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La Mia AvVeNTuRa...

Post n°7 pubblicato il 18 Luglio 2006 da Chihiro87

C'era una volta una bambina come le altre. C'era una volta una bambina come le altre che intuiva di essere diversa ma era ancora troppo piccola per capire in che cosa. Chiara aveva gli occhi azzurri del papà, Luca era alto come la mamma, Simone somigliava al nonno paterno e Marta e sua sorella Cristina si somigliavano tanto da sembrare gemelle. Questa bambina invece non somigliava a nessuno. Non si sapeva da dove avesse preso gli occhi indiani, ne i boccoli scuri, ne quella carnagione olivastra che in estate diventava di un bel marrone cioccolata. Ogni mattina la sua mamma le spazzolava la testolina ricciuta davanti allo specchio e con un bel nastro le faceva la mezza coda come la portava lei. Certe volte la piccola le chiedeva come fosse possibile che il papà fosse basso e rotondo, mentre lei esile e già molto alta per la sua età; come si spiegava il fatto che la sua mamma che ogni giorno le tirava su i capelli avesse la pelle color alabastro e la bocca stretta, mentre le sue labbra erano carnose e scure, scure come il resto del corpo. Un giorno mamma e papà le raccontarono una storia: qualche anno prima se ne stavano in casa quando sentirono suonare il telefono, era un avvocato, un'avvocato donna che disse loro che una stellina aveva finalmente mandato una bimba per loro, una Figlia. Quando ascoltava questa storia le si gonfiava il petto d'orgoglio, perchè nonostante non capisse bene cosa fosse un 'avvocato' ne come una stella avesse potuto catapultarla sulla terra, non era da tutti scendere dal cielo. Era speciale. Per anni raccontò la sua storia ai suoi amici, poi smise di farlo. Da ragazzina il bel racconto venne modificato qua e la e dettagli andarono ad arricchire quella che diventava mano mano una storia più verosimile ma meno poetica. La 'figlia della stella' smise di parlarne e di fare domande ai genitori, ai genitori che amava nonostante cominciassero ad essere meno sereni, più 'arrabbiati', meno affiatati. Smise anche di pensarci... non erano belle cose da pensare. Passarono gli anni e la protagonista della storia, ormai adolescente, da sola o con l'ausilio di stralci di dicorsi, di frasi sussurrate e di notti trascorse a ragionare, aveva realizzato un bel puzzle, il puzzle della sua venuta al mondo. Col tempo, insieme alla sua vita e al rapporto con la madre e il padre, cominciò a cambiare anche il disegno del puzzle. Ad un certo punto non era altro che l'insieme di tanti tasselli neri, al centro lei, in bilico tra il ieri e il domani... tutto buio. Il peso cresceva, la sua famiglia si sfaldava e dopo un viaggio, troppo lungo per essere raccontato, si trovò, una sera, seduta al tavolo di cucina insieme ai genitori come tanti anni prima. Questa volta il loro racconto simigliava più a una telenovela che a una fiaba per bambini:

C'era una volta una bambina. La stessa bambina che ogni mattina andava all'asilo con un nastro tra i capelli e la mezza coda. Molti anni prima però, così tanti che non solo sarebbe stata troppo piccola per capire la parola 'avvocato', ma troppo piccola persino per decidere se vivere o morire. Alicia era la sua mamma. Era giovane e la sua vita non andava bene, aveva tanti problemi- così dissero i narratori alla ragazza che ascoltava la storia della sua vita. Quando scoprì che nella sua pancia qualcosa stava crescendo ebbe paura e decise che quel qualcosa non voleva venire al mondo, decise che poteva arrogarsi il diritto di scegliere per lei. Una mattina andò in ospedale, dove qualcuno avrebbe cancellato, non con la gomma ma col bisturi, l'errore scritto nel suo ventre. La bambina però, che anche una volta cresciuta sarebbe stata allergica ai NO e agli ordini altrui, complice del destino, fece in modo che ciò non avvenisse. In ospedale Alicia incontrò una donna, un'avvocato donna, che la convinse a non diventare un'assassina, che la convinse a dare la possibilità a sua figlia (...) di vedere il mondo. La donna però era disperatamente ostinata, ostinata esattamente come un giorno sarebbe diventata la creatura che si ostinava a voler negare. L'avvocato la prese con se, la portò a casa sua e vegliò su lei e sull'essere che portava in grembo per evitare che quell'ostinazione diventasse pazzia, che facesse ciò che le aveva fatto giurare di non fare. Nove mesi sotto controllo, nove mesi aiutando una donna e la sua bambina che non sarebbero mai state 'mamma e figlia'. La bambina e il destino, però, continuavano ad architettare piani e decisero che non bastava non essere figlia di chi la teneva in corpo, voleva anche trovarsi il più lontano possibile da lei. Così fu. Maria si mise in contatto con persone che vivevano dall'altro lato dell'oceano, lontane dalle dorate Ande e dalla grande Buenos Aires, lontane dal palcoscenico di quella brutta, triste storia. Passarono i giorni, i mesi, poi il 24 marzo venne alla luce Susanna, venni alla luce io. Quelli che sarebbero diventati i miei genitori nel bene e nel male vennerò a prendermi a fine maggio e la prima cosa che dissero a Maria fu: "Chiedi ad Alicia se è sicura. Non vogliamo portar via la figlia a nessuno". E Alicia era sicura.

Questa la sintesi della mia avventura, questo l'inizio; col seguito ci sto facendo i conti ora. Vi racconterò quello che è successo dopo, vi racconterò quello che sta succedendo adesso, per il momento spero solo che alla fine della mia storia ci sarà un '...e vissero tutti felici e contenti'.

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