Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Gennaio 2013

A proposito dello "Spirito per campana"

Post n°217 pubblicato il 28 Gennaio 2013 da paoloalbert

Guardando i commenti al post precedente, la nota di Marco riguardo lo "Spirito di zolfo per campana" (analogo suggerimento mi è venuto anche dall'amico Simone) mi ha fatto dare un'occhiata per curiosità anche alla Treccani, uno dei pochi simboli italici di affidabilità.
(Se gli albioni hanno la "Encyclopædia Britannica"... noi abbiamo la Treccani!)

Bene; riporto per intero un brano riguardo l'acido solforico, che ha a che fare con il discorso in oggetto.

- "...Nel 1613 l'italiano Angelo Sala preparava acido solforico bruciando zolfo con eccesso d'aria entro vasi umidi.
I parigini N. Lemery e N. Léfèbre aggiunsero allo zolfo il salnitro.
Nel 1740 Ward impiantò a Richmond presso Londra la prima fabbrica di acido solforico.
Egli usava vasi di vetro di circa 300 litri, muniti di tubi orizzontali e disposti su un bagno di sabbia. Dopo avere messo un poco d'acqua in fondo ai vasi, collocava dentro i tubi una capsula di ferro scaldata al rosso, contenente 8 parti di zolfo e 1 di salnitro; chiudeva poi il tubo con un tappo di legno e, a combustione finita, ripeteva l'operazione fino a ottenere un acido, che concentrava in storte di vetro. Con questo processo, detto della campana, il prezzo dell'acido scese da 2 sterline a 2 scellini la libbra...".


Perfetto, non c'è dubbio che ci sono sia le "campane" che il relativo "spirito", cioè l'acido solforoso citato precedentemente.
Però effettivamente c'è anche la cosa più importante, quella che mi lasciava (e mi lascia tutt'ora) perplesso... ovvero l'acido solforico!
E' pacifico che ossidando lo zolfo si forma anche un po' di anidride solforica SO3, ma quanta sarà stata, senza nessun catalizzatore? Che concentrazione avrà avuto quell'acido?
Che infimo rendimento avrà avuto quel processo rispetto allo zolfo bruciato?

Ma Treccani o non Treccani, è un fatto che l'H2SO4 si producesse anche così, oltre che a Nordhausen col FeSO4... quindi?

Mi manca un dato banale ma fondamentale, che cercherò di appurare: in che rapporto avvengono queste due reazioni senza catalizzatori?

S + O2 --> SO2
2 S + 3 O2 --> 2 SO3

Quando saprò la risposta, aggiornerò e sarò più contento!

 

 
 
 

Spiriti chimici...

Post n°216 pubblicato il 26 Gennaio 2013 da paoloalbert

Qualche volta si sa che mi piace paragonare le sostanze che faccio interagire nel mio gioco chimico a degli attori che recitano una commedia.
Infatti i reagenti io li vedo come dei personaggi: ognuno con la sua parte, il suo costume, la sua personalità... dove per parte intendo l'azione chimica, per costume il colore e l'odore, per personalità la reattività, ecc.

Aspettando la calda stagione, mi sono divertito a sfogliare antichi tomi in e-book (ne cito solo un paio: Lemery e Lavoisier) e ad estrarne gli "spiriti" e i "liquori".
Oggi i miei attempati attori li prendo tutti dalla vecchia commedia dell'arte, e non li faccio nemmeno recitare ma li metto solo in fila per farsi ricordare, magari con un brevissimo commento.
I personaggi sono sei-sette-ottocenteschi, ovvero facenti parte di quel periodo dei lumi che inizia a lasciarsi alle spalle l'alchimia-magia per volgersi alla serietà della chimica moderna.

Una parola per definire ciò di cui parliamo: per "spirito" si intendeva qualunque prodotto volatile ottenuto dalla distillazione delle sostanze. Per semplicità non entro in merito a ulteriori sottoclassificazioni.

Li faccio sfilare sul palco alla rinfusa, così come escono dal camerino.

Avanti dunque SPIRITI, forza che siete in tanti!

- Lo "spirito" più classico è l'etanolo, non ci piove. Ricordo che (almeno nella mia zona) questo nome è sopravvissuto intatto addirittura fino ai nostri anni '60! 

