra il blu e il grigio scuro, con delle chiazze più chiare che, nelle giornate di sole, quando nuotano subito sotto la superficie del mare, sembrano azzurre. La sua velocità in immersione può variare dai dieci ai trenta chilometri l’ora. Ora, questo mammifero è fatto di carne e la carne, si sa è mortale. Non si conosce con esattezza come muoia, se per mancanza di cibo, per sfinimento, o semplicemente perché è giunto il suo momento. Ed ecco che quando cessa di vivere, la balenottera azzurra inizia a discendere negli abissi infiniti dell’oceano, e mentre discende verso le tenebre sempre più fitte, pigra e lenta, cullata dalle correnti oceaniche, la sua carne s’imputridisce e rilascia un olezzo pestilenziale. Un afflusso di acqua marcia invade l’oceano, un puzzo che fiutano a migliaia di chilometri. I primi a percepirne quel tanfo sono gli squali e le anguille, divoratrici di carogne, perfetti e attrezzati spazzini, convergono verso quell’afrore, e iniziano il loro banchetto con criterio e professionalità. Affondano i loro denti acuminati in quella carne morbida e chiara. Lacerano, strappano, scarnificano, spolpano con metodicità. Le altre migliaia di commensali, di varie estrazioni sociali, che nel frattempo sono giunti, percorrendo anch’essi centinaia o migliaia di chilometri. Nemmeno si guardano. Nessuno di loro ha voglia di presentarsi, di fare conoscenza. Nessuno vuol sapere, da dove arrivi, cosa fa, noi diremmo che non conoscono il bon-ton. Quello di cui sono certi è che sarà un convito lungo, lunghissimo, potrà durare anche fino a cento anni, ed essi sono giunti fino lì per una sola cosa: mangiare, perché laggiù, nelle tenebre dell’oceano profondo, di carne tanto a buon mercato, ce n’è poca. I commensali s’ingozzano, vomitano, defecano, avanzi di cibo cadono sul fondo innescando altri invitati. E figliano, e i loro figli andranno alla ricerca di altre carcasse da spolpare, incuranti di tutto ciò che li circonda. Il tempo laggiù è infinito. Quando, dopo anni di tutta la carne è rimasta poca roba, ecco il secondo turno dei commensali. Sono piccoli, per lo più sono vermi, lumache, crostacei, molluschi, e hanno questi strani nomi: solenogastri, caudofoveata, poliplacofori, ma sono forniti di un apparato boccale formidabile, aiutati da ganci e uncini, che fissano alla carne, riescono così a spolparla, scarnificarla, e avanzano con pazienza e tenacia, in quella carne putrefacente, come provetti notorittidi. Naturalmente ne giungono a migliaia e, sapendo svolgere perfettamente il loro lavoro, ripuliscono la carcassa del gigante marino.

Ora, dopo anni, non resta che un’enorme impalcatura fatta di ossa. Ma anche per queste già avanzano i conviviali. Essi educatamente sono rimasti ad aspettare con tenace pazienza. Sapevano con certezza che sarebbe giunto anche il loro turno. Ora via, banchettiamo! Gridano felici, secernendo grandi quantità di una mucosa capace di scioglierle e trarne l’olio che ne contiene in grandi quantità. Scavano così profonde gallerie come perfetti minatori.

E’ finito?

Niente affatto. C’è ancora dolce, caffè e ammazzacaffè. Sono degli “agenti” sì, agenti patogeni e hanno la licenza di uccidere. I primi agenti sono in grado di assorbire, come delle idrovore l’ossigeno. Quando si è esaurito, questi si allontanano e, come perfetti chimici, ecco altri microrganismi, capaci di sostituire uno o entrambi gli atomi d’idrogeno e trasformare l’acqua marina in un nutriente solfuro. Grandissima festa per questi nuovi invitati, molto più prosaici e meno esigenti dei primi squali e anguille che hanno banchettato molti, molti anni prima.

Poseidone, giunto a osservare, con i rebbi, le dà un ultimo saluto, mescolando sotto il fondale melmoso, i pochissimi resti della grande balena azzurra.

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