Pensieri sparsi

Visioni del mondo

 

La morte introdotta nel XX secolo non è soltanto quella delle decine di milioni di morti delle due guerre mondiali e dei campi di sterminio nazisti e sovietici, è anche quella delle due nuove potenze di morte.
La prima è la possibilità della morte globale di tutta l'umanità per mezzo dell'arma nucleare...
La seconda è la possiblità della morte ecologica...
La potenzialità di autoannientamento accompagna ormai la marcia dell'umanità.
Edgar Morin

 

Annie Leonard ci spiega qual è il problema della corsa al consumismo iniziata negli anni 50. Il perchè oggi ci stiamo dirigendo contro un muro.
Doppiaggio in italiano.

La Storia delle cose Pt. 1


La Storia delle cose Pt. 2


La Storia delle cose Pt. 3





Di' tutta la verità ma dilla obliqua -
Il successo sta in
un Circuito
Troppo 
brillante per la nostra malferma Delizia
La superba sorpresa della Verità
Come un Fulmine ai Bambini chiarito
Con tenere spiegazioni
La Verità deve abbagliare gradualmente
O tutti sarebbero ciechi -
Emily Dickinson

 

 
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Maltempo: morti a Messina. “Paghiamo il conto della cementificazione selvaggia”

Post n°119 pubblicato il 03 Ottobre 2009 da pensierisparsi1
 

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“Bastano poche piogge per provocare una tragedia. Il nostro Paese paga un altissimo prezzo per aver devastato il territorio con enormi e incontrollate colate di cemento. Esprimere tutta la nostra solidarietà alle famiglie delle vittime non basta. E’ necessario insistere per risalire alle responsabilità e tornare sulla necessità di investire nella manutenzione del territorio”.

Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, interviene sulla tragedia di Messina. “Lo scorso anno la tragedia per il maltempo si è avuta a Cagliari, ora a Messina, ma non c’è parte del territorio italiano che non abbia conosciuto nel tempo gli effetti della cattiva gestione del suolo – ha continuato Cogliati Dezza -. Ma quel che è più grave, è che da nessuna parte appaiono positivi segnali di cambiamento.

Eppure non possiamo più aspettare. È necessaria una forte assunzione di responsabilità e una chiara volontà politica per cambiare indirizzo. A partire dallo strumento del Piano Casa, in molti casi da ripensare e modificare in nome dell’equilibrio idrogeologico, della sicurezza e della sostenibilità, e dall’unica, urgente e necessaria grande opera pubblica: la messa in sicurezza del territorio”.

 

Legambiente

02/10/2009

Messina, si continua a scavare nel fango

"Un uso scellerato del territorio" L'accusa dei geologi siciliani

La città degli undici torrenti e delle mille baracche

Messina, la gente sui tetti "Non lasciateci in questo inferno"

Foto:dentro le case la devastazione

 
 
 

Gli evasori fiscali hanno un nuovo inno: “Meno male che il PD c’è!”

Post n°118 pubblicato il 01 Ottobre 2009 da pensierisparsi1
 

 

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Un sincero ringraziamento al Partito Democratico e ai suoi leader che lottano per la segreteria è venuto ieri sera da mafiosi, evasori fiscali, riciclatori di denaro, appassionati del falso in bilancio e delinquenti vari che per anni hanno sottratto soldi al fisco e dunque ai cittadini italiani.

Ieri alla camera si votavano le eccezioni di costituzionalità del famoso Scudo Fiscale di Tremonti, un condono tombale per evasori fiscali che hanno accumulato all’estero oltre 300 miliardi di euro.

Il PD ha urlato, ha strepitato, si è opposto con tutte le sue forze. Ha scritto cose terribili sul suo sito, come per esempio che nello Scudo Fiscale c’è l’impunità per il falso in bilancio, che "Mediolanum già ne approfitta". Sul sito del Pd ieri c’era un titolo che parlava chiaro: "Evasori e mafiosi, ecco chi ci guadagna con Tremonti".

Coraggiosi, eh? Il segretario Franceschini ieri ha tuonato: "E’ uno schiaffo a tutti gli italiani onesti!". Bravo! Purtroppo, la mozione sulla incostituzionalità dello Scudo non è passata. La mozione è stata battuta con 267 no, 215 sì e 3 astenuti. Sarebbe bastato che i deputati del Pd fossero andati a votare. Non tutti, ma qualcuno in più. Erano invece assenti in 59, più di uno su quattro ha deciso che aveva di meglio da fare che combattere mafiosi e evasori. Il Pd ha dunque oggettivamente regalato lo Scudo Fiscale al governo Berlusconi. Bersani? Non c’era. D’Alema? Non c’era. Franceschini? Non c’era.

Di fatto una vera e propria astensione: assente il 27 per cento del partito, complicità sufficiente a far passare la truffa dello Scudo Fiscale (che si poteva agevolmente bloccare per sempre) su cui oggi si vota la fiducia. La base del Pd, ammesso che ci sia ancora una base, fa incetta di sacchetti per il vomito.

Gli evasori fiscali, invece ringraziano sentitamente e ieri sera hanno posto una targa che ricorda la luminosa giornata del Partito Democratico e il suo prezioso apporto alla giustizia in Italia.

Alessandro Robecchi

30 Settembre 2009

 
 
 

Morti quaranta operai nella fabbrica tessile. La nube tossica dei coloranti covava il cancro

Post n°117 pubblicato il 30 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

 

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PAOLA - Ne sono morti quaranta di cancro. Altri sessanta hanno lo stesso male e sono ancora vivi. Erano tutti operai, colleghi, per anni fianco a fianco nell'azienda tessile Marlane, in provincia di Cosenza, a Praia a Mare.

La Procura di Paola ha concluso le indagini, durate anni, e ha ipotizzato i reati di omicidio colposo dei dipendenti, la cui morte è stata attribuita alle condizioni di lavoro, e inquinamento ambientale. Sono stati anni difficili per i parenti delle vittime, difficili per gli ex operai che dopo anni di lavoro in fabbrica combattono contro tumori che hanno colpito la vescica, o i polmoni, l'utero o la mammella.

Le fasi delle indagini sono, per il momento, concluse, si attende ora la decisione di rinvio a giudizio di una decina di indagati.Ci sono voluti anni e anni di indagini, prima lungo un doppio percorso, poi riportate in un unico fascicolo, per dimostrare la connessione tra i decessi e l'uso di alcune sostanze usate nella fabbrica di coloranti azoici, che contengono "ammine aromatiche", indicate da una ampia letteratura scientifica come responsabili delle insorgenze tumorali.