- Lo "spirito di legno" non può essere che il metanolo, scoperto da Boyle dalla distillazione del legno

- E lo "spirito di Venere"? Era uno dei nomi dell'acido acetico (che c'entri l'acidità di qualche antica femmina?)

- Lo "spirito piroacetico" è ancora l'acido acetico, sempre ottenuto dalla distillazione secca (piro) del legno, a volte suggestivamente chiamato anche "spirito di fuliggine"...

- Lo "spirito di sal marino" come si può ben sospettare era l'acido cloridrico, con le opportune varianti: "spirito di sal fumante" (acido cloridrico concentrato) e "spirito di sal dolce" acido cloridrico diluito con etanolo

- Lo "spirito silvestre" indicava il gas anidride carbonica; c'erano anche qui dei sinonimi: "spirito elastico" (gas, è!) e "spirito letale". Beh, pensavo peggio, ma effettivamente la povera anidride carbonica non permette la respirazione

- E lo "spirito fumante di Libavius"? Ah, questo sì che mi piace e lo eleggo a mio preferito del giorno. E' il tetracloruro di stagno, idrolizzantesi all'aria in bianchi e densi fumi

- Volete lo "spirito di sale d'orina"? Forse non sarà stato proprio puro, ma... era il    carbonato di ammonio. Ci sono altri sinonimi: "spirito volatile di corno di cervo", e addirittura "spirito volatile di vipera"! Li lascio tutti senza rammarico

- Per stare in tema, lo "spirito d'alcali volatile" è facile a intuirsi: ammoniaca gassosa

- Lo "spirito di sal ammoniaco" era la soluzione di ammoniaca, detta anche "spirito volatile d’Inghilterra"

- Andiamo sul difficile: lo "spirito anodino minerale dell’Hoffmann"? Nessuno l'avrebbe mai potuto indovinare: si trattava di una soluzione di CH3-CH2-O-CH2-CH3 e alcol: etere insomma!

- Bello questo: "spirito di Calcanto"! Si presta ad una deduzione. Una volta l'acido solforico si otteneva dalla distillazione secca del solfato di ferro... ora la calcantite è un solfato (di rame)... che lo spirito di Calcanto sia acido solforico? Giusto!

- E lo "spirito di nitro"? Troppo facile: acido nitrico, ottenuto dal nitro del Chilì (nitrato di sodio). Naturalmente c'era lo "spirito di nitro dolce" (una miscela di acido nitrico e alcol e lo "spirito di nitro fumante" che ormai è banale indovinare, trattandosi di acido nitrico molto concentrato (fumante e giallo per ossidi d'azoto)

- il più classico di tutti: lo "spirito di vitriuolo" non può che essere l'acido solforico, ottenuto dalla distillazione secca del vitriuolo di ferro (solfato di ferro che, ricordiamo, contiene 7 molecole di acqua di cristallizzazione!)

- E lo "spirito di zolfo per campana"? Cosa c'entrino le campane non ne ho idea... comunque si trattava di acido solforoso

- Rimane lo "spirito di Menderero", visto che c'è anche lui. Cos'era? Semplicemente un sale che un tal sconosciutissimo medico Menderero prescriveva ai suoi pazienti: acetato d’ammonio... bah, se non altro tanto male non faceva!

Finiamo in gloria con il botanico-medico-scienziato Boerhaave: costui chiamava "Spirito Rettore" il principio che dava l'odore a tutte le sostanze. Direi che ci può stare anche questo spirito in mezzo ai miei attori; anzi lo metto proprio per ultimo per dargli l'evidenza che si merita, dato che è ancora più "spirituale" degli altri.

La prossima volta parlerò dei "liquori". Ma niente roba da bere!

 
 
 

Una "analisi" per vie molto traverse...

Post n°215 pubblicato il 16 Gennaio 2013 da paoloalbert

Capita talvolta di giungere al risultato di un problema non per la via più diretta ma seguendo ragionamenti indiretti e magari macchinosi, che alla fine forniscono però il risultato cercato.
A volte questo metodo è l'unico disponibile, a volte lo si segue "per sfizio", come è capitato a me per  questa estemporanea "analisi" che vado a dire.
Come si vedrà, il metodo è talmente indiretto che sembra proprio tirato per i capelli.
 
