Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Agosto 2012

Tutta colpa delle macchie solari

Post n°195 pubblicato il 28 Agosto 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Quest'estate ho fatto poca chimica sperimentale per colpa di qualcosa che sembrerà strano.
Di che cosa? Delle macchie solari...
 
Il fatto è che oltre all'hobby dell'ingarbugliare molecole ho anche quello delle comunicazioni radio a lunga distanza, che in ambito radioamatoriale si definiscono con l'abbreviazione DX.
DX è quindi sinonimo di collegamento impegnativo, lontano, raro... tendente al difficile insomma.
Se poi il contatto tra due stazioni radio assomma tutti e tre gli aggettivi di cui sopra, allora è proprio un DX per eccellenza (anche se come si sa le eccellenze capitano di rado in tutti i campi).
 
Dico due parole sul mondo radioamatoriale, della cui categoria faccio parte.
Questa variegata categoria comprende un campione veramente totale di varia umanità, indistinta per razza, livello di cultura, età, appartenenza a tutti i popoli e ceti sociali, eccetera, e copre, tra autoctoni ed alloctoni, proprio TUTTE le località del nostro pianeta, dal Burkina Faso all'Antartide.
Un campione statistico mondiale abbastanza perfetto, se così si può dire.
E' ovvio che in un insieme così vasto ed eterogeneo ci saranno all'interno varie "specializzazioni", anche molto diverse tra di loro, che hanno in comune solo il fine "di collegare qualcuno via radio". 
Gli scopi del collegamento sono vari: vi è chi predilige essenzialmente chiacchierare con qualcuno (la maggioranza), chi trova entusiasmante il DX, chi sperimenta ed autocostruisce anzichè comprare tutto già fatto, chi abbina la radio ed il computer per i nuovi collegamenti digitali, chi la telegrafia (col tasto morse) anzichè la fonia (col microfono), chi usa un campo di frequenze piuttosto che un altro, chi fa un mix di tutto quello che ho detto e così via.
Come prediligere la chimica organica anzichè l'inorganica, i composti dello zolfo a quelli dell'azoto, l'analitica al posto della chimica fisica e via in mille diramazioni... insomma ci siamo capiti. 
 
Le frequenze a disposizione dei radioamatori sono uguali praticamente in tutto il mondo e distribuite in una ventina di bande in uno spettro estremamente ampio, che non è il caso di citare in questa sede; dico solo che vanno dalle onde lunghe (circa 150 KHz) alle onde centimetriche (circa 50 GHz).
Quelle che a me interessano maggiormente sono tutte allocate nello spettro delle onde corte, dai 1,8 ai 50 MHz, e sono quelle che permettono i famosi DX di cui parlavo all'inizio.
(Non è proprio esatto in realtà, ci sono particolari "DX" in quasi tutte le gamme, ma devo semplificare notevolmente il discorso).
 
Sì, ma cosa c'entrano le macchie solari con tutto ciò? C'entrano, c'entrano eccome!
Appena riavrò Internet per un'altra mezz'oretta giustificherò il titolo...

 
 
 

Una preparazione da Ferragosto 2012

Post n°194 pubblicato il 26 Agosto 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Chiamare "sintesi" questo esperimento è un po' pretenzioso: è talmente semplice che mi accontento del più modesto termine "preparazione".
Per come l'ho condotto io però quello che proprio ci vuole è un vero Ferragosto 2012, coi suoi 30-35 gradi costanti e un sole che spacca le pietre da mattina a sera.
Senza queste eccezionali condizioni meteo, uguali a quelle del famigerato 2003, scommetto che l'esperimento sarebbe stato una ciofeca e avrebbe probabilmente prodotto una schifosa pastella giallastra.
Dal prosieguo si capirà il perhè.
 
Ho vicino al lab quel famoso (famoso per questo blog!) muretto di cemento che uso come sostegno per la foto finale di quasi tutti i prodotti delle sintesi che faccio; in questo periodo me lo trovavo tutti i giorni talmente arroventato che il pensiero è corso a cercare un esperimentino che avesse bisogno di tutta quell'energia "evaporativa" (per di più del tutto gratuita) per la sua esecuzione.
Mi è venuto in mente di fare la classica condensazione ammoniaca-formaldeide che conduce all'esametilentetramina.
Io chiamo questo prodotto col vecchio nome di urotropina, dato che un tempo era usato come disinfettante delle vie urinarie ed il termine mi è sempre rimasto in mente.
 