Tre procedimenti - il primo iscritto nel '99, il secondo nel 2006 (con sette indagati) e il terzo nel 2007 (con quattro indagati) - che il Procuratore Capo Bruno Giordano ha fatto confluire in un unico fascicolo. Più di mille operai hanno lavorato nell'azienda fondata negli anni '50 dal conte Rivetti.

Si producevano tessuti di vario tipo, per lo più divise militari. Fino alla metà degli anni Sessanta, nella Marlane esistevano dei muri divisori tra i reparti. Poi l'azienda passò dal Lanificio Maratea, nel 1969, all'Eni - Lanerossi. In quell'anno i muri che dividevano i reparti furono abbattuti e così la fabbrica diventò un unico ambiente di lavoro: la tessitura e l'orditura, trasferite dal lanificio del vicino comune di Maratea, vennero inserite tra la filatura e la tintoria, senza alcuna divisione fisica.

E così i fumi saturi di sostanze chimiche di coloritura, provenienti dalla tintoria si espandevano ovunque. Una nube permanente e densa sugli operai.A chi lavorava su certe macchine, alla fine della giornata veniva donata una busta di latte per disintossicarsi. Era l'unica contromisura proposta, che evidentemente non poteva bastare. I coloranti - quelli che generalmente vengono contenuti nei bidoni con il simbolo del teschio - venivano buttati a mano dagli operai in vasche aperte, dove ribollivano riempiendo di fumi l'ambiente e le narici dei lavoratori. Senza aspiratori funzionanti.

Gli operai tossivano e i loro fazzoletti diventavano neri. E poi c'era l'amianto. L'azienda dice di non averlo usato, ma chi ha lavorato nello stabilimento sa bene che i telai avevano freni con le pastiglie d'amianto, che si consumavano spesso e dalle quali usciva polvere respirata da tutti.Nel corso del 1987 il gruppo tessile Lanerossi - già appartenente al gruppo ENI, di cui faceva parte la Marlane di Praia a Mare - venne ceduto alla Marzotto di Valdagno, che ne detiene ancora la proprietà. Negli anni '90 la svolta: arrivarono le vasche a chiusura, dove i coloranti potevano ribollire senza riempire l'aria di vapori. Ma per molti operai fu troppo tardi, dopo decenni di inalazioni tossiche. Nel 96 la tintoria è stata chiusa. Oggi l'azienda è vuota. Dismessa.Continua

 
 
 

France Telecom, nuovo suicidio "Colpa del clima in azienda"

Post n°116 pubblicato il 29 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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PARIGI - Ancora un suicidio a France Telecom.Oggi a togliersi la vita è stato un dipendente in Alta Savoia, che si è gettato sull'autostrada da un cavalcavia. L'uomo ha lasciato una lettera di addio in cui denuncia "il clima all'interno dell'azienda".

Sale così a 24 il numero dei lavoratori dell'azienda telefonica francese che si sono suicidati dal febbraio 2008. L'ultimo, 51 anni, lavorava in un call center ad Annecy, nel sud della Francia, e si è ucciso gettandosi da un ponte sull'autostrada A41. Sposato e padre di due figli, l'uomo ha lasciato in macchina "una lettera per la moglie - precisa la prefettura - nella quale spiega che il clima in azienda lo ha spinto all'atto".

Un portavoce di France Telecom ha confermato che l'uomo era un "collaboratore" dell'azienda. Il presidente, Didier Lombard, si è recato sul posto". I sindacati. I sindacati denunciano da diversi anni l'atmosfera di stress a France Telecom, un gruppo che dà lavoro a 187mila persone, e le "pressioni" sul personale da quando è stato privatizzato nel 2004, ma soprattutto dal momento in cui è stato annunciato il piano di ristrutturazione che si è tradotto in 22mila "dimissioni volontarie" tra il 2006 e il 2008.

A fronte del crescente malessere fra i dipendenti l'azienda ha deciso di bloccare, almeno fino al 31 ottobre, il programma di mobilità.

(28 settembre 2009)

La Repubblica

 
 
 

G20, il nuovo ordine mondiale

Post n°115 pubblicato il 27 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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Le immagini della repressione delle proteste a Pittsburgh, in occasione del summit del G20, sembrano tratte da uno di quei film di fantascienza orwelliani ambientati in un indefinito e cupo futuro dominato da regimi polizieschi e leggi marziali.

Duri con i manifestanti. Un battaglione della Guardia Nazionale, appena rientrato dall'Iraq, erige check-point sorvegliati da blindati Hummer e pattuglia le strade attorno alla sede del vertice, dove riecheggia senza sosta l'inquietante messaggio diffuso da altoparlanti, con una voce mono-tono quasi inumana, che avverte i manifestanti: "Lasciate immediatamente questa zona, qualsiasi siano le vostre intenzioni. Se non vi disperdete, sarete arrestati e soggetti ad altre azioni di polizia, tra cui la rimozione fisica, l'intervento degli agenti antisommossa e l'uso di munizioni non letali che possono provocare ferite a chi rimane".
Dalle parole ai fatti.
Rabbiosi 'robocop' della polizia antisommossa marciano per le strade in formazione militare, aizzano cani al guinzaglio contro i passanti, poi fanno cordone e minacciano e picchiano i manifestanti con lunghi bastoni di legno, li rincorrono e li ammanettano con lacci di nylon (come i prigionieri di guerra), sparano sulla folla proiettili di gomma e candelotti di gas urticanti.
Intervengono anche le forze speciali di polizia (Swat), con blindati e altri mezzi militari che 'sparano' sui manifestanti onde sonore assordanti, e, scena surreale, soldati dell'esercito in mimetica che scendono da un auto civile e si portano via a forza un manifestante, senza nemmeno ammanettarlo, mentre la gente attorno assiste attonita a questo rapimento.