Tutto è nato da... una cassetta di deliziosissima uva Regina di Puglia presa al mercato alla fine della scorsa estate.
Grani grossi e durissimi, un po' moscata, dolce come il miele, insomma un babbbà!

L'insieme dei grappoloni (giganteschi) era circondato da un nastro di plastica trasparente; cosa succede tirando via il nastro?
Mi viene l'insano proposito di definire il tipo di plastica con un metodo che ricorda da vicino il giro dell'oca!
Sì, assaggiando l'uva mi è venuto proprio questo proposito... vedete un po' con chi avete a che fare.
 
Ho ragionato così: se con quel nastro di plastica costruisco un CONDENSATORE e ne riesco a misurare abbastanza precisamente la capacità, conoscendo la superficie delle armature e lo spessore della plastica stessa posso risalire alla costante dielettrica... e da questa al materiale!
Detto fatto.
 
Con un calibro centesimale ho misurato lo spessore del foglio: 18 centesimi di mm.
Con la pellicola di alluminio presa in cucina ho ritagliato due striscie da 48x11 cm (528 cmq)
Ho sovrapposto bene in maniera alternata i due ritagli di alluminio a due striscie leggermente più grandi di plastica ex uva ed ho avvolto il tutto strettamente, mettendo i due reofori di uscita, uno per armatura.

 

Condensatore 1

 

Ecco fatto un bel condensatore per alta tensione, di capacità seguente: 
 
C = ε S/d , dove C è la capacità in pF, S la superficie delle armature in cmq, d la distanza in mm ed ε la costante dielettrica.
 
Se il dielettrico fosse aria (ε=1) la capacità sarebbe di 2933 pF; per essere più precisi arrotondiamo ad un 1% in meno, stimando un non perfetto affacciamento delle armature tra di loro ed un non perfetto arrotolamento. Viene cosi una capacità più realistica di 2904 pF.
Andiamo ora a misurare quella effettiva, dato che il dielettrico non è aria.
 
Questo è un po' più complicato (ho detto che è come il giro dell'oca!), e presuppone un oscilloscopio, un generatore di alta frequenza ed una induttanza di valore noto.
Avendo naturalmente tutte e tre le cose (altrimenti che ci sto a fare con tutto questo discorso?) ho collegato in parallelo all'induttanza nota il condensatore ignoto formando il classico circuito LC parallelo.

 

Condensatore LC     Condensatore 2

 


Il circuito LC parallelo ha una sua precisa frequenza di risonanza; accoppiando con un piccolo link questo circuito all'oscilloscopio ed al generatore, con la sintonia di quest'ultimo ho cercato la frequenza di risonanza (all'oscilloscopio si vede una sinusoide che improvvisamente aumenta molto di ampiezza).

La frequenza di risonanza è stata trovata a 118 KHz, su una induttanza nota di 165 μH.
Siamo a cavallo, basta una formuletta!
 
C = 1012/4π2Lf2
 
dove C è la capacità in pF, L l'induttanza in μH ed f la frequenza in KHz.
Sostituendo i valori viene una capacità di 11025 pF.
 
Abbiamo visto che se il dielettrico fosse aria la capacità sarebbe 2904 pF, e che quella misurata col dielettrico ex uva è di 11025 pF: basta fare il rapporto e ci siamo!
11025/2904=3,80
 
Calcolato che 3,80 è la costante dielettrica del nostro foglio di plastica, basterà controllare una tabella delle costanti... et voila! 
Andiamo a prendere il Radio Handbook, che sentenzia: 3,2-3,9 per l'acetato di cellulosa... alleluja, proprio nel range!
 
Il foglio (lo sapevo anche prima ma ho voluto giocare un po') è volgarissimo acetato, come quello per i lucidi di scuola.
Ora avete capito perchè ho titolato una "analisi" per vie MOLTO traverse"?

