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Il tuo ricordo di Padre Aldo

Post n°1 pubblicato il 17 Marzo 2008 da amici.padrealdo

Questo spazio lo puoi usare per lasciare il tuo ricordo personale su Padre Aldo.

 
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Anonimo il 23/03/08 alle 17:19 via WEB
P. ALDO L'UOMO DELL'ENTUSIASMO. Sono onorato di parlare di P. Aldo. Si', perche' si parla sempre volentieri di un amico. Aldo e' stato un dono di Dio per la mia vita personale e anche per la mia diocesi di Maralal. E' una di quelle persone che quando la incontri ti lascia un segno positivo indelebile. Appena io ero arrivato nella missione di Wamba nel 1973, andavo spesso e volentieri in moto a trovare P. Aldo a Barsaloi dove lui stava iniziando una esperienza originale di pastorale nomade. Mi piaceva ascoltarlo perche' aveva il dono della parola e ti trasmetteva sempre il suo entusiasmo. Non era un uomo della noia e della abitudine. Ci credeva veramente a quello che faceva e a quello che sognava di fare e per me giovanissimo missionario lui era un esempio di missionario antico stampo, come avevo letto nelle riviste missionarie della mia giovinezza quando ero nel Seminario di Belluno. E poi, detto tra parentesi, sapeva anche cucinarmi dei buoni piatti di galline faraone e cinghiali che i suoi pastori gli portavano. Aldo era un uomo pratico, un operaio idraulico e saldatore, con i calli nelle mani e che sapeva costruire pozzi, dighe per l'acqua piovana, scuolette e chiese di cedro per i suoi pastori Samburu che lottavano contro una perenne siccita'. Gli piaceva pero' anche leggere e studiare alla sera al lume di candela e si teneva aggiornato su questioni attuali di teologia e di politica. Un prete operaio che si esprimeva benissimo su tutti gli argomenti, con il suo inglese e swahili da autodidatta. Poi quando ti incontrava ti faceva una testa e ti bombardava di domande impegantive: "Hai sentito l'ultima...? Cosa ne pensi tu...?". C'era P. Giuseppe Ramponi che lo stuzzicava spesso per avere informazioni di antropologia e etnografia sui costumi dei pastori samburu che Aldo conosceva molto bene. Parliamo ora della pace. Quando nel luglio 2001 io dovevo scegliermi un motto per il mio stemma di novello vescovo, andai da P. Aldo. Ci confessammo a vicenda e poi io gli diedi una penitenza strana: "Consigliami un motto e uno stemma episcopale adatto per la nostra nuova diocesi di Maralal." Mi disse: "In questa diocesi il problema numero uno che ci interpella seriamente come Chiesa e' la Pace tra le tribu' ". Sapeva benissimo quello di cui parlava. Infatti il distretto samburu negli ultimi anni stava ritornando indietro anziche' avanzare nel progresso. Scuole, chiesette e villaggi interi venivano chiusi a motivo della insicurezza provocata dalle continue lotte tribali e razzie di bestiame. Una volta i pastori usavano le lance ma ora usano i mitra. Aprimmo la bibbia e ci venne a tiro il versetto del profeta Isaia, al capitolo undici, dove si parla del Salvatore unto da Dio che porta la riconciliazione: anche il leone e la pantera vivranno pacificamente insieme all'agnello e alla vacca. Questo divento' il mio disegno e il mio motto episcopale. Ci mettemmo subito al lavoro insieme per organizzare incontri, preghiere e feste per la pace tra Samburu, Turkana e Pokot. Qui si potrebbe parlare a lungo sulla pace che divento' un assillo continuo per P. Aldo. La pace non si conquista in un solo giorno ma e' un lungo cammino, fatto di tantissime sconfitte. Ultimamente Aldo mi confidava: "La pace costa, costa molto (anche in soldi). In questi 20 anni che sono qui' a Morijo, piu' di venti volte ho sentito le pallottole fischiare sul mio tetto... Ma io non mi arrendo." Quando la malattia gli toglieva il respiro negli ultimi anni, io gli dicevo: "Io, tuo vescovo, non ti do ancora il permesso di morire perche' c'e' ancora bisogno di te per lavorare per la pace". E lui rideva. Gli ricordavo spesso la frase di S. Martino sul letto di morte: "Signore, se il mio popolo ha ancora bisogno di me, io non rifiuto il lavoro. Sia fatta la tua volonta'". Si', P. Aldo non ha mai voluto andare in pensione, anche se i suoi superiori cercavano di convincerlo. E' morto sfinito, perche' avendo amato i suoi li amo' sino alla fine (Gv. 13,1) proprio come Gesu'. Caro Aldo, ogni mattina quando dico la Messa uso ancora il tuo calice di Betlemme. Tu non potrai piu' uscire dalla mia vita, tu l'uomo dell'entusiasmo. (vescovo Pante)
 
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