Creato da: piccola_sarta_cinese il 17/08/2005
la notte di luna non accendere la torcia, se l'accendi la luna si addolorerà.

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Post N° 125

Post n°125 pubblicato il 23 Novembre 2005 da piccola_sarta_cinese
Foto di piccola_sarta_cinese

Era un’ afosa domenica di Giugno, quell’anno l’estate aveva cominciato a farsi sentire con largo anticipo.
Impugnasti la cornetta del telefono e componesti il numero.
“Pronto.” La sua voce dall’altra parte.
“Fili - era così che lo chiamavi - andiamo al mare?”
“Ok, ci troviamo al circolo tra dieci minuti.”
E via di corsa a preparare le poche cose che ti servivano: il costume, un asciugamano, il gel per i capelli. Ci tenevi molto ai tuoi bellissimi capelli biondi, anche le ragazze te li invidiavano.
“Ciao mamma, io vado.”
“Ritorni per cena?”
“Si.”
“Stai attento. Non correre, mi raccomando.”
“Si, non preoccuparti.”
Mentre lei continuava a ripeterti le solite raccomandazioni, tu eri già uscito di casa e saltato in sella alla tua moto.
Quanto avevi desiderato quella moto? Avevi lavorato sodo per tutto l’inverno, risparmiando ogni singolo centesimo per poterla acquistare.
Con la primavera erano arrivati i tuoi sedici anni e con loro la tua “Mito”.
Quando sei arrivato al circolo, Filippo era già là ad aspettarti. Te lo immaginavi, era puntualissimo.
Lui era il tuo migliore amico, eravate stati compagni di scuola fin dalle elementari, poi tu avevi deciso di smettere, lui di continuare. Vi trovavate bene insieme, eravate completamente diversi, anche fisicamente, ma sulle cose che contano la pensavate allo stesso modo: ragazze, moto e calcio.
Il tempo di bere una coca, fumare una sigaretta, salutare gli amici e… partenza; direzione mare.
Il viaggio fu un piacere. Con la velocità e i vestiti leggeri il caldo non si sentiva. Guardavate quegli automobilisti fermi in coda, con la fronte sudata e quell’espressione rassegnata sul volto e vi sentivate “grandi”, invincibili.
Come da programma, dopo circa mezz’ora eravate già davanti alla spiaggia. Avevate perso un po’ di tempo a cercare parcheggio. Volevate mettere le moto vicino all’ingresso, ma allo stesso tempo in un punto che non fosse troppo affollato, per evitare che i passanti, urtandole vi procurassero qualche graffio. Dopo alcuni minuti avevate trovato il posto giusto e scendeste, sotto gli sguardi delle ragazze presenti, curiose di vedere i vostri volti nascosti dai caschi.
Vi piaceva avere l’attenzione tutta per voi. Vi faceva sentire importanti.
Il pomeriggio passò in fretta, tra bagni, giochi, risa e sole.
Intorno alle diciotto decideste di ripartire, soddisfatti della vostra giornata e con in tasca due o tre numeri di ragazze che avreste chiamato durante la settimana.
Anche il ritorno andò come previsto, dopo i soliti trenta minuti eravate al circolo.
I vostri amici erano tutti lì, stavano facendo programmi per la cena e vi proposero di aggregarvi. Tutti alla “festa della birra”, nel paese vicino, a pochi chilometri.
Perché no? Ti sembrò il modo giusto di chiudere quella domenica.
L’appuntamento era per le otto, davanti alla chiesa.
Salutasti e andasti a casa.
“Mamma, sono io, vado a farmi una doccia. Non ci sono a cena.”
“Anche stasera a cena fuori?”
“Dai mamma, è domenica. Ti prometto che la prossima settimana starò a casa.”
“Sì, come sempre…”
La doccia fu veloce, non asciugasti nemmeno i capelli, una spruzzata di profumo e poi in camera, in piedi davanti all’armadio a scegliere i jeans e la maglietta giusta per la serata.
Non lo avresti mai ammesso, ma eri vanitoso, come una ragazza.
Intorno alle sette e mezza eri pronto.
Salutasti la mamma e il papà e uscisti.
Una volta fuori ti accorgesti di non avere il portafoglio e rientrasti in casa. Lo avevi dimenticato in cucina quando un attimo prima eri andato a bere.
I tuoi erano già seduti al tavolino, mangiavano sempre con anticipo quando erano da soli.
Senza pensarci troppo ti avvicinasti a tua madre, quella sera ti sembrava più vecchia e insolitamente stanca. Ti fece tenerezza e la abbracciasti. Un lungo abbraccio e un bacio. Lei sembrò sorpresa, era da molto che non vi scambiavate più questo tipo di effusioni. Una pacca sulla spalla anche a tuo padre, e poi, senza dire una parola uscisti.
Arrivasti con un po’ di anticipo in piazza, persino Filippo, il puntuale, arrivò dopo di te.
“Andiamo con una moto sola? Con la mia, o con la tua.”
“No, non so quello che voglio fare e quanto ci voglio restare. Io vengo con la mia e non faccio salire nessuno.”
Dopo una manciata di minuti il gruppo era al completo e partiste.
La strada per arrivare alla festa era dritta e l’asfalto nuovo. Era una tentazione, tutti andavano veloce su quella strada. E come tutti anche tu.
Quando arrivasti in prossimità dell’incrocio non rallentasti. Sapevi di avere la precedenza e non c’erano auto.
Nel frattempo Lucia era alla guida della sua Y10, stava ascoltando una canzone di Laura Pausini e cantava a squarciagola. Lei stava andando dal suo ragazzo, dovevano festeggiare, era il loro primo anniversario.
Arrivata in prossimità dell’incrocio cominciò a rallentare e vide passare quel gruppo di ragazzi in moto saranno stati sei o sette.
“Che pazzi, guarda come corrono.” Pensò, continuando a cantare quella famosa canzone.
Non si fermò, si limitò a rallentare, quando vide che non c’era più nessuno attraversò.
Tu avesti solo il tempo di renderti conto che in effetti un’auto c’era, e proveniva dalla tua sinistra.
Lei si accorse di te, che le sopraggiungevi da destra, solo quanto udì il rumore della tua moto.
Era troppo tardi, nessuno dei due fece in tempo a frenare.
La sua auto fu distrutta, ma lei si fece solo qualche graffio.
Il tuo corpo fu sbalzato, lo ritrovarono cinquanta metri più avanti.
Oggi in quel punto c’è una bella pianta di rose gialle, come la tua moto.

 Certa gente ha paura di invecchiare, si sottopone agli interventi più cruenti pur di cancellare dal proprio corpo i segni del tempo. Altri hanno paura della morte, hanno paura di svanire nell’oblio, come se non avessero mai vissuto.
Tu continui a vivere nei nostri ricordi e in quelli dei tuoi genitori, e per noi sarai sempre quel bel sedicenne dai lunghi capelli biondi che sfrecciava con la sua moto per le strade del paese.

 

  

 

 

 
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