pianetaMARTE

Post N° 17


Il cinema del rifiuto nasce dall’interstizio che separa due spinte uguali e contrarie,dalla pulsione del rimettere in forma qualcosa che la sta perdendo .Genesi che ha a che fare con l’essenza stessa del cinemae con il suo essere sempre e comunque(come sosteneva Cocteau) “la morte al lavoro”.E’ la morte che produce scarti e rifiuti nei film: morte di oggetti, morte di corpi, morte di cose.Ma anche morte di segni, linguaggi, alfabeti. Chi non ricorda le nefandezze cucinate da “Bette Davis”,per la sorella paralitica nel film “Che fine ha fatto baby Jane?” .Oil sangue golosamente succhiato da Tom Cruise e Brad Pitt in “Intervista con il vampiro?”E’ infatti il cibo, scrittura segnica ad offrirsi nel cinema come  figura chiave; impastato di viscere e vomito,di melma e bolo, di bava e bile.Questi rifiuti “gastro-enterici” fanno dei sintomi della famee dei residui della digestione le materie prime su cui edificare monumenti ad un arte cinematografica grottesca e macabra; sfiorata  da aliti di sublime.Ciò accade nelle marmitte di spaghetti fumanti,arraffate con le mani e i denti nel film di Mattioli  “Miseria e Nobiltà”;o nei fetidi intrugli preparati dai protagonisti di “Camerieri” di Pompucci;o nei deliri bulmici da fast-food di Landis in “Animal House”.I residui e gli scarti  non si esauriscono qui , non è possibile dimenticare l’enorme cumolo di immondiziache nasconde resti umani non identificati ne il film “Gli occhi del delitto”o le tonnellate di spazzatura che saturano lo schermo nel film “Arriva la bufera”Ci sono inoltre i ributtanti cadaveri putrescenti di “Seven” e le vertigini da nettezza urbana dell’immaginario, messe in scena dal regista definito “il re degli schifosi”: John WatersQuando l’arte cinematografica ha a che fare con questo genere, sembra incapace di assumere altro sguardo che non sia quello “nobilitante”, quasi “avveretendo nella purezza estetica  del linguaggio, l’ultima chance di riscattare la miseria sociologica dei soggetti rappresentati.Secondo tal proposito Pasolini riabilita i volti sdentati,le pelli foruncolose dei suoi sottoproletari romani inquadrandoli in composizioni figurative di matrice Giottesca .Un cinema insomma che si immerge nei detriti del linguaggio,lasciandovi andare alla deriva,conscio di non poter esistere se non in questo scenario artistico.