Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Settembre 2013

La Tenda Rossa - Parte seconda

Post n°247 pubblicato il 26 Settembre 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Analisi di un salvataggio:
qualche considerazione sui motivi per i quali, nonostante tutto, la tragedia non fu totale
.

La spedizione in dirigibile del generale Umberto Nobile al Polo Nord, avvenimento che nel 1928 doveva essere di risonanza e prestigio mondiale per l'Italia, e che tenne tutti col fiato sospeso per un paio di mesi, finì come si sa in tragedia: l'aeronave nel viaggio di ritorno si schiantò sui ghiacci della banchisa polare con 16 persone a bordo, al di fuori di ogni concepibile rotta di soccorso.
Alla fine la tragedia fu per metà scongiurata, perchè dopo 48 giorni di disperazione, otto persone poterono essere salvate localizzandole alla deriva sul pack artico (di 16, una morì nell'impatto, altre sei rimasero imprigionate nei resti del dirigibile che volò via nella tempesta e una morì di stenti nel tentativo di raggiungere la terraferma); tralasciando volutamente tutti gli antefatti ed i particolari, per i quali esiste una consistente bibliografia, lo scopo di queste note è di ragionare su come il salvataggio fu sostanzialmente possibile grazie a tre fattori chiave, la cui concomitanza non sempre si realizza e che in questo caso fu particolarmente fortuita e fortunata:

- la tenacia
- l'intraprendenza
- la perseveranza

Questi tre positivi fattori umani, sono nello stesso ordine direttamente riconducibili ad altrettante persone fisiche (anche se non solo a loro):

- a Giuseppe Biagi, il radiotelegrafista della spedizione, che non smise mai di agire anche quando tutte le speranze sembravano perdute (la tenacia)

- al giovane radioamatore russo Nikolaj Schmidt della sperduta regione di Arcangelo, che per primo sentì i segnali di soccorso e li volle riferire (l'intraprendenza)

- al prof. Rudolf Samoilovitch, responsabile del soccorso col rompighiaccio russo Krassin, che non mollò nonostante fosse ai limiti delle possibilità (la perseveranza)

Anche se non solo a loro: infatti la gara di generosità che mezzo mondo mise in atto per il salvataggio dei naufraghi del dirigibile "Italia" fu veramente notevole, ed è triste dover contrapporre ancora una volta a tanta abnegazione altrettanta meschinità, doppiogiochismo ed, ancor peggio, mancanza di professionalità da parte degli organismi ufficiali italiani (anche loro, ALLORA COME OGGI, riconducibili a precise persone fisiche).
Nel caso specifico tali persone erano purtroppo numerose e molto influenti, come si conviene quando è in gioco il prestigio personale in occasione di un avvenimento di tale importanza.

Il Generale Umberto Nobile, che per le grandi capacità professionali poteva permettersi di non nascondere il suo antifascismo anche in piena era mussoliniana, era già inviso a molti sia per gelosie professionali che per i suoi sentimenti politici.
I suoi nemici erano veramente potenti; basta il solo nome di Italo Balbo, a quel tempo secondo solo al Duce, per capire la strana atmosfera di contrapposizione nella quale si sviluppò la spedizione: da una parte occasione di facciata per la propaganda e la gloria della potenza dell'Italia fascista, dall'altra però portata avanti da un personaggio scomodo e fuori dalle grazie di Balbo e di quasi tutta l'intellighenzia Aeronautica.
Fin dall'inizio furono messi infiniti bastoni fra le ruote della spedizione, che Nobile riuscì in qualche modo a scansare fin che le cose andarono bene; non li poté più scansare allorché fu necessario prendere atto che la gloria gratuita da raccogliere era drammaticamente sfumata con la caduta dell'aeronave, e che occorreva organizzare una spedizione di soccorso, costosa, urgente e possibilmente efficiente.

Tali bastoni e l’inefficienza fecero ben presto sentire i loro nefasti effetti.
Le operazioni di salvataggio, anche se pomposamente sostenute dal Governo italiano, furono in pratica lasciate in mano all'iniziativa personale di coraggiosi soccorritori, molti dei quali veramente eroici, come Sora, Van Dongen, Maddalena, i quali non solo furono mal supportati ma probabilmente anche mal sopportati dai superiori.
Buona e migliore sorte ebbero alcuni governi stranieri (svedese, russo, ecc.) che avrebbero alla fine vinto perfino il servile disfattismo del comandante Romagna della "Città di Milano", la nave appoggio della spedizione ancorata alla Baia del Re.

Alla nave facevano capo tutte le comunicazioni da e per il dirigibile e poi dalla nave per Roma-S.Paolo, sulle lunghezze d'onda di 900 e 33 metri (333 KHz e 9090 KHz).
Il nome "Città di Milano" era costantemente in bocca ai naufraghi sperduti sul pack, i quali, avendo a loro disposizione una radio di emergenza funzionante (la famosa Ondina 33, oggi al Museo Navale di La Spezia) in mano ad un radiotelegrafista esperto come Biagi, ovviamente confidavano nell'essere sentiti e nel ricevere soccorsi ancora nei primi giorni dopo la caduta.

