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« Roma "suicida"Libia, allarme profughi ... »

Gheddafi in tv: "Sono a Tripoli"

Post n°2 pubblicato il 22 Febbraio 2011 da rea_83
Foto di rea_83

Qualcuno grida allo scandalo per la tardiva presa di distanze di Silvio Berlusconi dal Colonnello Gheddafi accolto in pompa magna a Roma in occasione dell'ultima visita di Stato. Qualche altro ricorda Massimo D'Alema che aspettava fuori dalla tenda dello stesso Gheddafi a Villa Pamphili, nel giugno 2009, dopo che il rais aveva boicottato un incontro a Montecitorio. Nessuno può dimenticare che l'Italia è il primo importatore di petrolio libico e il terzo di gas. L'incertezza che grava sul regime libico apre interrogativi sul futuro delle relazioni fra Roma e Tripoli in un eventuale dopo Gheddafi.

De Michelis: quando si è stretto il legame
"La vera intesa è venuta con la Seconda Repubblica - dice uno dei protagonisti della Prima Repubblica, Gianni De Michelis, al Foglio - Cosa peraltro comprensibile per le motivazioni economiche ed energetiche, ma anche per quelle geopolitiche.
Non si deve giudicare negativamente. Però, si sarebbe dovuto capire da tempo che le situazioni di questi paesi non erano destinate a durare indefinitamente". E ora? C'e' il timore che il ruolo svolto dall'Italia "possa finire molto male. Se il regime di Gheddafi cade precipitosamente, potremmo avere guai seri", dice l'ex ministro degli Esteri, che non ha dubbi: "Fra le rivolte che hanno segnato l'inizio dell'anno, quella libica è destinata ad avere un grande peso sugli affari italiani. Roma e Tripoli
hanno un'intesa sull'immigrazione che è di importanza vitale per il Mediterraneo. Al tempo stesso, i due governi hanno accordi vantaggiosi nel settore petrolifero, che oggi coinvolgono anche altre società internazionali".

Ancora in sella
Il leader libico Muammar Gheddafi è apparso ieri sera in televisione per pochi secondo, a smentire le voci che lo davano in fuga dalla Libia, sconvolta da giorni dalle proteste e da una violenta repressione. Niente Venezuela: "Vedrò i giovani in Piazza Verde. Per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela, e smentire le televisioni, questi cani", ha detto il colonnello, ripreso dalla televisione di stato libica nella sua residenza di Bab Al Aziziya, a Tripoli, in cappotto, mentre sale su un'automobile, con un ombrello in mano per proteggersi dalla pioggia, davanti alla sua residenza-caserma.

Ma quale genocidio
La tv di Stato smentisce questa mattina le voci di "massacri" nel paese anche se dal mondo arabo e dagli Stati Uniti si moltiplicano le voci di condanna per la sanguinosa repressione del regime del colonello. "Dicono che vi siano stati massacri in diverse città e villaggi della Libia. Dobbiamo lottare contro queste menzogne e semplici
voci che sono gli strumenti di una guerra psicologica" dice il sottotitolo che viene continuamente trasmesso su banda rossa sulla televisione Al-Jamahiriya. Queste informazioni, prosegue la scritta "vogliono distuggere il vostro morale, la vostra
stabilità, le vostre ricchezze".

Basta 
Il segretario di Stato Usa Clinton ha intimato al governo libico di mettere fine al "bagno di sangue" e la repressione libica è condannata con forza oggi
anche da Hamas e dall'Iran. "Condanniamo con forza la repressione organizzata dal regime del colonnello Gheddafi contro il proprio popolo... - dice Hamas -
Il regime ha fatto intervenire l'aviazione contro la folla e noi invitiamo il popolo palestinese, i musulmani e gli arabi a condannare questi massacri".

Sulla stessa lunghezza d'onda la repubblica islamica iraniana. "Le violenze estreme utilizzate contro il popolo libico sono inaccettabili e noi le condanniamo", ha dichiarato Mehmanparast, portavoce del ministero degli esteri "Le notizie sui raid aerei compiuti contro dimostranti e quartieri residenziali e il massacro d' innocenti sono spiacevoli e sorprendenti, chiediamo alle organizzazioni internazionali di agire per fermarli".

In fuga
In questa situazione, gli stranieri ancora in Libia cercano di lasciare il paese. Un C-130 dell'aeronautica militare italiana è pronto a partire per Bengasi alla scopo di rimpatriare i primi 100 italiani dalla città libica": lo ha confermato oggi il ministro della difesa, Ignazio La Russa, precisando che "l'aereo dovrebbe partire in mattinata e
rientrare in giornata".

Centinaia di morti
La repressione in corso in Libia ha causato nella sola giornata di ieri almeno 160 morti: è la stima avanzata dalla rete satellitare Al Arabiya, mentre Al Jazeera
parla di almeno 250 vittime nei bombardamenti aerei sulla capitale. Ieri mattina l'organizzazione umanitaria Human Rights Watch aveva fornito un bilancio totale di 233 morti dall'inizio delle manifestazione: secondo la Federazione Internazionale della
Lega per i Diritti umani (Fidh) tuttavia il numero delle vittime sarebbe compreso fra i 300 e 400.

 
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