Dedalo e Icaro
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...... Poi non vidi altro più, se non il Sole.
Poi non volli altro più, se non da presso
mirarlo eretto sul suo carro igníto,
giugnerlo, farmi ardito
di prendere pei freni il suo cavallo
sinistro, Etonte dalle rosse nari.
Il pètaso e i talari
d'Erme Cillenio avea conquisi il mio
sogno meridiano, il mio delirio.
Congiunto era con Sirio
altissimo nel medio orbe, nell'arce
somma dei cieli Elio d'Eurifaessa.
E l'altezza inaccessa
e l'ardore terribile agognai
ed offerirgli l'ali che sul monte
crètico escluse avea dall'olocausto.
Mi sembrava inesausto
il valor mio ché l'animo agitava
le morte penne, l'animo immortale
e non il braccio breve.
Ed ecco, vidi come un'ombra lieve
sotto di me nella profonda luce
ove non appariva segno alcuno
del mare cieco e dell'opaca terra;
ancóra un'ombra vidi, un'altra ancóra.
E dissi: "Icaro, è l'ora".
Ma il cor non mi mancò. Non misi grido
verso il mio fato, come la devota
alla saetta aquila moritura;
nè rimpiansi il paterno ammonimento.
Guatai senza spavento
in giuso; e l'ombre lievi eran le penne
dell'ali, che cadeano tremolando
dalla cera ammollita....
Gabriele D'Annunzio
da: Alcyone -Ditirambo IV - 1903