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MARCELLO PERA PENSIERO

Post n°2 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da pdbedizzole

21 ottobre

Dopo il preziossimo incontro tenuto da Don Fabio Corazzina e il prof.Valenti sul tema dell'integrazione ecco, di seguito, l'intervento di Marcello Pera al meeting di Rimini. Vale la pena leggerlo approfonditamente, meno che mai superficialmente, per farsi un'idea della strada che c'è ancora da fare. Commentate, commentate. 

 

Stato laico religione politica 

 Senza un senso collettivo, senza l'adesione ad una fede, senza un credo comune - dunque, senza un fondamento morale - una società si indebolisce, scolora, perisce. Questo è il vero problema problema oggi dell'Occidente. Intenderlo e risolverlo è compito tanto dei laici quanto dei credenti. 

...  I fondamenti morali li offrono le /tradizioni/. E qui non intendo spendere una parola in più rispetto a quanto ho detto tante volte. La nostra storia, la storia dell'Europa e dell'Occidente, è storia giudaico-cristiana e greco-romana. Scendiamo da tre colline: il Sinai, il Golgota, l'Acropoli. E abbiamo tre capitali: Gerusalemme, Atene, Roma. Questa è la nostra tradizione. Da qui sono nati i nostri valori. 

Senza le leggi di Mosé, senza il sacrificio del Cristo, non avremmo quel sentimento morale che ci fa sentire /tutti/ - credenti e non - fratelli, uguali, compassionevoli. 

Senza la ragione dei Greci e il diritto delle genti dei Romani, non avremmo quelle forme di pensiero che sorreggono le nostre istituzioni pubbliche. 

Lo so che, scesi da quelle colline, lasciate quelle capitali, abbiamo fatto tanto cammino grazie anche a tanti altri apporti. Ma lo abbiamo fatto a partire da lì, nutriti con ciò che abbiamo imparato lì, convinti che il senso della strada fosse ancora lì. Chi rinnega queste origini tradisce la propria storia e perde la propria identità. Noi non dovremo consentirlo. 

*Già, ma "noi" chi?* "Noi" non siamo soli. *Come rapportarci agli "altri",* quando, immigrando, vogliono entrare nella nostra comunità? E come difenderci dagli "altri", quando, violando le nostre leggi, ci vogliono distruggere? Sul problema della convivenza e dell'integrazione, l'Europa ha dato una risposta sbagliata e una risposta ingenua. 

La *risposta sbagliata* - più democratica che liberale - è quella del* /multiculturalismo/*, cioè la protezione delle culture e delle comunità anziché degli individui. Il risultato di questa politica è stato quello di gruppi etnici che, nel migliore dei casi, si ignorano, e, nel peggiore, si dimostrano ostili. Dopo l'assassinio del politico Fortuym e del regista van Gogh, anche l'Olanda sta facendo marcia indietro rispetto a questo modello. E lo stesso accade in Inghilterra dopo gli attentati terroristici del 7 luglio. 

La *risposta ingenua* - più liberale che democratica - è quella della /*tolleranza*/. Con un grave malinteso: che la tolleranza, così come è intesa e praticata da noi, è una virtù /passiva/, che confina con l'indifferenza e la sopportazione. Dopo tanti fallimenti delle nostre politiche di integrazione, questo equivoco dovrebbe essere eliminato. 

Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno non è la tolleranza così concepita, ma, l'ho detto più volte, il /*rispetto*/, che, a differenza della tolleranza, è una virtù /attiva/. Ma il rispetto comincia da casa nostra. Non possiamo chiedere rispetto, e nessuno ci rispetterà, se non cominciamo a rispettare noi stessi. Se, alla domanda: "sei tu ebreo e cristiano?", rispondiamo come Pietro, che rinnegò. O se, alla domanda: " credi nel valore della tua tradizione?", ci atteggiamo come Pilato, che non se ne curò. *Non c'è altra strada: o ci impegnamo ad integrare gli altri facendoli diventare /cittadini/ della /nostra/ civiltà - con la /nostra/ educazione, la /nostra/ lingua, la conoscenza della /nostra/ storia, la condivisione dei /nostri/ princìpi e valori- oppure la partita dell'integrazione è perduta.* 

Ma che cosa dobbiamo fare quando l'altro non concede la reciprocità del rispetto e ci dichiara guerra, come oggi fa il terrorista islamico che addirittura ci combatte con una "guerra di religione"? La mia risposta, anche questa detta tante volte, è: *ci difendiamo*. Ci difendiamo con la diplomazia, la politica, la cultura, i commerci, i negoziati, gli accordi. Ci difendiamo offrendo rispetto e chiedendo rispetto. E alla fine ci difendiamo con la forza delle armi. Quando sia arrivata questa "fine" è materia di prudenza politica. Importante è che sia veramente alla fine. Ancora più importante è che la fine non sia /mai/. Se così fosse, ci arrenderemmo in partenza. 

 

 
 
 
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