Morbidi con i banchieri. Questo clima da legge marziale ha accolto i manifestanti 'no-global' arrivati a Pittsburgh per protestare contro i potenti del mondo, accusati di aver soccorso le banche speculatrici responsabili della crisi con sussidi pubblici per oltre 17 trilioni di dollari (non 700 miliardi come spesso viene detto), invece di aiutare le vittime di questa crisi, in particolare i milioni di lavoratori che hanno perso il lavoro e le decine di milioni di cittadini che hanno perso il loro risparmi.
Nel mirino dei manifestanti, più in generale, c'è il 'capitalismo globale' che difende i profitti di pochi a discapito dei bisogni della popolazione, un sistema cinico che specula su tutto e su tutti, senza limiti, senza regole.
Il G20 di Pittsburgh era stato presentato come 'la nuova Bretton Woods' che doveva riformare e regolamentare il mercato finanziario globale per evitare gli eccessi speculativi che hanno prodotto l'attuale recessione.
Invece, come prevedibile, le forti pressioni della potente lobby bancaria e finanziaria mondiale hanno bloccato tutti provvedimenti radicali di cui si discuteva alla vigila del vertice.
Dall'agenda del summit sono stati esclusi la 'tobin-tax' sulle transazioni finanziarie, il divieto di speculazione su materie prime e derrate alimentari, la riforma delle agenzie di rating e delle autorità di vigilanza colluse con l'alta finanza speculativa, l'obbligo di un'adeguata capitalizzazione delle banche per ridimensionare il rischioso sistema creditizio basato su riserve frazionarie quasi inesistenti e la creazione di un chiaro calendario di scadenze per combattere il riscaldamento globale.
Dal summit di Pittsburgh uscirà solo qualche proposta demagogica, come la limitazione dei bonus per i manager della finanza, e l'impegno per un maggiore coordinamento economico globale attraverso il rafforzamento di organismi come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, tanto cari ai 'no-global'.

Enrico Piovesana

25/09/2009

PeaceReporter

Il "Cannone sonoro" contro i no global A Pittsburgh l'urlo che disperde la folla

 

 
 
 

A quando la pace nel mondo? Fra 30 anni, grazie ai computer

Post n°114 pubblicato il 26 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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E' la previsione dell'americano B.J. Fogg, psicologo e uno dei padri della captologia, la tecnologia della persuasione.

"La pace è un brand molto difficile, ma con gli strumenti che abbiamo tutto è possibile"

B.J. Fogg è uno psicologo sperimentale esperto in nuove tecnologie. Dirige il "Persuasive Technology Lab" a Stanford, Palo Alto. È stato nominato dal giornale Fortune uno dei dieci guru nel mondo che si dovrebbe conoscere.

Stasera, alla Mediateca di Santa Teresa di Milano, lei parlerà nell'ambito della rassegna Meethemediaguru sulla cultura digitale. Che cosa ci racconterà?

"Parlerò di persuasione, di come i computer possono cambiare i pensieri e i comportamenti della gente, della pace e del potenziale che abbiamo per crearla proprio usando questi nuovi strumenti". A questo proposito lei dirige un laboratorio di Captology alla Stanford University.

Di che cosa si tratta e da dove viene questa parola?

"È un acronimo che sta per Computer as persuasive technology, computer come tecnologia di persuasione. Non viene da capture o radici del genere. Io credo che i computer possano davvero cambiare i comportamenti delle persone".

Come? Può fare degli esempi?

"Ho iniziato a sperimentare negli anni Novanta quando mi sono laureato con una tesi sui computer carismatici, ma ora abbiamo raggiunto un punto cruciale. Basti pensare a quello che fa Amazon quando ci convince a comprare più libri, i siti ambientalisti e quelli politici che ci invitano a fare proseliti. Ma l'esempio più drammatico è Facebook che ogni giorno riesce a fare iscrivere 700mila nuove persone. L'esperienza di Facebook è affascinante. Gli iscritti che invitano gli amici e creano un movimento di massa facilitato dalla tecnologia. Questo non è mai accaduto prima".

Il suo obiettivo più ambizioso è la pace per cui ha fissato anche una data: raggiungibile in 30 anni. Quali saranno i prossimi passi?

"Il primo di questi sarà proprio convincere le persone che la pace è possibile. Qualche volta abbiamo paura di parlarne, è una parola che suscita delusioni e cinismo. È un brand molto difficile. Ma io sono convinto che con i nuovi strumenti a disposizione possiamo raggiungere obiettivi prima impensabili. Come scienziato credo sia importante essere sempre aperto alle opportunità, solo con nuove idee si possono scoprire nuove cose".

Non crede che la captologia possa essere pericolosa? Come difendersi?

"Certo, ha una parte oscura perché la gente può essere convinta ad adottare comportamenti cattivi, per esempio comprare una casa quando non ne ha la possibilità per non parlare d altri risvolti più pericolosi. Ci sono due strade per difendersi, una è l'educazione. Insegnare alle persone che i computer sono strumenti disegnati non solo per aiutarli ma anche per persuaderli a fare qualcosa. L'altra è affidarsi a delle leggi stabilite dal governo, cosa che forse accadrà in futuro. Di gran lunga però preferisco la prima ipotesi".

MARA ACCETTURA

(25 settembre 2009)

La Repubblica


 

 
 
 

L'Onu mette al bando le armi nucleari. Barack Obama: serve uno sforzo globale

Post n°113 pubblicato il 24 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, presieduto per la prima volta da un presidente americano, Barack Obama, ha approvato all'unanimità una risoluzione contro la proliferazione nucleare. "Ci saranno giorni difficili su questo cammino - ha detto Obama, subito dopo il voto per alzata di mano - ma ci saranno anche giorni di speranza, come questo".

La risoluzione - Chiede la fine della proliferazione delle armi atomiche e chiede ai Paesi firmatari del Trattato di Non Proliferazione nucleare (Tnp) di mantenere il loro impegno a non sviluppare armi atomiche. Il documento esorta gli stati che non hanno firmato in Tnp a partecipare allo sforzo per giungere al disarmo. La risoluzione non menziona Paesi specifici, ma è un riferimento a India e Pakistan (mentre Israele non ha mai ammesso ufficialmente di avere ordigni atomici). La risoluzione, senza nominare direttamente Iran e Corea del Nord, menziona anche le "grandi sfide esistenti al regime di non proliferazione nucleare".

Cosa prevede - Il documento (è la risoluzione 1887) di cinque pagine preparato dagli Stati Uniti e negoziato al Palazzo di Vetro nelle ultime settimane" chiede a tutti gli Stati che non fanno parte del Tnp di entrare nel trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data prossima". Il documento invita, ma non obbliga, i Paesi a dare luce verde agli ispettori internazionale per il controllo di materiale esportato che potrebbe servire a costruire una bomba, anche nel caso di un Paese che si ritira dal Npt (é il caso della Corea del Nord).

