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CONTRATTO A TERMINE: LE PRECISAZIONI DEL MINISTERO DEL LAVORO


Chi segue questo blog per gli aggiornamenti contabili, fiscali e del lavoro conosce già le principali modifiche apportate dal Decreto Dignità alla normativa previgente. Mi riferisco naturalmente al contratto a termine e al fatto che - dal 1° novembre 2018 - è ormai scaduta la disciplina transitoria e quindi vanno applicate le nuove regole.Con la circolare n. 17/2018 il Ministero del Lavoro - interpretando la normativa in oggetto - ha fornito alcune precisazioni. Innanzitutto ha stabilito che - ferme restando le ragioni oggettive da fornire quando si superano i 12 mesi - la durata di 24 mesi rappresenta un limite invalicabile (salvo ulteriori 12 mesi le cui ragioni vengono vagliate dall'Ispettorato del Lavoro). Il limite in oggetto non può essere superato dallo stesso lavoratore per le medesime mansioni e lo stesso livello di inquadramento (con lo stesso datore di lavoro), neanche facendo ricorso a più contratti oppure ad un'alternanza di contratti a termine e di contratti di somministrazione.Resta sempre la possibilità per i contratti collettivi di variare (anche in aumento) la durata massima di 24 mesi. Inoltre i contratti collettivi che oggi consentono una durata superiore a 24 mesi (in quanto redatti o rinnovati prima del Decreto Dignità) sono validi fino a scadenza. Quindi per i lavoratori che operano in quei settori è ancora possibile usufruire di contratti più lunghi. Quando il CCNL in questione verrà rinnovato, recepirà necessariamente le nuove regole del Decreto Dignità. Le ragioni oggettive (da fornire se si vogliono superare i 12 mesi) sono talmente vincolanti che rappresentano - di fatto - casi eccezionali (salvo la possibilità di assumere per sostituire altri lavoratori). Entro i 12 mesi il contratto resta acausale, ma se il datore di lavoro intende usufruire di benefici contributivi, dovrà comunque indicare obbligatoriamente la causale. Resta il maggior costo del contratto a termine: 1,40%, a cui si aggiunge lo 0,50% ad ogni rinnovo. A tal proposito, il Ministero del Lavoro ha lasciato intendere che una proroga con giustificazioni diverse rispetto a quelle originarie equivarrebbe ad un nuovo contratto e quindi sarebbe gravato dello 0,50% dovuto sui rinnovi. Infine, proprio il maggior costo e le causali vincolanti vengono indicate - da molti - come i motivi che hanno determinato una riduzione notevole dei contratti a termine. Sia i datori di lavoro che i lavoratori si aspettano quindi una riduzione degli oneri aggiuntivi e una "semplificazione" delle causali. Vedremo cosa succederà, vi terrò aggiornati.Walter CaputoAutore di corsi di Paghe e contributi, Contabilità e Controllo di gestione