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Mentre il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi continua il suo viaggio diplomatico in Israele, dove solo pochi mesi fa il premier Olmert si era dimesso per degli scandali (a differenza di Berlusconi), in Italia la due giorni di dichiarazioni di Ciancimino jr. sembrano voler riportare lo spettro della Mafia dietro le origini del suo impero economico. Ieri il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo ha parlato infatti dei soldi dei boss usati per finanziare la costruzione di Milano 2 e dei rapporti tra lo Stato e il boss Provenzano negli anni ‘90. Nella mattinata di oggi ( 02/02/2010 n.d.r.) invece il secondogenito di Don Vito ha continuato le sue dichiarazioni nell’aula bunker dell’Ucciardone rispondendo alle domande del pm Antonino Ingroia, nell’ambito del processo Mori-Obinu, aggiungendo particolari che fanno rabbrividire.
Il nome del senatore Marcello Dell’Utri, co-fondatore di Forza Italia appariva in uno dei pizzini (ritenuti attendibili) depositati nei mesi scorsi dalla procura di Palermo.
Nei pizzini secondo Ciancimino si faceva riferimento anche a Salvatore Cuffaro con l’abbreviazione “il nuovo pres.” (presidente della Regione) e a Nino Mormino con la sigla “l’avv.” (avvocato). Tutte persone che secondo le parole di Provenzano dette a Don Vito «stavano spingendo per la soluzione delle sue sofferenze». Massimo Ciancimino racconta che fu suo padre il tramite tra mafia e stato e che «i carabinieri chiesero allora di poter catturare Riina, non Provenzano, perché loro sapevano che Provenzano era un interlocutore privilegiato di mio padre . I carabinieri sapevano che per potere giungere a Riina avevano bisogno di mio padre». Rapporto che termino quando Vito Ciancimino chiese un passaporto di copertura ai carabinieri per incontrare all’estero Provenzano, in Germania ma venne arrestato il 19 dicembre successivo per scontare un residuo di pena.
Massimo Ciancimino in un incontro in carcere col padre successivo all’arresto di Riina racconta che «lui riteneva che la mancata perquisizione del covo fosse stata una sorta di onore alle armi per il capomafia. Mio padre mi disse che Riina si vantava del suo archivio: con queste carte può crollare l’Italia, diceva. Mio padre era convinto soprattutto che dopo di lui qualcuno aveva proseguito la trattativa con i carabinieri. Marcello Dell’Utri». Il senatore del Popolo delle Libertà (condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso estero in associazione mafiosa) già il 13 gennaio scorso reagi violentemente alle prime indiscrezioni che Ciancimino rilasciò nei suoi confronti :
Coincidentemente proprio sui pentiti e i collaboratori di giustizia è spuntata in parlamento una legge che aggiornerebbe le norme nei loro confronti. Un Ddl scritto dal senatore del Pdl Giuseppe Valentino e già rinominato dalle forze di opposizione come anti-pentiti perché «punterebbe a sterilizzare uno degli strumenti più efficaci nella lotta alla mafia come le norme sui pentiti che la magistratura ha dimostrato di saper utilizzare con capacità di giudizio ed equilibrio. Se tutte queste previsioni dovessero essere approvate si rischia di proteggere i livelli criminali più pericolosi: i mafiosi dal colletto bianco che muovono centinaia di miliardi di euro ogni anno. Con queste norme si va verso l’impunità dei reati mafiosi». Queste sono state le parole di Walter Veltroni, neo membro della Commissione Antimafia seguite a ruota da quelle di Sonia Alfano, europarlamentare IdV e presidente dell’associazione nazionale Familiari vittime di mafia che ha contestato direttamente anche il suo relatore:
Giuseppe Valentino infatti è sia il vice di Ghedini (avvocato di Berlusconi) che relatore di un altra legge molto contestata, il processo breve ma pare realmente avverso ai pentiti anche per una questione personale dovuta ad un’inchiesta che lo coinvolse nel 2004 per voti della ‘ndrangheta. Lo stesso infatti ha ribadito che questa norma «è in nome di un processo più giusto» e che «se è vero che le condanne devono essere inflitte oltre ogni ragionevole dubbio, è indispensabile che i criteri di valutazione della prova rispondano a principi di tassatività». Spiegazione che comunque non ha impedito al ministro Alfano di dirsi «assolutamente contrario» ad essa. Bocciatura arrivata anche dal Pm antimafia Antonino Ingroia che vede nel Ddl il «rischio di mettere la pietra tombale su tutti i processi di mafia» perché «ogni malavitoso potrebbe chiedere la revisione». Critiche ribadite poi anche da Giovanna Maggiani Chelli, vice Presidente dell‘Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili che parla di «una legge scandalo che è contro la verità sulle stragi»:
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