La risoluzione non è vincolante - Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe chiedere esplicitamente con un secondo voto di sottoporre i materiali al controllo dell'agenzia internazionale. I Quindici "incoraggiano gli sforzi per lo sviluppo degli usi pacifici dell'energia nucleare da parte di quei Paesi che vogliono mantenere queste capacità" e"incoraggia il lavoro dell'agenzia internazionale sull'energia atomica", in particolare nel "minimizzare il rischio della proliferazione". Il documento non menziona per nome i non firmatari. Gli occhi sono comunque puntati su Israele (che ha sempre negato di avere bombe atomiche), India e Pakistan, tre potenze nucleari che non hanno aderito, oltreché sulla Corea del Nord, uscita dall'Npt. La Libia è invece entrata nel gruppo dei 'buoni' rinunciando all'atomica nel 2003 e rispettando quindi il Tnp, cui aveva già aderito in passato.

Stati Uniti soddisfatti dal sì della Libia - Gli Stati Uniti sono soddisfati perché la Libia ha appoggiato la risoluzione sul disarmo e la non proliferazione nucleare nonostante il "no show" del leader libico Muammar Gheddafi alla riunione del Consiglio di Sicurezza presieduta dal presidente Barack Obama. "Siamo soddisfatti che la Libia abbia votato la risoluzione", ha detto la ambasciatrice al'Onu Susan Rice all'uscita dei lavori del Consiglio. Tripoli è stata rappresentata alla riunione dall'ambasciatore libico all'Onu.
24 settembre 2000

Redazione Tiscali

 
 
 

Per cosa sono morti?

Post n°112 pubblicato il 19 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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Per difendere la pace, la libertà, la democrazia in Afghanistan e la sicurezza internazionale come dicono i nostri politici?

Era partito per fare la guerra, per dare il suo aiuto alla sua terra. Gli avevano dato le mostrine e le stelle e il consiglio di vender cara la pelle. (...) Ora che è morto la patria si gloria d'un altro eroe alla memoria. Ma lei che lo amava, aspettava il ritorno d'un soldato vivo. D'un eroe morto che ne farà se accanto, nel letto, le è rimasta la gloria d'una medaglia alla memoria. (Fabrizio De André, La ballata dell'eroe) L'Italia piange i suoi soldati morti a Kabul in un attentato della guerriglia talebana. Peacereporter dedica loro, e alle loro famiglie, questi versi di Fabrizio De Andrè.

Per cosa sono morti? Per difendere la pace, la libertà, la democrazia in Afghanistan e la sicurezza internazionale come dicono i nostri politici? No.

Non per la pace, perché i nostri soldati in Afghanistan stanno facendo la guerra. Non per la libertà, perché i nostri soldati stanno occupando quel paese. Non per la democrazia, perché i nostri soldati proteggono un governo-fantoccio che non ha nulla di democratico.

Non per la sicurezza internazionale, perché i nostri soldati stanno combattendo contro gli afgani, non contro il terrorismo islamico internazionale: a questo, semmai, stanno fornendo un pretesto per odiare e attaccare l'Occidente e anche il nostro paese. E allora per cosa sono morti?

La risposta l'ha data il generale Fabio Mini, ex comandante del contingente Nato in Kosovo, intervenendo la scorsa settimana a un dibattito sull'Afghanistan tenutosi a Firenze e organizzato da Peacereporter: "Ufficialmente lo scopo fondamentale, il center of gravity, della missione non è la ricostruzione, o la pacificazione né la democrazia: è la salvaguardia della coesione della Nato in un momento di crisi della stessa. Questo è lo scopo dichiarato, scritto nei documenti ufficiali della missione Isaf.

La Nato è in Afghanistan esclusivamente per dimostrare che è coesa: lo scopo è essere insieme. Ecco perché gli Stati Uniti chiedono soldati in più: ma pensate davvero che manchino loro le forze per far da soli? Credete davvero che i nostri soldati o i lituani siano importanti? No!

L'importante è che nessuno si sottragga a un impegno Nato. Ecco perché vengono chiesti continuamente uomini agli alleati". "Agli infami, vigliacchi aggressori che hanno colpito ancora nella maniera più subdola diciamo con convinzione che non ci fermeremo", avverte il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

E' stravagante definire ‘vigliacchi' uomini che sacrificano la propria vita per uccidere il nemico. Forse questo giudizio andrebbe riservato ai piloti alleati che da mille piedi di altitudine sganciano bombe che fanno strage di talebani e civili, sapendo di non poter essere né visti né colpiti.

Anche chiamare ‘aggressori' i guerriglieri talebani che colpiscono le truppe d'occupazione Nato è curioso. Siamo noi che abbiamo aggredito loro invadendo il loro Paese. "Non ci fermeremo", conclude La Russa in tono bellicoso. Altri soldati italiani dovranno quindi sacrificare le loro vite e stroncare quelle di altri afgani, combattenti e non.

Da maggio, per la cronaca, le truppe italiane hanno "neutralizzato" almeno cinquecento "nemici" nelle battaglie combattute nell'ovest dell'Afghanistan con il massiccio impiego di carri cingolati ed elicotteri da combattimento. E presto, come annunciato, anche con le bombe sganciate dai nostri Tornado. Secondo il ministro degli Esteri, Franco Frattini, bisogna "conquistare il cuore degli afgani per fare terra bruciata di ogni complicità e omertà verso i terroristi".

Ma finché l'occupazione e la guerra continueranno, con le stragi di civili, i rastrellamenti, la distruzione dei villaggi, la terra bruciata si allargherà attorno ai nostri soldati e la guerriglia afgana diventerà sempre più popolare. La rabbia e il dolore di chi, a causa delle truppe occidentali, perde un familiare, la casa, una parte del corpo o semplicemente la libertà e la dignità, non fanno che portare acqua al mulino del "nemico". Un nemico che, infatti, più la guerra va avanti, più si rafforza e guadagna consensi.

Enrico Piovesana

Peacereporter

 
 
 

Scorie radioattive in mare: 20 anni di silenzi

Post n°111 pubblicato il 14 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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Il ritrovamento di una delle navi dei veleni torna a lanciare l’allarme radioattivo sulle coste della Calabria. La vicenda non dovrebbe stupire visto che è stata denunciata a più riprese negli ultimi due decenni.

Nel 1996, in un’occasione poco riservata come una conferenza stampa, la Legambiente rivelò l’esistenza di una società, la Odm (Oceanic Disposal Management), che si presentava su Internet offrendo i suoi servigi di affondamento su commissione.

