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Scommettiamo?
Paderno e il Villaggio Ambrosiano sono quartieri diversi ma non tanto da non poter camminare insieme!
Varie cose li uniscono: le due scuole dell'infanzia e le due elementari appartengono all'I.C. De Marchi, le due parrocchie dal 1° settembre 2007 formano un'unica Comunità Pastorale con un solo parroco.
La nostra scommessa è che possiamo crescere insieme, valorizzando le rispettive risorse e potenzialità.
VITTORIA!!!
La scommessa è un blog di Paderno Dugnano Responsabile Giovanni Giuranna (da giugno 2014 consigliere comunale per la lista civica Insieme per cambiare).
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Mercoledì 6 maggio presso la Basilica di S. Stefano a Sesto S. Giovanni, è stato celebrato dal Cardinale Tettamanzi il funerale di don Raffaello Ciccone, grande amico e punto di riferimento delle Acli milanesi. Riporto di seguito il discorso commemorativo pronunciato da Paolo Petracca, presidente di Acli Milano Monza Brianza:
Caro Raffaello,
quante lacrime e quanti bei pensieri sono scorsi in questi giorni per te.
Lacrime e pensieri non di rabbia ne di sconforto ma di rimpianto per le ultime parole e per la vicinanza che non siamo riusciti a porgerti come si doveva e di affetto per chi ha camminato con noi per un lungo tratto di strada, sostando e conversando discretamente con ciascuno di noi, ammaestrandoci su cosa la Parola di Dio insegna alla Vita, incoraggiando le nostre scelte laicali, sociali e politiche.
Sono sicuro che ti sono giunte tutte e che hai saputo apprezzarle perché in fondo dicevano una sola cosa: che tu sei stato il nostro Don, il Don delle Acli milanesi negli ultimi vent’anni ma anche un amico sollecito e attento delle acliste e degli aclisti - e dell’associazione nel suo insieme - sin dai tempi del tuo servizio presso la chiesa di Santo Stefano a Milano, alla fine degli anni cinquanta, dove avevi realizzato la tua piccola scuola di Barbiana (riproposta poi a Legnano ed anche nella comunità di Muggiano).
Santo Stefano come la Basilica che ci ospita oggi.
Quanti segni ha posto il tuo congedo sul nostro cammino, Raffaello.
Tu ci avresti esortato a decifrarli: la scomparsa alla vigilia del primo Maggio (un’aclista da Roma ha scritto: è andato a preparare la Veglia dei Lavoratori), il tuo corpo completamente scevro dalla tua “piaga” (quante volte ci hai spiegato il potere taumaturgico del Cristo), il tuo ritorno in una casa di Dio dedicata a Stefano, il martire giusto che non riusciva a tacere la verità anche quando questa era scomoda anche quando questa gli avrebbe procurato dei “guai”.
Ed infine il numero trenta (dieci volte tre) la conferma ellittica della tua testimonianza di fede: solida, incrollabile, a tutti evidente.
Ci sei stato maestro e sacerdote:
insegnandoci la preghiera del lavoro, il Padre Nostro;
esortando noi e i tuoi colleghi pastori a collaborare nella Parrocchia, per la Parrocchia e con la Parrocchia: perché le Acli fossero parte integrante della nostra Chiesa e la nostra Chiesa sapesse valorizzare il carisma di apertura e di dialogo con la società insito nel DNA della nostra associazione;
facendoci amare il Concilio e l’insegnamento sociale cristiano;
ma soprattutto, in piena sintonia col tuo predecessore e col Cardinal Martini, ci hai mostrato come la Parola frequentata quotidianamente è la fonte che davvero disseta ed è il fuoco che mai si estingue.
Più di ogni altra cosa tuttavia ci sei stato testimone.
Testimone di come il discorso della Montagna possa trovare incarnazione nella vita di una persona.
Sempre più mite infatti ti ha reso l’età,
la tua fame e sete di giustizia trasparivano dalla tenacia con cui hai sempre assunto gli ultimi come metro dell’edificazione della città dell’uomo,
i poveri sono stati da te prediletti fino a farti sobriamente e teneramente povero tu stesso,
nonviolento e costruttore di pace e quindi capace di leggere i conflitti e di suggerire quale soluzione trovare sempre avendo come stella polare l’equità,
sulla purezza del cuore, infine, parlavano i tuoi occhi e il tuo sorriso.