Sulla nave vi era invece l'atteggiamento attendista di chi non sa cosa fare; l'etere attorno alla nave era però inquieto e pieno di messaggi (messaggi che Biagi riceveva benissimo, e che li davano quasi sicuramente per morti!) che quindi invece di conforto portavano apprensione ai dispersi.

PERCHE' I NAUFRAGHI SENTIVANO BENISSIMO LA NAVE, E LA NAVE NON SENTIVA LORO?

E' quello che vedremo la prossima volta.

 
 
 

La Tenda Rossa - Parte prima

Post n°246 pubblicato il 20 Settembre 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

E' necessario un piccolo prologo.
Il discorso che segue nasce dalla mia insopprimibile passione per tutto ciò che è viaggio, scoperta, esplorazione... insomma per la GEOGRAFIA nel senso più estensivo della parola.
Ciò mi ha portato a leggere anche di spedizioni polari, e la passione per il profondo Nord mi è rimasta.
Quando, per infiniti motivi, le avventure materiali ci sono precluse, è giocoforza ricorrere a quelle virtuali... e così non potendo andare materialmente nè al Polo Nord nè a quello Sud lo faccio con i libri, e le narrazioni sulle spedizioni di Andrèe, Shakleton, Nansen, Scott... sono state divorate con estremo interesse, nè le ho più dimenticate.
Anzi, quei libri li ho tutti riletti.
Essi rappresentano l'espressione della quintessenza della fatica, e di conseguenza la quintessenza della soddisfazione intima del protagonista quando (e se!) tutta la storia non si conclude in tragedia.
(Credo che le soddisfazioni più profonde di un esploratore, di un alpinista estremo, di un navigatore solitario siano comuni: in ogni caso talmente intense e personali da essere difficilmente esprimibili).

                                ---°°°OOO°°°---

Il 12 luglio 1928 avvenne il salvataggio dei superstiti della spedizione Nobile al Polo Nord.
La spedizione, per chi ama un po' la storia, è conosciutissima ma la riassumo qui in due parole.
(Sulla vicenda è stato tratto anche l'orrendo film "La tenda rossa" di Mikhail Kalatozov con Claudia Cardinale e Sean Connery... ma meglio soprassedere).

Il Generale Umberto Nobile era un ingegnere aeronautico progettista di dirigibili; dopo l'esperienza del 1926 col dirigibile Norge nella spedizione Amundsen che lo portò da Roma in Alaska sorvolando l'Oceano Artico, nel 1928 volle organizzare una spedizione tutta italiana verso il Polo Nord.
Erano a bordo del nuovo dirigibile Italia 16 uomini.
Il velivolo, partito il 23 maggio dalla Baia del Re nelle isole Svalbard, arrivò puntuale il 24 maggio sulla cima del mondo, dove lanciò una croce avvolta nel tricolore.

Durante il ritorno il dirigibile incontrò sfavorevolissime condizioni atmosferiche ed appesantito dal ghiaccio precipitò sulla banchisa polare.
La navicella si frantumò sul ghiaccio lasciandovi molto materiale e dieci uomini fra feriti ed incolumi; gli altri sei furono trascinati via col relitto che, alleggerito, si rialzò in volo nel vento. Di loro non si seppe più nulla.
Nobile e il suo gruppo stabilirono un campo di fortuna: avevano una tenda (che colorarono di rosso per renderla più visibile) ed una radio ricetrasmittente, che sarà poi la protagonista materiale del loro salvataggio e delle considerazioni che andrò a fare in seguito.

Fu organizzata una imponente spedizione di soccorso internazionale, alla quale concorsero, oltre all'Italia, anche la Danimarca, la Finlandia, la Norvegia, la Svezia, la Russia e gli Stati Uniti.
Fu in questa occasione che l'esploratore di fama mondiale Roald Amundsen perse la vita nel Mar di Barents, disperso con il suo aereo.
Alla fine, grazie all'apparecchio del radiotelegrafista Biagi e ad un radioamatore russo, il pilota svedese Lundborg riuscì ad atterrare vicino alla tenda rossa e a portare in salvo... il generale Nobile!
Ciò provocò enormi e interminabili polemiche, che ebbero spiacevoli conseguenze per la sua carriera ed il suo futuro.

Il 12 luglio, dopo 48 giorni trascorsi sul pack con poche speranze, i superstiti furono raggiunti dal rompighiaccio russo Krassin, che li trasse in salvo; fu per questo insignito dell'Ordine del Vessillo Rosso del Lavoro.
Il Krassin si trova tutt'ora a San Pietroburgo, sulla Neva, dove è ancorato e trasformato in museo galleggiante.

Ho a questo riguardo un forte rammarico: sono stato poco tempo fa in quella bella città e non ho saputo trovare il tempo per vedermi questo per me interessantissimo cimelio storico.
Ho privilegiato, stupidamente, la visita dell'assai più famoso incrociatore Aurora... peccato di cui mi pento amaramente.

