Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

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Sintesi della Lophine

Post n°68 pubblicato il 30 Dicembre 2010 da paoloalbert

Come anticipato a Natale e con mia personale soddisfazione devo tirare in ballo ancora una volta il simpatico Aleksandr P. Borodin, il quale cita nella sua prima relazione scientifica (1859) le ricerche effettuate sull'idrobenzamide e sui suoi derivati amarina2,4,5-trifenilimidazolo.

Quest'ultima sostanza è chiamata "lophine" ed è stata la prima sostanza chemioluminescente storicamente studiata da Radziszewski nel 1877.
Sulla chemioluminescenza dirò solo due parole la prossima volta.

L'idrobenzamide per riscaldamento a 130° ciclizza per riarrangiamento prima in un composto detto "amarine" e successivamente, spingendo la temperatura a 300° si deidrogenizza a trifenilimidazolo, cioè a "lophine".
Per questa sostanza la generazione di luce avviene per ossidazione sugli atomi di carbonio 4 e 5, aprendo il doppio legame tra i due fenili laterali e inserendo un ossigeno con gli elettroni attivati.
La sintesi migliore della lophine non è quella proposta, ma ha come reagente di partenza il benzile 1,2-diphenyl-1,2-ethanedione (C6H5-CO-CO-C6H5), il quale però è molto meno comune della benzaldeide e pertanto riporto la sintesi che ho seguito, interessante soprattutto dal punto di vista puramente storico.

Procedura

La fase seguente va eseguita in modo opportuno poichè vengono emessi vapori tossici ed irritanti.
Porre 5 g di idrobenzamide in una capsula e scaldare cautamente, mescolando col bulbo di un termometro da 350°; la sostanza prima schiumeggia, fonde ed emette abbondanti vapori, formando un liquido più viscoso, giallo.
Continuando il riscaldamento, con le opportune cautele, il prodotto diventa più viscoso e scuro; al punto in cui si fa più insistente l'emissione di fumo acre, tenere così per qualche secondo, cercando di non arrivare al punto di eccessiva decomposizione e poi lasciar raffreddare.
Staccare la crosta resinosa, simile alla colofonia, molto elettrizzabile e polverizzarla in un mortaio, oppure scioglierla con etanolo bollente e conservare la soluzione (a freddo separa parzialmente la lophine perchè poco solubile).
Resa circa 3 g di "crude lophine", ovvero molto grezza, non purificata, non certo quantificabile (con i miei mezzi) la % di trasformazione, che ritengo però non elevata.
Si presenta come una polvere gialla amorfa.

 

Lophine

 

La prossima volta vedremo come visualizzare la chemioluminescenza della lophine... ancora un po' di pazienza!

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Commenti al Post:
mmcapponi
mmcapponi il 30/12/10 alle 10:53 via WEB
"...mescolando col bulbo di un termometro da 350°..." - la pratica di lab universitario mi fa storcere il naso di fronte a questa cosa (non però quella di lab "pre-quantomeccanico"); al di là di questo dettaglio operativo, questo post ha confermato la mia successiva intuizione sulla fotochimica del 2,4,5-trifenil-imidazolo. Vai così, PA!
 
 
paoloalbert
paoloalbert il 30/12/10 alle 21:25 via WEB
Sapevo che il particolare era "critico" e che non ti sarebbe piaciuto, ma direi che il metodo è difficilmente sostituibile... soprattutto in un lab esattamente pre-quantomeccanico, che è già una definizione molto ottimistica!! Bravo per la preveggenza, come vedi il metodo era "termico"!
 
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