(ASCA) - Roma, 16 lug - Si avvia con oggi una settimana forse
non cruciale ma sicuramente indicativa per la riforma della
legge elettorale. Teatro del confronto il Senato, dove si
giocano due partite essenziali in tal senso: quella del
comitato ristretto voluto dal presidente Schifani per dare
pronta risposta agli appelli del Capo dello Stato, il cui
compito e' quello di trovare le convergenze dei partiti e
possibilmente un testo base che le riassuma; e quella delle
riforme costituzionali, strettamente connessa alla prima, che
da martedi' tornano in Aula per trovare conclusione entro
giovedi' 19. L'assemblea, dopo aver dato il via libera al
taglio dei parlamentari e al Senato federale dovra' decidere
sul semipresidenzialismo.
La situazione appare ancora confusa, quasi magmatica anche
a causa delle dinamiche interne ai partiti, ma quello che si
tentera' di realizzare a Palazzo Madama sara' un passo avanti
sulla strada della chiarezza, sganciando, cosi' come
sollecitato dal Presidente della Repubblica, il dibattito
dalle contrattazioni tra i partiti per portarlo nella sua
sede istituzionale e piu' trasparente del Parlamento.
Oggi a Milano la Lega Nord riunisce per la prima volta il
vertice del partito nel dopo-Bossi per la prima segretaria a
guida Maroni. Molti i temi sul tavolo e tra questi spicca
anche quello della legge elettorale. Il Carroccio dovra' dare
indicazione su quale sia il sistema su cui concentra il
proprio gradimento. E questo aspetto non e' slegato dai
rapporti che il nuovo Carroccio intendera' tessere con il
Pdl.
Di certo quanto si sta profilando sul fronte della legge
elettorale e' una nuova convergenza di Pdl, Udc con parte
della Lega Nord, quella vicina a Berlusconi, sulle
preferenze, con un sistema proporzionale con uno sbarramento
alzato al 6% e un premio di maggioranza contenuto, non
superiore al 10%.
Una convergenza che mette in crisi la posizione del Pd, a
dispetto di quanto ancora sabato scorso il segretario Bersani
ha ribadito in occasione dell'assemblea nazionale, e cioe' no
secco alle preferenze, foriere di brogli e voti di scambio e
conferma della sua posizione (il Pd e' l'unico partito che
abbia formulato una proposta di legge come tale e non come
proposta di singoli esponenti) per i collegi uninominali con
premio di maggioranza abbastanza alto, intorno al 15%, meglio
se a doppio turno.
Una posizione non condivisa dall'ala degli ex popolari.
Sabato gia' lo stesso vicesegretario Enrico Letta aveva
espresso in assemblea le proprie peplessita' sul perche' le
preferenze vadano bene per i comuni e l'europarlamento,
mentre diventano foriere di disastri per le Camere , e ieri
anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, non ha esitato a
dichiararsi nettamente a favore alle preferenze.
Sullo sfondo pesa di certo la posizione dell'Udc, che se
da un lato per voce del suo leader, Pierferdinando Casini,
parla di una nuova area di moderati-progressisti, dall'altro
ora si trova in sintonia, almento per quanto concerne la
legge elettorale, con la posizione del centrodestra.
Anche qui, specie dopo la decisione non ancora
ufficializzata del ritorno in campo di Berlusconi, le acque
non sono tranquille, mosse dai moderati guidati da Pisanu da
un lato e dagli ex colonnelli di An dall'altro. Anche se non
ci sono dubbi che sulla legge elettorale prevalga la
compattezza intorno alla scelte fatte.
Dal canto suo il segretario Alfano ha ribadito ancora ieri
che sul fronte delle riforme procedera' come deciso: il
popolo deve scegliere, quindi avanti con le preferenze e
avanti anche con il semipresidenzialismo. Martedi' in Aula
del Senato si riproporra' quindi quasi certamente il
sodalizio Pdl-Lega Nord verso l'approvazione del
semipresidenzialismo, salvo poi quest'ultimo passare
all'esame della Camera dove i numeri sono sfavorevoli ad
esso. L'ipotesi piu' accreditata e' che a Montecitorio verra'
proposto e approvato lo stralcio dalle riforme costituzionali
della parte relativa alla riduzione del numero dei
parlamentari. Da qui si tornera' in settembre a ragionare con
maggiore concretezza anche sulla legge elettorale.