Ecco la tua icona caro Don: testimone del Risorto nell’insegnamento delle Beatitudini.
Caro Raffaello è giunto il momento di congedarci dalla tua presenza fisica tra noi ma non di congedarci da te.
Un amico, uno dei dirigenti che ti ha voluto più bene tra noi, mi ha donato le parole che tu hai scritto in occasione dell’ultimo saluto a tuo Padre.
Penso siano adattissime anche a questo rito di passaggio che stiamo celebrando oggi.
Scrivevi queste parole sorprendentemente difficili e dense:
“Credevamo di poterti salvare dai malanni che, improvvisi, si abbattono sulla vecchiaia ma non ci siamo riusciti e ci siamo trovati faccia a faccia con la morte.
Ci sostiene la fede nel Signore risorto che tante volte abbiamo dichiarato e accolto poiché è veramente la più profonda speranza che riscatta la solitudine e permette i grandi dialoghi nel silenzio.
La risurrezione e la presenza in Dio, che sa custodire, rendono vive le persone che abbiamo amato e ce le garantiscono gioiosamente accanto,
sapendole finalmente coscienti di tutto, capaci di capire debolezze, disponibili a utilizzare la loro nuova forza di intercessione, vicini ormai e consapevoli nel cuore Dio”.
Ora sei anche tu così e così per noi.
Il migliore modo per continuare il nostro cammino insieme sarà: far perseverare le nostre Acli e le persone che le animano nell’abbeverarsi alla fonte della Parola e provare anche noi, singolarmente e collettivamente, ad essere testimoni delle Beatitudini.
Ciao Don.
Ti serbiamo nel cuore e nei dialoghi del silenzio e ringraziamo il Signore per averti donato a noi e a coloro che hai incontrato.
Paolo Petracca
Presidente Acli Milano Monza Brianza
Occhi sul sociale (6 maggio): Il dono della sua amicizia (di Graziano Resteghini). Di questo articolo evidenzio un brano per me molto bello.
Un momento particolare della sua vita è stato quando il suo grande cuore lo ha tradito ed è arrivato a un passo dalla morte. Ricordo ancora quando andai a trovarlo a casa e lo trovai “trasfigurato”, quasi trasparente, spossato dagli interventi e dalla lunga convalescenza. Al termine del breve colloquio gli chiesi di recitare insieme una preghiera. Mi guardò e disse “diciamo il Padre Nostro”. Poi si bloccò e mi domandò quante sono le richieste che vengono fatte in questa preghiera: sentendomi un po' come un bambino a catechismo risposi sette. Allora prese a disegnare su un foglio una Menorah, il candelabro rituale ebraico. Poi mi disse: “Vedi, Gesù era un ebreo e la preghiera che ci ha insegnato riprende la sua conoscenza e la sua preparazione religiosa. Nella tradizione ebraica il numero sette rappresenta la completezza, ed è composto dal tre che significa Dio, tre volte santo, e dal quattro che simboleggia la terra, i quattro punti cardinali: in questa preghiera troviamo tre richieste che riguardano Dio e quattro che riguardano la vita degli uomini sulla terra. Sette è anche il numero dei bracci della Menorah. Se trasponiamo le sette richieste del Padre nostro sui sette bracci vedremo che la quarta richiesta, “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, corrisponde al quarto braccio che è anche il tronco centrale, e questo sorregge tutto il candelabro: se manca quello. crolla tutto. Anche l'uomo senza cibo non sta in piedi, ma per gli Ebrei il cibo era anche sinonimo di lavoro. Quindi è quel “pane quotidiano” la cosa più importante, ma non un pane che ci viene dato “gratis” ma il pane che, come ci ricorda la preghiera dell’offertorio, è “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”. Allora quando chiediamo “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” noi chiediamo a Dio Padre “Dacci un lavoro dignitoso per guadagnare il giusto necessario che ci renda veramente uomini e donne a tua immagine”. Quel giorno, in quell'intreccio di sapienza, di numeri, di grande carità ho conosciuto un Padre Nostro nuovo. Ecco questo è don Raffaello.
Circoli Dossetti (26 febbraio 2014): Il lavoro come ordinatore. Ebook gratuito di Giovanni Bianchi e Raffaello Ciccone
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