Dicevamo dunque:
PERCHE' I NAUFRAGHI SENTIVANO BENISSIMO LA NAVE, E LA NAVE NON SENTIVA LORO?
(La nave era la "Città di Milano" ancorata alla Baia del Re alle Svalbard ed i naufraghi si trovavano sulla banchisa polare, ad un centinaio di chilometri di distanza).
Questo accadeva per tre buonissimi motivi:
- Innanzitutto vi erano da spedire gli articoli che i giornalisti accreditati inviavano alle redazioni, ognuno con la propria personale fantasiosa opinione sulla sorte della spedizione (bastava che il titolo da mettere in prima pagina fosse ad effetto, e possibilmente tragico).
- Poi c'erano tutti i messaggi personali dei componenti l'equipaggio; la priorità e durata dei quali erano direttamente proporzionali alla posizione gerarchica di chi li inviava.
- Poi venivano i lunghi comunicati ufficiali del Comandante Romagna, il quale, pur per ora non apertamente ostile a Nobile, non voleva pestare i piedi a nessuno a Roma ed aveva subito sposato la comoda tesi che nessuno del dirigibile era sopravvissuto alla caduta sul pack, e quindi tanto meno nessuno aveva una radio funzionante a disposizione.
- Quindi, perchè perdere tempo ad ascoltare?
Romagna era inoltre del tutto ignorante in fatto di comunicazioni radio, contrariamente a bravissimi operatori che si trovavano a bordo ma che non avevano alcuna autorità nello stabilire i turni di sorveglianza sulle frequenze di ascolto né sull'uso di questo nuovo miracoloso strumento, che, allora come adesso, diventa miracoloso solo se in mano a persone affidabili.
E' interessante notare come durante il periodo del disastro, Marconi si trovasse a bordo del suo panfilo Elettra*** e proprio il Padre della radio fosse costantemente sintonizzato sui messaggi provenienti dalla "Città di Milano": ebbene, oltre il 90% dei comunicati ricevuti riguardavano questioni private degli ufficiali e dell'equipaggio, tant'è che in seguito Marconi ebbe a dire:
-"Non c'è affatto da meravigliarsi che nessuno degli SOS dei superstiti dell'aeronave sia stato ricevuto dagli operatori radio della "Città di Milano. Quegli individui non stavano certo prestando alcuna attenzione a segnali esterni di soccorso!"-.
A leggera discolpa (molto leggera...) si può forse considerare che la nave appoggio era un po' troppo vicina ai naufraghi per la lunghezza d'onda usata (33 m) e poteva essere in zona d'ombra per i segnali e per di più in territorio polare, dove per gli effetti della propagazione le comunicazioni radio in onda corta sono sempre problematiche anche adesso; poi si può considerare la debole potenza di trasmissione della stazione campale rispetto a quella della nave, anche se tutti i radioamatori sanno che la potenza non è mai determinante per il collegamento, rispetto “al manico”, ovvero alle capacità di chi opera.
Infatti, quando poi si volle ascoltare seriamente, si sentì tutto quello che c'era da sentire, compreso Biagi dalla Tenda Rossa che si sgolava da un mese, sperando che le batterie tenessero un po’ di carica!
La storia rimane drammatica anche dopo il salvataggio di Nobile da parte del pilota norvegese Lundborg, per le conseguenze umane che ciò comportò per il Generale, destinato fin dall'inizio a diventare o un eroe nazionale o una pezza da piedi; il trattamento disgustoso (la sua colpa era di essere in quel momento un perdente) che egli subì già a bordo della nave appoggio e poi in seguito a Roma da parte delle gerarchie fasciste è cosa che può essere approfondita per chi abbia voglia di rileggersi queste pagine di "gloria" italiana.
Col senno di poi, si può considerare che gloria fu davvero, sia per chi morì che per coloro che sopravvissero agli stenti, ai pericoli, alle colpevoli manchevolezze di chi avrebbe potuto fare e non fece per inettitudine o servilismo, lasciando ancora una volta al "volontariato" l'ingrato compito di risolvere le situazioni penose.
Bibliografia:
Giuseppe Biagi - Biagi racconta... - Mondadori 1929
Wilbur Cross - Disastro al polo - Corbaccio 2000
Alfredo Nobile - La verità in fondo al pozzo - Mondadori 1978
R. Samoilovic - S.o.s. nel Mare Artico - Bemporad 1930
Cesco Tomaselli - L'inferno bianco - Nordpress 1998
Alfredo Viglieri - 48 giorni sul Pack - Mondadori 1929
... e altri che ora mi sfuggono
***[Un piccolo appunto sull'Elettra, il panfilo marconiano, quello delle luci di Sidney.
La nave, requisita dai tedeschi dopo l'8 settembre, fu bombardata e arenata a Zara. Fu poi recuperata e restituita all'Italia nel 1960 e tenuta i semiabbandono a Trieste e Venezia fino al 1977 quando... fu fatta a pezzi dal governo italiano.
Mancavano i soldi per il restauro. Da noi mancano sempre i soldi per certe cose.
Per altre invece ci sono sempre, a volontà. Nessun problema.
Alla fine tutto fu in regola. C'era la firma del ministro per legalizzare lo scempio? Eccome se c'era! E allora... all'attacco con la fiamma ossidrica!
Se fosse stata salvata e trasformata in nave-museo, ora tutto il mondo (civile) ce l'invidierebbe.
A Londra, a Stoccolma, a San Pietroburgo, a Oslo ho sempre fatto la coda per visitare navi-museo.
Ho sempre pagato e contribuito, come milioni di altri visitatori, al loro salvataggio fatto anni prima da persone intelligenti.
Qui, ai miei e agli altrui soldi (successivi) hanno preferito lo scempio (preventivo)].