Era già in vigore la Convenzione di Londra che vieta espressamente lo scarico in mare di rifiuti radioattivi, ma la Odm, che operava dal 1987, sosteneva che non si trattava di scarico in mare ma sotto il mare perché la tecnica proposta consisteva nell’uso di una sorta di siluri d’acciaio di profondità che, grazie al loro peso e alla velocità acquisita durante la discesa, si inabissano all’interno degli strati argillosi del fondo marino penetrando a una profondità di 40-50 metri.

Oltre ai teorici dell’affondamento “controllato” erano poi all’opera altre organizzazioni, più clandestine,che praticavano l’affondamento selvaggio basato sull’inabissamento di vecchie carrette che venivano fatte sparire misteriosamente, spesso senza lanciare il May-Day.

Tutto ciò è stato più volte denunciato dalle associazioni ambientaliste, da pentiti e da inchieste giornalistiche. Tuttavia nulla - o quasi - è stato fatto a livello governativo.

Il mare e le coste della Calabria sono stati trasformati in un cimitero radioattivo tollerando la crescita di picchi di tumore nelle popolazioni più esposte.

Intanto l’Italia si prepara ad aprire una seconda stagione nucleare che, in comune con la prima, ha la mancata soluzione del problema scorie.

Antonio Cianciullo

ECO - LOGICA

Trovata la nave dei rifiuti radioattivi l'hanno inabissata al largo della Calabria

 
 
 

No nucleare, no carbone Monaco si riscopre ecologica

Post n°110 pubblicato il 13 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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BERLINO - No al nucleare, no al carbone: siamo una metropoli tra le più moderne del mondo, vogliamo diventare una metropoli che usa e consuma solo energia ecologica, da fonti rinnovabili: eolica, solare, idroelettrica. La scelta è di Monaco di Baviera, la postmoderna, iperindustriale e ricchissima capitale bavarese.

La quale ha deciso di approfittare del prossimo addio al nucleare per convertire a fondo la copertura del suo fabbisogno d'energia: prima, cioè dal 2015, la totalità delle utenze private, poi dieci anni più tardi, dal 2025, anche quelle industriali e commerciali dovranno ricevere dall'azienda dell'energia elettrica cittadina, la Stadtwerke Muenchen (SWM) soltanto energia ecologica.

E' una scommessa nuova, probabilmente una novità in assoluto a livello mondiale: già esistono in Europa e altrove sulla Terra moltissimi villaggi e cittadine che usano solo energia ecologica e rinnovabile. Ma Monaco è una città di oltre un milione di abitanti nel cuore del vecchio continente, una metropoli prospera e pulsante, una locomotiva economica e finanziaria della Ue: ospita le case madri di aziende global player come Bmw o Siemens, come European Aerospace Eads o il colosso assicurativo Allianz, solo per citarne alcune.

La Baviera, si sa, è uno degli Stati più conservatori della Germania, governato dalla Csu, unione cristianosociale, partito fratello locale della Cdu di Angela Merkel. Ma nel bastione cristianoconservatore la capitale Monaco è un'eccezione: la guida da anni il popolare borgomastro (sindaco) socialdemocratico (Spd) Christian Ude, alla testa di una giunta composta dal suo partito e dai Verdi.

Ed è stata la giunta a lanciare il programma di riconversione totale della produzione di energia cittadina. SWM è l'unica azienda produttrice di elettricità a dimensione cittadina e non regionale o nazionale che in Germania sia rimasta proprietà del comune: le altre sono state privatizzate.

E così SWM, di cui sono clienti il 95 per cento degli abitanti della città, negli anni del boom di Monaco, è diventata il quinto produttore tedesco di energia, dopo i colossi Eon, Enwb, Vattenfall e Rwe.

Siccome la centrale nucleare di Isar 2, che attualmente fornisce il 25 per cento del fabbisogno di energia della città, verrà spenta nel 2020 nel quadro del programma tedesco di addio all'atomo civile, Monaco ha fretta.

La SWM sta investendo alla grande in progetti per la produzione di energia rinnovabile ovunque: dall'Andalusia, dove finanzia al 50 per cento un'enorme centrale solare che sarà pronta nel 2011, fino a un enorme parco eolico nel Mare del Nord. Ironia della sorte: gli investimenti sono possibili grazie agli utili realizzati ancora dalla centrale nucleare.

ANDREA TARQUINI

La Repubblica

 
 
 

San Francisco, capitale mondiale del riciclaggio (di rifiuti)

Post n°109 pubblicato il 12 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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SAN FRANCISCO - L’«impianto di recupero materiali» del Pier 96, con vista sull’oceano, è costato 38 milioni di dollari a cui vanno aggiunti i costi di gestione. Metà l’azienda li recupera rivendendo i materiali a chi li ricicla. Il resto viene coperto dalla tasse, 25 dollari al mese, dei contribuenti.

Ma a differenza di Napoli, dove la concessione a Fibe-Impregilo le garantiva tanti più soldi tante più ecoballe produceva (tagliando ogni incentivo alla differenziata), qui vale esattamente il contrario.

Così, di anno in anno, più virtù significa migliori fatturati. In questo enorme hangar arrivano i camion, tappezzati sulle fiancate da grandi immagini didascaliche, che fanno capire come gli avanzi della cena possano diventare concime per le vigne della Napa Valley. Sembra niente ma la voce di Reed si impenna: «È un modello, questo di spiegare visivamente il rapporto di causa-effetto, che ci hanno copiato tante altre città. Prima era la campagna che dava alla città, ora noi invertiamo il ciclo e restituiamo il favore».

Insiste sulla comunicazione: «Sui cassonetti ci sono anche le immagini di cosa ci va dentro e le spiegazioni in 16 lingue diverse» Non si può pretendere che un vietnamita o un pachistano appena arrivati capiscano dove mettere cosa. Però se non lo fanno dopo aver visto le figurine non hanno alibi e gli addetti alla raccolta segnalano i condòmini inadempienti e contattano gli amministratori.

Nel contempo alla Norcal hanno reclutato un sacco di star per spiegare perché riciclare è bello. E dal laboratorio artistico passano circa 4000 bambini all’anno per capire perché è importante.

L’alleanza tra uomini e macchine è strettissima.

I materiali rovesciati dalle vetture su un nastro trasportatore vengono incolonnati verso una selezione automatica. Il primo bivio è costituito da un enorme magnete che attira a sé i materiali ferrosi. D’incanto lattine e simili prendono un’altra strada. Restano carta e plastica a ballare su nastri inclinati dove dei dischi rotanti, sfruttando in maniera incomprensibile ma efficace la gravità, spingono in alto le cose leggere lasciando cadere in basso quelle pesanti.