Non ho seguito tante procedure più o meno sofisticate per aumentare un pochino la resa: sono andato giù di brutto come l'istinto mi suggeriva... verrà quello che verrà, mi son detto.
(E' uno dei rarissimi casi in cui il prezzo dei componenti non incide certo sul bilancio famigliare!).
La reazione in gioco è la seguente:
 
6 HCHO + 4 NH3 -> C6H12N4 + 6 H2O
 
Osserviamo la bella struttura del prodotto ciclico risultante:

 

Esametilentetramina 1 

 
Allora, in una di quelle roventi giornate di questa estate, ho semplicemente mescolato lentamente 200 ml di ammoniaca al 30% con altrettanti di formaldeide, più o meno della medesima concentrazione.
La reazione è discretamente esotermica, ma non ho nemmeno raffreddato.
Ho messo poi il becher (bello grande, almeno da 600 ml) sul muretto, lasciandolo evaporare per una settimana sotto un sole insopportabile per qualsiasi cristiano.
L'evaporazione è molto lenta e faticosa perchè l'urotropina è molto solubile in acqua e tende a trattenerla sempre più man mano che la concentrazione aumenta.
Per quello dicevo che serve un Ferragosto di quelli giusti...
 
Alla fine il liquido si era ridotto a qualche decina di ml, con parecchio prodotto precipitato dalla soluzione satura sotto forma di cristallini bianchi.
A questo punto ho filtrato e separato la prima aliquota di prodotto, dato che è inutile insistere con l'evaporazione spontanea nemmeno sotto quelle luciferine condizioni.
Per estrarre tutta, o quasi, l'esammina occorre procedere per evaporazione sotto vuoto.
Messa la soluzione in una beuta da vuoto, scaldando leggermente e collegando la pompa ad acqua si ottiene una ebollizione vigorosa, che con un po' di pazienza porta all'eliminazione quasi completa dell'acqua e alla precipitazione praticamente di tutto il prodotto.
Ho filtrato ancora, riunito tutto il solido ancora abbondantemente umido su una carta da filtro e... via sotto il sole ancora una volta, da mane a sera con 34 gradi all'ombra...

 

Esametilentetramina 2

 

Ecco finalmente 32 g di prodotto finito (circa 72% di resa), bello cristallino, inodoro e bianco come neve zuccherina, esattamente come... non ci si aspetta da una procedurra improvvisata e della quale si faceva  in partenza poco conto.
L'hexamine sublima senza fondere e brucia con fiamma pallida, senza lasciare residui (è un componente di tavolette combustibili da campeggio).
 
Avevo già questa sostanza nel mio reagentario, ma ne aggiungo volentieri anche questa di autosintesi, mettendoci sull'etichetta, oltre ai soliti dati, anche la fondamentale dicitura:

                           "estate 2012 fecit!".

 
 
 

Sintesi del 4-(4'-Idrossi-3'-metossifenil)-3-buten-2-one

Post n°193 pubblicato il 18 Agosto 2012 da paoloalbert

Il nome altisonante di questa sintesi non rende giustizia alla sua discreta semplicità; è una sintesi carina e di soddisfazione nei risultati, anche se alla fine c'è "un'inezia" che personalmente avrei preferito non ci fosse: il doppio legame nella molecola!
Sì, perchè proprio questo differenzia il prodotto che andremo a preparare dallo zingerone, la sostanza che dà l'aroma allo zenzero, e come si sa io ho un debole per le molecole odorose.

 

4-(4'...one 1

 

Si tratta di una condensazione aldolica (ved. altrove), simile a quella presentata tempo addietro tra l'acetone e la benzaldeide per la sintesi del dibenzalacetone.
Lavorando stavolta in eccesso di chetone la condensazione con l'aldeide avviene da un solo lato del chetone stesso, e quindi, mettendoci a cavallo del carbonile -CO-, la molecola sarà asimmetrica.
 
In questo caso come aldeide è stata scelta l'odorosa vanillina (4-idrossi-3-mettossibenzaldeide), quella polverina bianca che la nonna metteva e mette nelle torte, mentre il chetone è sempre quel solvente che la sorella usa (usava) per togliersi lo smalto dalle unghie, cioè l'acetone.
Tutta roba semplice quindi, che potremmo trovare perfino al supermercato.
 
(Magari! Non credeteci... l'acetone puro chi lo trova più al supermercato? E attenti: scommetto un set completo di beute nuove che fra poco perfino la vanillina sarà considerata tossica e fuorilegge. 
Fuorilegge e introvabile come mille altre cose e diecimila idiozie correlate, che se ci penso mi viene l'orticaria!).


