Creato da poeta_magico il 18/12/2007
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« Aforismi | Canto d'amore » |
Zeusi
Il fanciullo pigramente sbadiglia,
Mentre la luce del sole al tramonto
Delinea una sinopia vermiglia
Sugli edifici d'Eraclea nel Ponto.
Un raggio sfiora i boccoli biondi,
Sfuma il capo bello, senza confronto.
Zeusi, ammirando gli occhi profondi,
Dà l'ultimo tocco al piccolo quadro:
Ai chicchi dell'uva, lisci e tondi,
Alle rosee gote del viso leggiadro.
Lumeggia il profilo che si stagli,
Quale gemma radiosa, sul fondo adro.
Ora l'Arte è vita, senza travagli,
Immota, fuori del tempo, come un dio…
Scivolano ombre fra tremuli barbagli;
Il silenzio s'anima d'uno sgocciolio.
L'artista, poggiato il pennello sul banco,
È immerso in un trasognato oblio.
Egli socchiude le palpebre, stanco,
E vede effigi più vere del vero:
Penelope avvolta nel peplo bianco,
La Famiglia dei Centauri…Mistero
L'Arte, velo dell'altro enigma, la Vita,
Ombra fallace d'un lume sincero,
Che rischiara appena la notte infinita.
* * *
L'aurora tinge di rosa le perle
Della rugiada; il vento, tra le fronde
Dei pini, sussurra alle averle.
I raggi dorati guizzano sulle onde,
Trafiggono le diafane nubi.
Poi, quando il giorno si diffonde
E orla le chiome dei carrubi,
Svolano i passeri e i pettirossi.
Teme il bifolco solerte, che rubino
Le sementi, che becchino i rossi
Frutti dell'albatro. Ma quelli, a frotte,
Sciamano lontano, oltre i bossi
Odorosi, ove il cielo li inghiotte.
E intrecciano ghirlande di voli,
Quali costellazioni nella notte.
Si posano sui rami dei prugnoli,
Ormai ebbri d'azzurro e di luce,
Spiccando le bacche dai piccioli.
D'un tratto un aureo brillio traluce
Da dietro un drappo: un pennuto,
Saltellando guardingo, s'introduce
Nello studio di Zeusi. Con arguto
Cinguettio, raduna tutti gli altri,
Poiché, tra pampini gialli, ha veduto
Un grappolo porpora. Gli scaltri
* * *
Compagni s'accostano al racemo,
Che pizzicano audaci e furtivi.
Ma invano: artificio supremo.
Non sono veri quei colori vivi;
Gli acini sono forme dipinte;
Gli occhi del fanciullo giulivi
Non guardano, non vedono. Finte
Le cose si mostrano nell'aria di vetro
O vaniscono tra labili tinte.
È l'Arte, immobile mondo, tetro;
È la Vita, lo sconfinato nulla,
Parvenza fugace col vuoto dietro,
Destino di morte sin dalla culla,
Visione di sogni senza contorni,
Il miraggio d'una gioia fanciulla.
È vita l'uguale giro dei giorni?
Perché, Zeusi, dipingi uomini e dei?
Perché l'arido vero ancora adorni,
Se tutte le immagini che crei
Sono inganni d'un inganno più grande?
Anche tu, immortale, già più non sei!
La tenebra, a poco a poco, s'espande.
Tace il boschetto di lauri; la luna
Silente sorge sulle eteree lande.
Si chiudono le corolle, una ad una.
Nota: Si racconta che poi anche Zeusi dipinse un fanciullo che portava l'uva sulla quale, al solito, volarono gli uccelli. ( Pl. N. H. XXXV, 6). Da questa notizia di Plinio il Vecchio ho tratto spunto per il poemetto.
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Inviato da: foscarina_0
il 16/09/2008 alle 10:51
Inviato da: poeta_magico
il 17/07/2008 alle 09:08
Inviato da: sonnygirl76
il 16/07/2008 alle 09:37
Inviato da: Ladybaby23
il 10/07/2008 alle 11:17
Inviato da: sonnygirl76
il 25/06/2008 alle 20:49