I pezzi metallici sopravvissuti vengono espunti con un meccanismo, l’eddy current separator, che fa letteralmente saltare alluminio e rame, indirizzandoli verso un’altra linea di smaltimento. Però ci sono vetri bianchi, verdi e ambrati. Idem per le plastiche. E la carta spessa e plastificata che fine fa? Sulla sintonizzazione fine intervengono gli uomini.

Ogni addetto, chino sul nastro come un viaggiatore ansiosamente in attesa del proprio bagaglio, ha un bersaglio specifico. C’è chi prende le bottiglie di birra e le fa cadere in un’apposita botola, chi separa i libri rilegati dai fogli da ufficio. Alla fine i diversi affluenti del fiume del pattume trovano uno sbocco separato nel delta dell’impianto. Carta, plastica e lattine vengono compattate in cubi da un metro e mezzo. I muletti li impilano per poi trasportarli nei container che i tir porteranno via, verso il riciclaggio vero e proprio.

«Ogni giorno» calcola Reed «entrano in media 650 tonnellate di rifiuti ed escono 32 containers pieni di balle di carta, lattine, plastica. Un quarto resta negli Usa, il resto va verso i paesi asiatici».. Il compost ha un altro indirizzo.Viene prodotto in un impianto vicino al Monster Park. Se non bastasse la segnaletica per trovarlo si potrebbe seguire i gabbiani oversize, nuovi avvoltoi della rumenta.

È qui che finiscono anche i rifiuti straordinari, mobili, biciclette, lavatrici: tutto quanto non può essere riciclato ma magari smontato e riutilizzato. Ed è questa la tana degli artisti-residenti. Bill Basquin, che da contratto deve trascorrere qui almeno 20 ore alla settimana, ci mostra orgoglioso una strisciata di fotogrammi sulla metamorfosi degli escrementi di elefante («ce li porta lo zoo»). Sta preparando una nuova installazione. Una grossa scatola di legno e plexiglas, tutto di risulta, dove il visitatore potrà entrare e accomodarsi su un letto di compost di due mesi, circa a metà ciclo.

Dice: «È un modo per rientrare in contatto con la natura, sentire il calore che sprigiona, l’odore». Un barattolo di «Merda d’artista» di Piero Manzoni è stato battuto da Sotheby’s a oltre 120 mila euro. Prima di ghignare, rifletteteci.

Riccardo Staglianò

Il VIDEO

La Repubblica

 
 
 
 
 

"Capitalism: a love story"

Post n°107 pubblicato il 06 Settembre 2009 da pensierisparsi1
 

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Durissimo atto d'accusa a corporation, banche e politici loro complici. Le vittime e i carnefici della crisi: dai ragazzini messi in carcere per far soldi alle polizze vita sui dipendenti,un campionario di truffe e trucchi del cosiddetto libero mercato.

Vediamo le persone, molte anziane, costrette a lasciare le case in cui risiedono da decenni, magari costruite sulla fattoria in cui già vivevano i genitori o i nonni. Assistiamo allo strazio di chi non solo ha perso tutto, compreso il tetto sulla testa, ma che prima di lasciare l'abitazione deve anche metterla a nuovo, pur di ottenere l'elemosina di mille dollari per lo sgombero e la pulizia (per i creditori è più economico che rivolgersi a una ditta specializzata).

Ascoltiamo le testimonianze di alcuni adolescenti spediti ingiustamente in galera, magari per aver preso in giro la preside della scuola: il giudice che li ha condannati alla galera prendeva mazzette dal gestore della prigione (privatizzata).

Per non parlare dello strazio e della rabbia di una moglie che, dopo aver perso il marito, scopre per caso che la sua azienda ha incassato un milione e mezzo di dollari alla sua morte: sono centinaia di migliaia i dipendenti americani segretamente assicurati sulla vita dalle corporation per cui lavorano.Continua

 
 
 

Comunione e nucleare

Post n°106 pubblicato il 30 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

 

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Dunque, il ritorno al nucleare civile, nel nostro Paese, sembra non avere ostacoli. Questa è la sensazione che si ricava dalle certezze esibite al meeting di Comunione e Liberazione dal Ministro Scajola e dall’amministratore delegato di Enel, Conti, a cui ieri il giornale di Confindustria ha dedicato ben due pagine.

Tutto sembra fatto: l’Enel è pronta, e aspetta solo il via per aprire il primo cantiere e assumerne la guida; l’Enea e la Sogin anche, così tutti possono dormire sonni tranquilli per la sicurezza delle centrali; l’Edf è addirittura prontissima e già contabilizza i lauti profitti che ricaverà, dopo averci sbolognato i vecchi reattori di terza generazione, di cui non sapeva più che farsene, visto che sta lavorando a quelli di quarta; infine il ministro Scajola ha annunciato, al popolo di Cl, che anche il governo è pronto a elencare i territori che dovranno ospitare le centrali e a garantire che nel 2020, finalmente, nella rete elettrica correrà il primo kWh nucleare.

Più che impressionare, questi signori fanno un po’ sorridere. Tanta ostentazione di sicurezza sembra nascondere l’ansia e la paura, di essersi in realtà imbarcati in un’impresa impossibile. Si caricano a vicenda, una sorta di autosuggestione, in attesa dell’inevitabile scontro con la popolazione che, siamo convinti, continua a non volere né reattori né le inevitabili scorie radioattive.

Certo, a stare al volume di fuoco e di bugie che la lobby nucleare sta esibendo, la partita, per chi si oppone, sembra persa: stampa e televisione quasi unanimemente sostengono il ritorno all’atomo e ospitano, quasi ogni giorno, faccendieri e velinari, travestiti da scienziati, che raccontano che il nucleare fornirà, in modo sicuro, energia illimitata e a poco prezzo; gli industriali sono mobilitati a sostegno della scelta, tanto, come per le multe per non avere rispettato Kyoto, se poi i conti non tornano, a pagare saranno le popolazioni. Insomma, tutto sembra procedere senza intoppi e soprattutto senza opposizione.

Irresponsabili e illusi. State facendo i conti senza l’oste, senza cioè gli italiani che non compaiono mai nei vostri ragionamenti e nelle varie tappe che secondo il governo e l’Enel riporteranno questo Paese nell’avventura nucleare. Non compaiono neanche i presidenti regionali, quelli a cui spettano le scelte energetiche e che voi, campioni di federalismo, espropriate. Non mancano, però, le minacce di invio dell’esercito contro chiunque voglia opporsi alla costruzione di una centrale.