 
4-(4'...one 2


 
Materiale occorrente:
 
- Vanillina
- Acetone
- Sodio idrossido 
- Acido cloridrico
- Etanolo
 
In una beuta da 150 ml sciogliere 2,5 g di vanillina in 10 ml di acetone e preparare a parte una soluzione di 1 g di NaOH in 10 ml di acqua. 
Aggiungere questa soluzione alcalina a quella di vanillina; inizia subito la reazione di condensazione tra l'aldeide ed il chetone e la soluzione assume una colorazione gialla.

 

4-(4'...one 3

Dopo qualche minuto, se non si agita, si nota la formazione sul fondo di liquido rosso che si separa ma che si ridiscioglie semplicemente agitando. 
Porre la beuta su agitatore magnetico e lasciarvela per mezza giornata e ripetere l'operazione il giorno seguente; la colorazione del liquido diventa via via più rossa, fino a molto scuro dopo molte ore.

4-(4'...one 4

Alla fine aggiungere 50 ml di acido cloridrico al 10% e continuare ad agitare per circa un quarto d'ora. 
In seguito al mescolamento acido la soluzione intorbidisce sempre più fino al formarsi di una sospensione; sul fondo saranno dei granuletti più scuri, che vanno decantati, lavati e raccolti a parte.

4-(4'...one 5

 

Il solido filtrato si presenta microcristallino e di color verdino pallido.

4-(4'...one 6


A questo punto dare una lavatina con acqua, asciugare fin che si può per aspirazione d'aria e predisporre il solido per la purificazione per cristallizzazione.
Ho provato vari metodi di cristallizzazione da etanolo/acqua in varie percentuali ed alla fine quello che mi ha più soddisfatto è il seguente: in un becker da 100 ml sciogliere il prodotto in 50 ml di acqua molto calda, aggiungendovi a piccole porzioni qualche ml di etanolo fino ad ottenere una soluzione perfettamente limpida all'ebollizione.

Coprire il becher con vetrino d'orologio e lasciar raffreddare lentamente ed in riposo per qualche ora, fino a cristallizzazione completa.
Dai granuletti scuri prima raccolti si può recuperare in questo modo ancora un po' di prodotto, sfiorando con una striscia di carta da filtro il liquido catramoso che affiora bollendo.
Fltrare ancora alla pompa, lavando alla fine con un po' d'acqua fredda.

Lasciando asciugare all'aria il 4-(4ì-idrossi-3'-metossifenil)-3-buten-2-one si presenta sotto forma di bei cristallini aghiformi (o anche fogliette leggere, dipende dalle modalità di cristallizzazione) di colore giallo limone, quasi inodore.

 

4-(4'...one 7


La resa è stata 1,6 g ovvero circa il 50% del teorico, non molto, avendo sacrificato del prodotto durante le fasi finali; ho misurato (due volte) il punto di fusione ed è risultato di 128°; sarebbe interessante avere un riscontro bibliografico per avere un'idea più precisa della purezza.
Ho fatto questa sintesi un paio di volte, essendo un po' impegnativa nella fase finale di purificazione e cristallizzazione, che è molto "didattica" e dove c'è da sbizzarrirsi (e perdere resa...) nella sperimentazione.
 
Come si potrebbe saturare quel fastidioso doppio legame e trasformare il "buten-" in "butan-" -one e sentir così l'aroma dello zenzero?
I metodi che ho trovato sono tutti largamente inacessibili (per me) perchè coinvolgono reagenti costosi che non ho alcuna intenzione di avere (saturazione con idrogeno su palladio/carbonio..., atmosfere di argon e via di questo passo...).

Mi accontento pertanto di tenermi questo chetone così com'è con la sua bella insaturazione, e lo aggiungo ai personaggi della mia compagnia delle sintesi.

 
 
 

Sintesi del Cloruro di acetile

Post n°192 pubblicato il 06 Agosto 2012 da paoloalbert

Mi piacciono le sostanze particolarmente "reattive": sono attrici dinamiche e vivaci, sulle quali si può contare quando c'è da imbastire una bella commediola che abbia come trama una sintesina di chimica organica.
Ecco perchè il cloruro di acetile (come il cugino cloruro di benzoile) non può mancare tra i personaggi fondamentali di un home-lab versatile e pronto a reagire con efficienza alle richieste imprevedibili del proprio "gestore", che può svegliarsi una mattina e dire: -"oggi proviamo a fare..."

Acetilcloruro 1


Materiale occorrente:
 
- tionile cloruro SOCl2
- acido acetico CH3-COOH

- vetreria opportuna
 
Acetilcloruro 2In un pallone a due colli da 250 ml porre 80 ml di cloruro di tionile SOCl2 e in un imbuto gocciolatore 52 ml di acido acetico glaciale CH3-COOH.
Predisporre il setup sotto cappa o in ambiente opportuno con refrigerante allhin alla bocca del pallone, riscaldare a 45° e aggiungere l'acido acetico lentamente goccia a goccia agitando; ad ogni goccia si ha istantanea emissione di SO2 e HCl gassosi, che formano una caratteristica fumata alla bocca del refrigerante.

