In 46 sull'Everest, per studiare gli effetti della mancanza di ossigeno sull'organismo e i rimedi per le malattie cardiache e respiratorie. Parte martedi' 9 settembre, verso l'immenso 'laboratorio a cielo aperto' dell'Himalaya, una spedizione organizzata dall'Istituto auxologico italiano, clinica e centro di ricerca biomedica, in collaborazione con l'universita' di Milano - Bicocca. Bloccata in primavera dalla Cina, che ha impedito l'accesso al Tibet per 'motivi ecologici', la spedizione ha dovuto ripiegare sul versante nepalese dell'Everest. Da Kathmandu i volontari del progetto 'HighCare' raggiungeranno con aereoplani a eliche ed elicotteri russi il campo base di Namche, a 3.600 metri. Qui verranno fatti i primi test sull'organismo, poi a piedi il gruppo si mettera' in cammino verso l'Everest. Le tende verranno montate a 5.400 metri, iniziando i 10 giorni di ricerca sugli effetti dell'ipossia, la carenza di ossigeno, sul corpo umano. "L'esposizione all'ipossia in alta quota - spiega Gianfranco Parati, primario di cardiologia all'Istituto auxologico e capo della missione - rappresenta un modello sperimentale interessante per studiare le alterazioni che si verificano in pazienti con patologie croniche associate a una riduzione della disponibilita' di ossigeno. E' possibile - continua - testare le soluzioni al problema, sia farmacologiche che non farmacologiche". Quindi test in alta quota per studiare un rimedio per chi soffre di malattie cardiache e polmonari o il classico 'mal di montagna', con piccole camere iperbariche e nuove magliette che permettono di registrare il respiro senza supporti metallici. Dai 5.400 metri del campo base alcuni alpinisti si muoveranno poi verso quota 8mila, cercando di alterare il piu' possibile i normali valori di ossigeno nel sangue. Sul sito 'highcare2008.eu' si possono seguire le fasi della ricerca, che e' costata all'istituto e agli sponsor circa un milione di euro. "Il nostro obiettivo - continua Parati - e' capire le reazioni indotte nel corpo umano dalla mancanza di ossigeno, e definire l'efficacia di alcuni interventi per poterle tradurre in soluzioni terapeutiche per i nostri pazienti cronici con problemi di ossigenazione nel sangue". Trattamenti come il 'respiro lento', una nuova tecnica, sperimentata nel rifugio dell'istituto sul Monte Rosa, per rallentare a ritmo di musica il fiato dei pazienti. (AGI)