Per quanto ci riguarda non vediamo l’ora che il governo dia l’ennesima prova del suo decisionismo e dica dove ha deciso di posare il primo atomo. Lì saremo ad aspettare, forti non solo delle sempre più numerose e occultate prese di posizioni di Regioni, Province e Comuni contro questa scelta, ma soprattutto del consenso popolare che siamo certi di avere, ampio quanto quello che, con un democratico referendum, disse ventuno anni fa "no" al nucleare.

Massimo Serafini

Qualenergia

 
 
 

Quando i migranti eravamo noi "I nostri morti gettati nell'oceano"

Post n°105 pubblicato il 29 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

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Loro muoiono nel Mediterraneo. Quando gli emigrati eravamo noi, morivamo nell'Atlantico. "Buttarono nell'Oceano donne, un bambino e molti vecchi, in tutto quasi venti persone. Così raccontava mio padre". Maria Dominga Ferrero vive in provincia di Cordoba, in Argentina, nella casa che suo padre comprò quando, nel 1888, arrivò alla "Merica" a bordo del 'Matteo Bruzzo'. Una casa con i muri bianchi, la cucina grande, le stanze ariose e l'orto nel retro.

"In barca gli dicevano 'coma esto, gringo de mierda', mangia questo. Era pane e vermi. Vide morire di fame una donna incinta. Ma cosa poteva fare?". Maria parla un po' in piemontese e un po' in castigliano, mentre gira la minestra di verdure che bolle sul fuoco. "La solfa era la stessa. La differenza era che se sopportavi il male potevi fare suerte, fortuna. Non come capita agli immigrati che oggi vanno in Italia. A l'è vera? Non è vero?".

La domanda rimane sospesa, Maria apre i cassetti, cerca ricordi. "Mio padre - dice - all'inizio vendeva la verdura che coltivava ma nessuno capiva la sua lingua. Così vendeva tutto a 5 centesimi".

Loro, i sopravvissuti di oggi, vengono rinchiusi nei Cie, i Centri di identificazione ed espulsione. Noi finivamo negli Alberghi degli immigrati gestiti dallo Stato o nei Conventilli in mano ai privati.

Felicia Cardano è molto anziana, ma ricorda bene i racconti di famiglia: "Mio padre arrivò a Buenos Aires nel 1889 a bordo del 'Frisca'. Durante il viaggio morirono il suo migliore amico e altre trenta persone. Lo misero all'Hotel della Rotonda, un enorme baraccone di legno, dove si stava stipati come sardine insieme ai pidocchi e alla puzza. Si poteva rimanere al massimo cinque giorni, il tempo di trovare un lavoro in città o nei campi, dove era più facile".

Scenari confermati da Luigi Barzini che così scriveva sul Corriere della Sera nel 1902: "L'Hotel degli emigranti (lo chiamano Hotel!) ha una forma strana, sembra un gasometro munito di finestre (...). L'acre odore dell'acido fenico non riesce a vincere il tanfo nauseante che viene dal pavimento viscido e sporco, che esala dalle vecchie pareti di legno, che è alitato dalle porte aperte; un odore d'umanità accatastata, di miseria (...).

Più in alto, le tavole serbano dei segni più vivi di questo doloroso passaggio: li direi le tracce delle anime. Sono nomi, date, frasi d'amore, imprecazioni, ricordi, oscenità raspati sulla vernice o segnati colla matita, talvolta intagliati nel legno. Il disegno più ripetuto è la nave; il loro pensiero guarda indietro!".

Gli stessi graffiti ricoprono adesso le pareti dei Cie, memoria recente del transito dei migranti di oggi, stranieri di tutto il mondo, che lavorano nei cantieri, nei campi, nelle cucine dei ristoranti, nelle case, invadono i quartieri, contaminando le loro e le nostre abitudini. Noi, i "gringos" di allora, invadevamo "le passeggiate perché sono gratuite, le chiese perché credenti devoti e mansueti, gli ospedali, i teatri, gli asili, i circoli e i mercati": così scriveva infastidito all'inizio del secolo il sociologo argentino Ramos Mejía.Continua

GIULIA VOLA

 
 
 

L'APPELLO DEI TRE GIURISTI

Post n°104 pubblicato il 28 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

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L’attacco a "Repubblica", di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l’ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia.

Le domande poste al Presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere.

Invece, si batte la strada dell’intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee", come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.

Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d’informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.

Franco Cordero

Stefano Rodotà

Gustavo Zagrebelsky

La Repubblica

I giornali esistono per fare domande E domani le pubblichiamo anche noi

 
 
 

Una foresta di alberi "artificiali" per ridurre le emissioni di CO2

Post n°103 pubblicato il 27 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

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Una foresta di 100.000 alberi «artificiali» potrebbe assorbire le emissioni di carbonio della Terra. È la conclusione di uno studio presentato dagli scienziati inglesi dell’Institution of Mechanical Engineers per proteggere il pianeta dal riscaldamento globale e per ridurre le emissioni di CO2.

«Il primo problema è raffreddare il pianeta, il secondo è eliminare l’anidride carbonica dall’atmosfera»,ha spiegato il responsabile della ricerca, Tim Fox. Gli scienziati quindi hanno progettato degli alberi in grado di catturare l’anidride carbonica dall’aria attraverso un filtro e di trattenerla; il CO2 sarebbe poi rimosso e conservato.

Gli alberi artificiali sono già in una fase molto avanzata di progettazione e in breve tempo potrebbe essere avviata una produzione di massa.

Gli scienziati hanno valutato centinaia di opzioni per ridurre le emissioni di CO2, e, oltre alla creazione di alberi artificiali, hanno ipotizzato altri due progetti realizzabili con le tecnologie attualmente disponibili: l’installazione di contenitori di alghe negli edifici in grado di ridurre l’anidride carbonica durante la fotosintesi e l’installazione di specchi sui tetti degli edifici, in modo da riflettere la luce del Sole nello spazio e da evitare il surriscaldamento della Terra.

Tutte e tre le ipotesi richiedono ulteriori ricerche. Per questo, gli scienziati dell’Institution of Mechanical Engineershanno chiesto al governo britannico di investire 10 milioni di sterline per analizzare i costi e i benefici di tali progetti.

