Creato da m_de_pasquale il 05/10/2009
"il sapere ha potenza sul dolore" (Eschilo) ______________ "Perchè ci hai dato sguardi profondi?" (Goethe)
 

 

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come te non c'è nessuno, sono come tu mi vuoi

Post n°35 pubblicato il 10 Gennaio 2010 da m_de_pasquale
 
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Penso che l’illusione racchiuda il mio concetto d’amore … lo avevo idealizzato, mi piaceva tutto di lui … ma poi mi sono accorta che erano tutti castelli in aria…”; “L’illusione rappresenta il modo d’ingannare i sensi con vane speranze, per cui una falsa impressione viene creduta come realtà … si attribuisce consistenza ai propri sogni e alle proprie speranze … l’immaginazione mi libera dal peso della realtà…”. Sono alcune emozioni che un gruppo di ragazzi tra i 16 e i 18 anni hanno evidenziato all’interno di un’attività di consulenza filosofica sull’amore svolta nei mesi scorsi. Sembra che la fantasia faccia della persona amata un qualcosa di unico. Sebbene la psicoanalisi spieghi l’idealizzazione come una regressione – il trasferimento sull’amato del senso di unicità attribuito ai genitori quando si era bambini - essa, nell’amore, gioca un ruolo importante per l’attivazione del desiderio: la fantasia trasfigura la realtà affinché essa abbia un senso per noi. Dice Stendhal: “Ci si compiace di ornare di mille perfezioni la donna del cui amore siamo sicuri […] la nostra mente da qualunque occasione trae la scoperta di nuove perfezioni dell’oggetto amato […] il gaudio aumenta con le perfezioni dell’oggetto amato”. Quando la realtà (l’amato/a) è trasfigurata dall’idealizzazione diventa attraente e perciò seducente. Ma l’idealizzazione collocando tutto il valore nell’altro non ci impoverisce? E se l’altro non ricambia l’idealizzazione nei nostri confronti, non rimaniamo svuotati? A questa trasfigurazione della realtà non è preferibile un sano realismo per proteggerci dalla delusione della scoperta che reale ed ideale non coincidevano? E’ interessante considerare che l’idealizzazione innesca una tensione che fa dell’amore un’esperienza creativa,trasformatrice della realtà. Afferma Gentile: “Amare è volere. Se amiamo ciò che ha pregio e risponde all’ideale è perché quell’ideale non c’è e con l’amore lo vogliamo realizzare [...]. Ora quello che noi vogliamo, appunto perché lo vogliamo, non c’è già al mondo. […] La persona amata è quella ricreata dal nostro amore. È ricreata immediatamente e mediatamente: essa, cioè, è un nuovo essere per noi fin da quando prendiamo ad amarla; ma si fa realmente un essere sempre nuovo, si trasforma continuamente in conseguenza del nostro amore, che agisce su di essa, conformandola a grado a grado sempre più energicamente al nostro ideale. Insomma, l’oggetto dell’amore, qualunque esso sia, non preesiste all’amore, ma è da questo creato”. Ritorna l’enigma dell’amore oscillante tra esperienza del rischio e ricerca della sicurezza: passione (alimentata dall’idealizzazione, stimolante la creatività a reinventare il rapporto con tutti i rischi di ogni avventura) e stabilità (assicurata da un sano realismo che degrada l’idealizzazione). Un’altra tensione è quella tra l’essere se stesso e l’essere altro da sé. Si dice che per non essere estraneo all’altro, chi ama cerca di essere come l’altro lo vuole. Avviene una sorta di immedesimazione che si risolve nell’annullamento di sé nell’altro. Ma a questa maniera il rapporto non si riduce ad un gioco di maschere? Il gioco dell’inganno dell’amore come lo definisce Nietzsche: “Si dimenticano molte cose del proprio passato e le si caccia di proposito dalla mente: cioè si vuole che la nostra immagine, che irraggia dal passato verso di noi, ci inganni, lusinghi la nostra presunzione — noi lavoriamo continuamente all’inganno di noi stessi. E ora credete voi, che tanto parlate e decantate l”obliar se stessi nell’amore”, lo “sciogliersi dell’io nell’altra persona”, che ciò sarebbe qualcosa di sostanzialmente diverso? Dunque si infrange lo specchio, ci si immagina in un’altra persona che si ammira, e si gode poi la nuova immagine del proprio io, anche se la si chiama col nome dell’altra persona — e tutto questo procedimento non sarebbe inganno di sé, non sarebbe egoismo, gente strana! Io penso che coloro che nascondono qualcosa di sé a se stessi e coloro che a se stessi si nascondono come tutto, sono uguali in ciò a coloro che commettono un furto nella camera del tesoro della conoscenza: dal che risulta contro quale reato ci metta in guardia il detto: 'conosci te stesso'”. Che c’entra con l’amore l’allontanarsi da tutto ciò che di sé non piace, assumendo come propria identità quella dell’altro? Il tema qui è “se stessi” più che l’amore perché, ammirando l’identità dell’altro, si sceglie di rimuovere la propria per assumerne un’altra. E quando l’altro ricambia il mio amore, non significa forse che ama il mio “disconoscimento”? Come posso continuare ad idealizzare chi ama il mio disconoscimento? L’altro nel quale mi annullo è “l’altro reale” o la sua idealizzazione? Insomma stiamo parlando di una fusione d’amore o di un incontro mancato dato che ognuno si identifica con l’immagine idealizzata dell’altro? Forse è il caso di rinunciare alla immedesimazione per promuovere la differenza, il riconoscimento delle differenze individuali: solo se si salvaguarda l’identità di ciascuno si favorisce il gioco della seduzione (l’altro vuole condurmi a sé se c’è distanza). Quando c’è distanza diventa difficile la prevaricazione sull’altro per possederlo o la rinuncia di se stessi nell’immedesimazione. (Amore - 4 precedente  successivo)

 
 
 
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