Creato da: Pierangela il 18/10/2005
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Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 27 Ottobre 2005 da Pierangela
Foto di Pierangela

Non ho mai capito il perché. Né mai mi è stato spiegato. Esattamente come nel Processo di Kafka, mi sono trovato condannata senza alcun capo imputazione. Lui semplicemente mi disamò.

In effetti, ero spesso insopportabile. Fu un miracolo che abbia recuperato, negli anni successivi, il rispetto e la credibilità.Indossavo, noncurante, un velo nero tessuto di metafore sottili e insidiose, e due labbra rosse di barbagli intriganti. Indossavo una voglia che non si placava, ed una sete di sangue ereditata, come d’obbligo, da antenati vampireschi. Ondulavo su magrissimi tacchi metallici, fatti esclusivamente per scatenare turbolenti desideri, a lungo rimossi, di spettatori affamati di fami insaziabili. Due aghi feroci che ticchettavano sull’anima molliccia di acquirenti angosciati, due sostegni acrobatici, di certo non progettati per lunghe festive passeggiate, ma per sfrenate e rapidissime corse in vortici di passione, sì

pierangela  vagava allora ed ancora si aggira fra i suoi uffici, e scivola fra le vostre ansie logore, e poi scoppia improvvisa, o piuttosto è un brusìo sommesso e caparbio che non riposa nei silenzi delle vostre rinunce.

Chiamatemi come volete, con il nome che vi viene di getto, che mi volti finalmente verso di voi e vi uccida conclusivamente.

Fate uno sforzo per afferrare il senso, provate ad arrampicarvi lungo questo muro divorato da felci selvatiche, che non esitano, voraci proprio come le mie gambe che non si trattengono dall’aprirsi al mondo, a tutto il mondo, che non si trattengono dal divaricare i portali carnosi della mia villa, affondata in un bosco che la diritta via era smarrita non per lussuria, e or mi sovvien l’eterno, ei fu siccome immobile, steso fra i panni disfatti e imbrattati del mio personale campo di battaglia, povero te, che non ricordi più, o mai, con quale militare destrezza, terrapieno dopo terrapieno, io assalto la tua fortezza prefabbricata.

è così che nacqui ed è così che ogni notte voglio morire, dispersa, non disertrice, profuga, sopravvissuta a stento e a dispetto a micidiali pogrom di carnefici, che siete poi voi, miei diletti assassini, siete voi che con lame arrugginite (o metafora freudiana!) sezionate questo corpo sapiente di inginocchiatoi, indifeso da astute falsità, saporito di condimenti oleosi di terre d’Oriente, che il vostro estenuato esotismo non di marca invoca. Siate i boia di questa figura incuba che insinua pensieri disdicevoli che la notte avete terrore possano scivolare per sbaglio nel sonno delle vostre compagne, questa Lilith, che vi muove ai sadismi. Siate con le mani grandi il Lupo Cattivo che ha vasti occhi e poco cervello e mentre si appresta a sbranare la Piccola Fiammiferaia cieca non si avvede del tranello, del camuffamento, non decifra, sotto il suo cappuccetto rosso, lo svettare marziale di milleottocento testate chimiche. Quando le farò esplodere contemporaneamente, sarà meno di un brillìo l’ultima memoria che seppellirete con voi. E l’ultima immagine che ricorderete, delle vostre precedenti vite, nell’ultima altrettanto inutile che vi imprigionerà per sempre, sarà la desolante sensazione di una privazione, di un buco che non avete mai colmato e che non potete più riempire, e non vi resterà, in eterno, che dibattervi nella cosciente ignoranza di quale misterioso oggetto avrebbe potuto colmarlo.

 
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