27/8/2009

La Stampa

 
 
 

Il potere dal Sole dei deserti

Post n°102 pubblicato il 25 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

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Un team di 20 società tedesche ha creato la «desertec foundation»: l’obiettivo è realizzare impianti solari giganti nel Sahara con cui alimentare l’Europa di grandi quantità di energia pulita.

L’Africa del Nord e il Medio Oriente sono luoghi ideali per immagazzinare energia solare da trasportare in Europa: questa potrebbe anche essere usata per gli impianti di desalinizzazione con cui irrigare il Sahara e le altre zone desertiche.

Si potrebbe coprire il 15% del consumo europeo di elettricità già dal 2019 .

Il costo previsto del progetto è di 400 miliardi di euro.

COME FUNZIONA IL «CONCENTRATED SOLAR POWER» (CSP)

Il sistema è in grado di accumulare il calore prima di convertirlo in elettricità: così è possibile una produzione a ciclo continuo.

Gli specchi si muovono secondo angolazioni diverse per intercettare il massimo della radiazione solare.

La radiazione solare è concentrata dagli specchi per ottenere le temperature più alte possibili.

L’acqua o i fluidi contenuti in tubi speciali si riscaldano creando vapore.

Il vapore alimenta le turbine che generano l’elettricità

Tutto Scienze

 
 
 

Internet non cambia le regole

Post n°101 pubblicato il 24 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

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Con Internet è cambiato tutto alla scuola di giornalismo della Columbia University fondata a New York da Joseph Pulitzer: le vecchie macchine da scrivere sono finite in un’aula museo, i corsi sono tutti multimediali.

Ma le regole del buon giornalismo sono rimaste le stesse del manuale News Reporting and Writing (alla sua 12ª edizione) di Melvin Mencher, professore emerito. Se n’è aggiunta solo una, piuttosto ingombrante: padroneggiare i nuovi media.

L’analfabetismo digitale non è plausibile nel giornalista del nuovo millennio, che deve sapersi destreggiare con la costruzione di siti Web, l’uso di gadget tecnologici e software di ogni tipo. «E’ la convergenza, bellezza» riassume il vecchio professore in una battuta all’ex alunna tornata a trovarlo nel venticinquennale della laurea. «Ma il mezzo più prezioso resta sempre il cervello».

E rispolvera «le regole»:

1. Farsi tante domande per capire la storia che si vuol raccontare, indipendentemente dal mezzo che si usa.

2. Occuparsi di cose che stanno a cuore, altrimenti l’indifferenza si rifletterà nel lavoro.

3. «Show, don’t tell»: non dire le cose, ma mostrarle.

4. I fatti separati dalle opinioni: cercare di mantenere un punto di vista il più obiettivo possibile per permettere ai lettori di formarsi la loro.

5. Dare sempre l’opportunità alla controparte di rispondere.

6. «Quotes up high»: far parlare gli interlocutori della storia, per darle vita e credibilità.

7. Controllare almeno due volte i fatti, i dati, i nomi.

8. Usare un linguaggio accessibile a tutti, ma essere precisi: soppesare ogni parola.

9. «Go with what you’ve got»: quando il tempo stringe, smettere di cercare e fare il meglio con quello che si ha.

10. Non affezionarsi alle parole ed essere pronti a tagliare. Solo così si diventa migliori.

ANNA MASERA 23/8/2009

La Stampa

 
 
 

«Rimbalza il clandestino», Renzo Bossi denunciato per istigazione a odio razziale

Post n°100 pubblicato il 23 Agosto 2009 da pensierisparsi1
 

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L'Arci ha denunciato la Lega Nord e Renzo Bossi per istigazione all'odio razziale, dopo che il figlio del Senatùr ha ideato (e messo online) il videogame «Rimbalza il clandestino».

«Non è più sufficiente limitarsi all'indignazione di fronte alla barbarie cui siamo giunti - dice Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci -. Mentre il Canale di Sicilia inghiotte altre decine di esseri umani, mentre nei Cie le dure condizioni di vita e la rabbia per una detenzione ingiustificata in uno stato di diritto spingono i migranti ad atti estremi di protesta, il sito ufficiale della Lega ospita un nuovo giochino che dovrebbe aiutare i suoi visitatori a passare il tempo fra una ronda e l'altra».

IL GIOCO - «Nel videogame - prosegue Miraglia - appare l'immagine della nostra penisola circondata da barconi di clandestini. Bisogna col mouse farli sparire, confortati dall'eroico ideale di liberare il popolo italiota dal pericolo dell'invasione. Verrebbe da dire: ma non è quello che già succede? I migranti non sempre muoiono subito affogati, come nel gioco in cui il barcone sparisce, ma quali drammi li aspettano una volta rimandati in Libia l'abbiamo già denunciato in troppi». Venerdì anche Giuseppe Fioroni del Pd aveva attaccato Renzo Bossi e il Carroccio: «La Lega trasforma, come fa il figlio di Bossi su Facebook, le sofferenze umane in un gioco».

BOSSI: «IL BERSAGLIO SONO IO» - «Attaccano mio figlio ma pensano a me» è invece la replica dello stesso Umberto Bossi. «Accusano mio figlio di essere stato lui - ha spiegato questa sera Bossi a Schio, nel corso della sagra padana - perchè ha un'azienda di computer. È stato accusato di aver creato il gioco ma lui era in Francia, a Menton, a prendere suo fratellino che poi ha accompagnato ad Eurodisney. Papà, mi ha detto Renzo mi attaccano per attaccare te. Lo so, gli ho risposto, ma non denunciarli tanto perchè poi li assolvono. La giustizia è molto piccola».

22 agosto 2009

Il Corriere della Sera

Utenti contro "Rimbalza il clandestino" Facebook cancella il gioco leghista

Quei morti che gridano dal fondo del mare

 
 
 
 
 

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Un blog di: pensierisparsi1
Data di creazione: 02/05/2008
 

Ogni essere, anche il più chiuso nella più banale delle vite, costituisce in se stesso un cosmo...Ciascuno contiene in se galassie di sogni e di fantasmi, slanci inappagati di desideri e di amori, abissi di infelicità, immensità di glaciale indifferenza, conflagrazioni di astri in fiamme, irruzioni di odio, smarrimenti stupidi, lampi di lucidità, burrasche dementi...Se scopriamo che siamo tutti esseri fallibili, insufficienti, carenzati, allora possiamo scoprire di avere tutti un reciproco bisogno di comprensione.                                
                                                              Edgar  Morin




 
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