philo-sophia

nella gelosia c'é più egoismo che amore


“La Gelosia è una specie di Timore, che si riferisce al Desiderio che abbiamo di conservare il possesso di qualche bene; e non deriva tanto dalla forza delle ragioni, che fanno ritenere di poterlo perdere, quanto dalla grande stima che ne facciamo, che ci spinge ad esaminare anche i più piccoli motivi di sospetto, e a prenderli per ragioni molto importanti”. La definizione di gelosia data da Cartesio nella sua opera Le passioni dell’anima, ci porta a ritenere che questa passione sia frutto, più che del timore ragionevole di perdere un bene, della esagerata considerazione di esso tale da indurci ad ingigantire anche i più piccoli sospetti. In amore la gelosia ha a che fare con l’esclusività: io devo essere l’unico per l’altra/o, devo essere il preferito (ritorna il narcisismo infantile); l’altro/a è un bene di cui solo io devo godere. Per Freud queste caratteristiche rimandano all’amore esclusivo per il genitore del sesso opposto (vedi complesso di Edipo) rivissuto in età adulta ogni volta che si teme di perdere l’amore per la persona da cui si dipende emotivamente: risuona l’eco delle paure di abbandono vissute nell’infanzia, così come infantile è il modo di riviverle se desideriamo uccidere chi ci ha privato dell’esclusività del nostro amore. L’esclusività richiama la fedeltà, anche se si possono manifestare opinioni diverse: per alcuni la fedeltà è sinonimo di possessività (la molteplicità di relazioni sessuali garantisce salute, felcità…), per altri la fedeltà  costituisce la condizione per garantire la tranquillità della famiglia consentendo ai suoi membri l’autoaffermazione sociale. Ritorna la tensione, tipica dell’amore, tra passione e desiderio di stabilità. Così come ritorna un’altra tensione quando si considera la diversa percezione della gelosia tra i partner: io posso essere geloso perché questo è segno della mia fedeltà; il mio partner non deve esserlo nei miei confronti perché la sua possessività mi fa mancare l’aria! La gelosia manifesta sempre la sua doppia faccia: l’idea che l’altro possa essermi infedele colpisce la stima di me stesso perché perderei l’unicità nei confronti del mio partner; l’idea, invece, che io possa essergli infedele riaccenderebbe il mio narcisismo infantile e ravviverebbe la fiducia in me stesso dato che sono oggetto di attenzioni da parte di un altro/a. Ma al di là di queste considerazioni è scontata la situazione di malessere in cui verrebbe a trovarsi la persona gelosa che vede alterata la percezione, l’attenzione, la memoria, il pensiero e il comportamento come sostiene la psicologa D’Urso: “la percezione si accentra e si fa minuziosa nei riguardi di tutto ciò che direttamente o indirettamente riguarda la persona amata e i rivali, sia che essi siano reali, potenziali o immaginari. Inoltre aumentano in modo abnorme e selettivo i processi di attenzione, mentre la memoria diventa fortemente selettiva e concentrata su piccoli eventi normalmente trascurati, come l’orario di una telefonata, le incongruenze nei discorsi, un’insolita cura nell’abbigliamento. Il pensiero subisce un vero e proprio stravolgimento nel suo vorticare intorno all’idea del tradimento, fino a sfiorare le soglie del delirio paranoico, dove anche gli eventi più innocenti e insignificanti vengono assunti come prove irrefutabili che la propria gelosia è assolutamente giustificata”. Rabbia, dolore, indignazione accompagnate dalla diminuzione della stima di sé: se il geloso non mette in campo una strategia di controllo di questa passione se la passa proprio male. Cartesio sostiene che la gelosia può essere onesta quando deve conservare un bene molto grande, ma essa è riprovevole (blasmable) in altri casi come quando si scambia il vero amore col possesso: “E si disprezza un uomo geloso di sua moglie, perché è un segno che egli non l’ama in modo giusto, e che ha cattiva opinione di sé o di lei. Sostengo che non l’ama in modo giusto; infatti, se provasse vero Amore per lei, non avrebbe alcuna inclinazione a diffidarne. Ma non è proprio lei che egli ama, è solo il bene che egli immagina consistere nel possederla da solo”. Si ama l’altro/a o il proprio potere sull’altro/a? Sembrerebbe, a dirla con Fromm, che nell’amore si sia trovato un rifugio alla solitudine, si sia formata un’alleanza a due contro il mondo e questo egoismo a due è scambiato per amore. Il mondo è sentito ostile e pauroso e di conseguenza l’amante diventa un riparo da cui non si può prescindere per vivere? Un egoismo che nasce dalla mancanza di amore per sé con conseguente bisogno di possedere l’altro per colmare il proprio vuoto? Ed allora se la gelosia compare quando l’amore si confonde col bisogno di possesso – segno di un amore dipendente che ha bisogno di riempire carenze –, non ci si cura da essa solo separando l’amore dalla possessività? (Amore - 3 precedente  successivo)