 
 
 

Ancora qualcosa sul Tulio

Post n°214 pubblicato il 07 Gennaio 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Mi piace parlare di questo elemento anche perchè mi viene da associare il suo nome alla buon'anima di un vecchio montanaro che portava il nome di Tullio, da pronunciarsi rigorosamente con una elle sola.
Uno di quei montanari antichi, schivi e nodosi come la scorza dei castagni centenari delle mie parti.
Anch'egli portava un nome raro già una volta; figuramoci adesso, una rarità assoluta!
Proprio come l'elemento 69 della Tavola periodica.

E' difficile trovare qualcosa sul Tulio; molto difficile.
Non parlo delle banali proprietà fisiche, reperibili ovunque, ma di notizie sulla chimica di elementi come questo (e soprattutto di questo!), per i quali occorre servirsi di qualche base bibliografica poco comune.
Del resto, a chi può interessare per esempio la solubilità dell'ossalato di tulio (!!!) o altre esotiche amenità del genere?
Beh, per esempio, se ciò interessa al sottoscritto come pura curiosità, non può ben interessare a qualche altro strampalato amante della chimica sperimentale come me?
E allora ho dato un'occhiata al solito librone ed ora metto qui quel pochissimo che sono riuscito a portare alla luce.

Ho verificato che purtroppo esiste un perfetto parallelismo tra l'estrazione del metallo dalla crosta terrestre e l'estrazione dei suoi dati chimici dalla bibliografia: sono entrambe imprese eroiche, dato che sia nel primo caso che nell'altro il materiale a disposizione è misurabile in... ppm! (considerando la prima "p" come "parti" oppure "parole" per milione)

Allora:

- il metallo è stabile all'aria, mentre si ossida a caldo ricoprendosi di ossido.
- il metallo reagisce facilmente, soprattutto a caldo, con gli alogeni. Il TmF3 è l'unico insolubile.
- il metallo finemente suddiviso reagisce facilmente a caldo anche con lo zolfo (Tm2S3).
- il miglior modo di ottenere i sali di tulio sembra quello di attaccarlo con H2SO4, col quale reagisce senza difficoltà, e formare il solfato Tm2(SO4)3; quest'ultimo può essere precipitato puro con etanolo come octaidrato, in cristalli verdi.
- avuto il Tm2(SO4)3.8H2O possiamo precipitare l'idrossido Tm(OH)3 gelatinoso con idrossidi alcalini, o meglio ancora come carbonato per mezzo del carbonato ammonico a freddo.
- avuto il Tm2(CO3)3 siamo a cavallo: tutti gli altri sali vengono in conseguenza.
- il nitrato Tm(NO3)3 cristallizza con 6 molecole d'acqua.
- riscaldando al rosso tutti i sali ossigenati si ottiene l'ossido Tm2O3, il composto principale di tulio.
- l'ossalato (eccolo!) naturalmente è insolubile, come quasi tutti gli omologhi degli altri metalli di questo tipo.
- gli alogenuri si preparano dall'ossido (o derivati) con i rispettivi acidi.
- il cloruro TmCl3 ha 7 mol. di acqua di crist. e all'aria umida si trasforma parzialmente in ossicloruro TmOCl; anidrificarlo è molto difficile e pertanto si ottiene per sintesi diretta.

Tutto qua? Sì, tutto qua, fine delle notizie!
Non ne ho relative ad eventuali possibili complessi organici.

In conclusione di questo post, riporto quanto ho letto in giro recentemente:

-"Thulium is used in euro banknotes for its blue fluorescence under UV light to defeat counterfeiters... Euro banknotes use rare earth chemistry to defeat counterfeiters. Shining UV light on a euro results in blue fluorescence from thulium Tm3+, red from europium Eu3+, and green from terbium Tb3+".

Naturalmente appena letto quanto sopra ho fatto immediatamente la prova su un cinquantino e un centone: sia mai che anche i miei sempre più scarsi euri mi si illuminino di blù?
Mi dico che magari sono anni che senza saperlo tocco con mano tutti i giorni una traccia di uno dei miei elementi preferiti!

Prendo il LED UV e lo accendo...macchè, tutto rosso... e te pareva! Se è vero quanto sopra si tratta di volgare europio.
Ma questo elemento è "troppo" comune: so che ce l'ho da sempre spalmato sullo schermo televisivo, quindi oggi non mi interessa.

 
 
 

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