La prossima volta mi soffermerò su qualche personale considerazione sulla condotta della parte italiana dopo la disgrazia; come (NON)-furono organizzate le prime fasi cruciali del salvataggio ed il motivo per cui solo per un fortunatissimo caso la vicenda non si concluse in totale tragedia.

 

 
 
 

Sintesi del 2,4-Dinitroclorobenzene

Post n°245 pubblicato il 13 Settembre 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Per far fede (fin quando sarà possibile...?) al titolo di questo blog ed in previsione di una futura altra sintesi (probabilmente sarà la 2-4-dinitrofenilidrazina), ho preparato il 2,4-dinitroclorobenzene, partendo dal p-nitroclorobenzene già presentato un anno fa nel post n.198.
Si sa che nitrare il benzene è facile; anche mono-nitrare il clorobenzene non presenta particolari difficoltà pur essendo il cloro un elemento disattivante o-p-direttore. Inserire un secondo gruppo nitrico (meta-direttore e fortemente disattivante) nell'anello non è così semplice e richiede condizioni diciamo così, "robuste"! Come dire miscela solfonitrica in grande eccesso, oltre a temperatura e tempo di reazione adeguati.
Mi ero segnato una procedura diversa dal solito, recuperata non ricordo dove, con l'intento di provarla prima o poi; è diversa perchè non fa uso di HNO3 fumante d.1,50 ma lo stesso viene generato direttamente in sito per azione dell'H2SO4 sul nitrato di potassio.
Le condizioni di lavoro di questa sintesi (e il prodotto finale!) sono assai toste, pertanto tutto il lavoro va eseguito con ogni cautela derivante da adeguata esperienza. Niente improvvisazione nemmeno stavolta... e lo dico solo quando è proprio indispensabile!
Ometto le formule di reazione; il 2,4-dinitroclorobenzene è questo:

 

Dinitroclorobenzene 1

 

Materiale occorrente:

- 4-nitroclorobenzene Cl-C6H4-NO2 (utilizzabile anche la mix di isomeri orto-para)
- acido solforico
- potassio nitrato
- etanolo
- vetreria opportuna

In un pallone da 250 ml munito di agitatore magnetico si pongono 110 ml di H2SO4 conc. e di aggiungono a piccole porzioni 27 gr di KNO3 nitrato di potassio; il sale deve sciogliersi completamente a freddo, solo con un minimo sviluppo di vapori nitrosi.

Dinitroclorobenzene 2

A questo punto, sempre con l'agitatore in funzione, aggiungere a piccole porzioni 25 g di p-cloronitrobenzene; applicare un refrigerante a ricadere e riscaldare la miscela a 140-150° per un'ora e mezza, mescolando energicamente ogni tanto.

Dinitroclorobenzene 3

Si ha sviluppo molto moderato di vapori nitrosi che defluiscono dall'allhin verso la cappa o all'esterno.

Si nota anche il mezzo di riscaldamento insistentemente e anacronisticamente adottato: il buon vecchio bunsen e la reticella! Cose dell'altro mondo? Sicuramente... però basta starci attenti e in un vecchio lab anacronistico come il mio si fa (come un tempo!) quel che si vuole...

Terminato il tempo si lascia raffreddare e si versano le due fasi con attenzione in 250 ml di acqua e ghiaccio. Si separa la massa solida e si filtra su buchner, lavando prima con acqua, poi con una sol. diluita di NaHCO3 e poi ripetutamente con acqua fino ad eliminazione completa dell'acidità.
Questo è uno dei prodotti che fortunatamente si filtrano con la massima facilità. 

 

Dinitroclorobenzene 6

 

Il prodotto grezzo (sopra) si ricristalizza da etanolo, ottenendo una polvere cristallina quasi bianca e quasi inodora.
P.f. 47° (teorici 48-52°)- Resa ottenuta 29 g, circa il 90%.

 

Dinitroclorobenzene 4

 

Non sono riuscito ad ottenere cristallini più grandi e di maggiore soddisfazione estetica perchè a causa del basso punto di fusione, durante il raffreddamento dell'etanolo e la precipitazione del prodotto esso liquefa; successivamente con l'avanzare della separazione solidifica sul fondo del recipiente in una massa microcristallina, che va poi rotta con la spatola ed asciugata.

Il prodotto va maneggiato con cautela (anzi, NON va affatto "maneggiato"!) perchè è un forte irritante cutaneo e non deve venire in contatto con la pelle.
Sigillato nel suo contenitore se ne sta ora buono in attesa di venir a sua volta trasformato in qualcos'altro... e così la saga continua.

 

 
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

graziaciottiguitarplaychiara92_bsergintdony686p_noragigrobrossigiulianoRamses670amorino11matteo_amatomaurograndi0loretolollosyamam12ps12
 
 

I MIEI LINK PREFERITI

AREA PERSONALE

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963