pianetaMARTE

Post N° 20


"La mia vocazione più autentica mi sembra il rappresentare quanto vedo, quanto mi colpisce, mi affascina, mi sorprende... Federico Fellini Fellini ha un rapporto fagocitante ed osmotico con il proprio tempo. Insaziabile e modellatore psichico quasi plastico, struttura il reale secondo una valenza visiva perturbante e ricca di una affabulazione seducente permeabile a modalità espressive apparentemente disomogenee, tangenziali anche alla scena teatrale, figura di riferimento nell'imagerie visiva contemporanea. Da Lo sceicco bianco a Le notti di Cabiria, per passare a Toby Dammit (episodio di Tre passi nel delirio), Fellini - Satyricon sino a La voce della luna, l'immaginario che si crea contraddistingue per la costante materialità delle sensazioni, dei piaceri, delle emozioni tattili, secondo un'accezione onirica e spettacolare. Voci dalla luna si prefigge dunque di suscitare, attraverso una riflessione sullo straniamento che l'impatto con la scintilla creativa comporta, lo stupore dinanzi alla bellezza, l'arrendersi alla sua meraviglia e alla magia che ancora preserva. Fellini credeva che i film fossero lo strumento del mago dove anche la palese conoscenza del trucco faceva parte dell'incanto. Passò gran parte della sua carriera artistica cercando di rimuovere le barriere che ci sono tra un'arte e l'altra. Perché per lui il cinema non era semplicemente cinema; era teatro, vaudeville, opera, circo e fiera. A ragion di cio' mi domando , per quale motivo il cinema ha scelto di relegarsi in una etichetta predefinita di categoria piuttosto che fare tesoro e applicare questo insegnamento di comunione con altre discipline artistiche?