 


Acetilcloruro 3

 

Nel mio caso la "cappa" è costituita da una finestrella che si apre direttamente sul tetto dell'edificio dove ho il lab e che quasi sempre produce una utilissima corrente d'aria aspirante verso l'alto, come una perfetta cappa naturale.
Le foto sono molto esplicative in tal senso.

 

 

 

 

Acetilcloruro 4

Quando tutto l'acido è stato introdotto nel pallone, scaldare a riflusso per mezzo di un bagno d'acqua a 60-65° finchè non si ha più emissione di fumi bianchi (circa un'ora). 

Sostituire l'allhin con un condensatore Liebig e distillare raccogliendo fino a circa 65°

 

 

Il residuo, cAcetilcloruro 5ontenente chissà quali sottoprodotti clorurati, è estremamente irritante e lacrimogeno.
Ridistillare il prodotto, raccogliendo fino a circa 55-57°
Purtroppo la resa ottenuta in acetilcolruro è molto scarsa, circa il 30%; ritengo (ma è solo un'idea non confermata) che essendo un prodotto molto volatile parecchio se ne vada durante il riflusso assieme ai gas acidi, nonostante il refrigerante.
Altro se ne perde con le due distillazioni se si vuole un prodotto decentemente puro.
P.e. 52°, d.1,10

 

Acetilcloruro 6

 

Questo cloruro acilico si presenta come un liquido incoloro mobilissimo fumante all'aria (si idrolizza istantaneamente ad acido acetico ed acido cloridrico), di odore estremamente acre ed irritante, corrosivo, da maneggiare con molta cautela ma utile in tante reazioni di acetilazione.
Ha avuto l'onore di una bella bottiglietta ambrata e con tappo smerigliato, come si conviene per i reagenti "nobili" e attaccabrighe come sono tutti gli alogenuri acilici.

 
 
 

Gli alogenuri acilici

Post n°191 pubblicato il 01 Agosto 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Gli alogenuri acilici sono reagenti fondamentali per la chimica organica per una nutrita serie di sostituzioni nucleofile, che avvengono ognuna nelle condizioni adatte.
Sono formati dall'unione di un alogeno con un radicale acido R-CO- e quindi la formula generale è R-CO-X, dove X è spesso il cloro (ma all'occorrenza anche F-Br e I).
In genere sono liquidi molto reattivi, fumanti all'aria e di odore estremamente acre e irritante; sono materiali da usare con attenzione e cautela.
 
L'alogenuro acilico tipico è il cloruro di acetile CH3-CO-Cl, che prendo come cavia per gli esempi sottostanti:
 
- per idrolisi in ambiente basico danno l'acido corrispondente (sotto forma di sale alcalino) da cui sono derivati;
es. acetile cloruro + idrossido di sodio --> acetato di sodio (e da questo --> acido acetico) CH3-COOH
 
- con un anione carbossilato (il sale di un acido) in ambiente etereo danno le anidridi, anche asimmetriche;
es. acetile cloruro + sodio propionato --> anidride propionacetica CH3-CO-O-CO-CH2-CH3
 
- per alcolisi in ambiente basico o in piridina danno l'estere corrispondente;
es. acetile cloruro + metanolo --> metile acetato CH3-CO-OCH3
 
- per ammonolisi con ammoniaca danno le ammidi;
es. acetile cloruro + ammoniaca --> acetammide CH3-CO-NH2
 
- per "amminolisi" con ammine primarie e secondarie danno le ammidi N-sostituite;
es. acetile cloruro + dietilammina --> N,N-dietilacetammide CH3-CO-N(-CH2-CH3)2
 
- per riduzione drastica danno l'alcol corrispondente;
es. acetile cloruro + litio-alluminio idruro --> etanolo CH3-CH2-OH
 
Mi sembra possa bastare vero?
Per usare materialmente (e non solo in teoria) un alogenuro acilico ci sono due strade: una bella comoda e in discesa (si compra) e una brutta, scomoda e in salita (si fa).
Finita una vecchia e piccola riserva che avevo da anni di questo simpatico e tosto reagente, volevo ripristinarla, ma... secondo la moderna italica consuetudine mi hanno chiesto un prezzo da rapina e io, se non sono proprio costretto, i prezzi da rapina non li accetto mai per principio.
Morale? Me ne son fatto un campioncino, appunto proprio per principio!

La prossima volta vedremo come.

 
 
 

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