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FRANCESCA GORI/VUOTO D'IMMAGINI

Post n°60 pubblicato il 25 Ottobre 2014 da Pallavicini74
 

 

 

Vuoto d'immagini

 

Appoggiata al davanzale fumo l'ultima sigaretta della giornata

 

Giornata d'ufficio, stanchezza

piatti da preparare, figlia da aspettare, giochi pronti

la fresca aria di fine settembre a riavvolgere il tempo fiacco

una sera come tante cerco di pensare

 

c'è solo un melone

sulla tavola apparecchiata

ed è senza sapore

forse un errore di valutazione

 

E poi la guerra di Napoleone

la Russia a fare da sfondo alle serate pigre

una storia di famiglie, un romanzo necessario

a lacerarmi il petto

 

Con la certezza di chiudermi qua dentro

di scivolare nella settimana come una larva o come un cane

da corsa, a rincorrere le ore che fanno di me un esemplare

una perfetta donna da sposare

 

Ore battute in cerca di un errore

di una feritoia stretta, da infilarla a forza, la mia ombra allungata

e io, di sbieco, dietro un angolo

nascosta

Ecco, Francesca Gori è una giovane donna assai indaffarata. Lo si percepisce bene dai suoi versi narranti una quotidianità pregna di operazioni speciali quanto usuali (lavoro, famiglia, bambina). Eppure, ciò che colpisce in questi versi - al netto dalle scelte strettamente tecniche, qua e là opinabili, mai però capaci di rubare la scena all'intensità emozionale che ammanta ogni verso - è la forma di inquieta mansuetudine ad un destino che pare scritto. Non è così, verrebbe subito da pensare: un'anima che si percepisce in quei termini non potrà mai essere definitivamente senza scampo. Questo è il nucleo potente che lascia tracce nei pensieri del lettore, il grado di consapevole sacrificio cui sa sottoporsi l'esemplare di perfetta donna da sposare. L'ironia celata, nascosta lascia subitamente il campo all'odio profondo che lascia intendere il grottesco del ruolo, a volte il disprezzo del rispetto quieto del ruolo. Madame Bovary dei nostri giorni, allo stessa stregua perduta - rivitalizzata - dal romanzo della serata, onde ripristinare i fili emozionali, solo in parte attutiti dagli affanni quotidiani, la protagonista si dibatte nel perenne cortocircuito emozionale tra la docile discesa a patti con la realtà e la eroica, sublime figura della perseveranza inquieta della propria esistenza nei prolungamenti delle vite altrui. Chissà se Manzoni e Flaubert avrebbero trovato un punto d'approdo. Il vuoto d'immagini preconizzato dalla poesia è, mettiamola così, un vuoto abitato dalla continua ricerca di una via di mediazione tra gli "errori di valutazione" e gli scomodi panni settimanali di una "larva" che stenta a sbocciare nel corrispondere al proprio statuto esistenziale. Più che un vuoto, dunque, una eterna rimessa in discussione, un "nascondersi" per non progettare eccessive fughe in avanti. Almeno all'apparenza, almeno alla superficie. In fondo, alla vita, sovente, bastano le contraddizioni dei consessi della propria mente. Se tutto pare ordinariamente calmo e prestabilito all'esterno, le emozioni ribollono nel fondo cieco, stipano all'inverosimile il "vuoto".

 

 

 
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