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UOMO LIBERO DELLA CULTURA MERIDIONALISTA

Post n°166 pubblicato il 18 Marzo 2009 da giucar09
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LA MORTE DI RAFFAELE GIURA LONGO LASCIA UN VUOTO INCOLMABILE NELLA POLITICA LUCANA

IL RICORDO DI VINCENZO VITI

MATERA - Con la morte di Lello Giura Longo, non sembri azzardato considerare chiusa una lunga e straordinaria stagione intellettuale e morale della città di Matera: città esigente e tuttavia sospesa, come nella lettura visionaria di Calvino, fra virtù e dissipatezze, fra pensieri alti e navigazioni sottovento. Giura Longo, storico acuto e indagatore interdisciplinare, ha rappresentato il punto più istruttivo della natura anfibia di Matera: esponente (ombroso e rigoroso) della èlite colta, interprete di quell'azionismo che ha saputo comporre attitudini pedagogiche ed etiche con la natura vile della storia e della politica, coscienza civile che ha saputo guardare ai Sassi, a quel cordone ombelicale che collega le acque materne con le precarie evidenze della vita del Piano, come il punto da cui risalire per restituire unità ad una città fratturata,che per secoli si era illusa di nascondere i Sassi dietro le quinte seicentesche e settecentesche. Il lavoro di ritessitura dei Sassi dentro un idea compiuta e totale di Matera è dovuto infatti a quella generazione che si è, oltre le differenze, fondamentalmente ritrovata intorno a questa idea totale e connessa della città. La “paternità” di Giura Longo sta quindi in questo gesto di amore intellettuale e civile, del quale ognuno dovrebbe essergli grato. Quando muore un protagonista (specie se avvolto in una atmosfera di riserbo e di vigilanza morale) le retoriche offendono. Le uniche risorse che valgono sono il rispetto e l'onoredelle armi. Soprattutto il riconoscimento di una traiettoria umana che ha portato un intellettuale che, per lignaggio, per stile e per genio personale e professionale, ha saputo “guardare” prima dall'alto della città gentilizia il precario orizzonte umano confinato nei Sassi e poi guardare alla città del piano dalle viscere dell'inferno sociale. Senza mai rinunciare a quel maneggio civile e a quell'uso domestico della cultura, quando sa essere cultura non solo degli oggetti ma degli uomini: cioè storia di un pieno ribollente e vitale e non di un vuoto carico di sonorità e eco lontane. E' stato forse questo lo stimolo (razionale) della vita di Giura Longo: vivere in un partito popolare e di massa, quale fu il PCI, nel riflesso demiurgico di Partito “educatore” e “dirigente”, il sogno di una missione colta e civile: avventura chenon sempre, soprattutto ultimamente gli aveva regalato felici atmosfere.Fra qualche tempo, quando le emozioni si saranno rarefatte, sarà giusto e utile tornare a lavorare lungo le piste che Giura Longo ha battuto, talvolta in solitudine. Sembra questo l'omaggio più vero che possiamo rendergli.

 
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