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BERTOLUCCI / POMERIDIANA


POMERIDIANA  Un principe dei poeti di provinciatorna alla sua città nel pomeriggio d'ottobreil treno pettina la pianura lombardaattenzione a non lasciarsi narcotizzare dal verde......Ma evviva il passaggio alla regione Emilia(ci vorrebbero doganieri in panni pesantitrafitti dal sole delle quattro senzauna goccia di sangue verniciati di amenità)..............Ora le ville e i rustici si succedono quasisenza interruzione scambiandosi le partitutti sono fuori a quest'ora la lottadi classe dura dai tempi di Carlo Magno...........Se le donne non si vedono dipende dal fattoche stanno vendemmiando la vite le ricoprele vespe soltanto le hanno inseguite nell'ombragli adolescenti ormai rifiutano l'erotismo autunnale........Il convoglio rallenta malinconicamentedovendo ripartire in perdita di viaggiatori assolatilasciarsi dietro minareti cattoliciche attingono ancora e trattengono il giorno -...mentre il poeta dubita avviandosi che lo si riconosca ed onori.   Diverso il Bertolucci degli anni '70 da quello degli esordi: poco elegiaco, men che mai lirico. Prosastico al più, con continue iniezioni ironiche, talvolta al confine col sarcasmo. La spia di questa evoluzione la certifica l'assenza totale della punteggiatura, se non a fine quartina. L'interpunzione, la virgola soprattutto, guida il respiro della lettura e della sintassi, orienta il senso ritmico, spezza in tronconi brevi e riconoscibili l'ordito...qui accade l'opposto: solo il fine verso dà una qualche indicazione, spesso fuorviante per via dell'assenza del raccordo dell'enjambement; accade invece il contrario, accade che talvolta la parte terminale del verso faccia da incastro di senso tra quanto precede e quanto segue, dando così vita e gambe allo sviluppo del componimento. Ironia, sarcasmo e circolarità della chiusa poetica fanno il resto. L'inizio certifica il cambiamento: non è una terza persona elogiativa o pomposa, al contrario: l'ossimoro nascosto tra il grado principesco e la destinazione provinciale testimonia il paradosso, l'ironia, quasi il sarcasmo. Il principe dei poeti torna alla sua provincia ( la stessa che, nella chiusa, difficilmente ne riconoscerà il ruolo, alimentando il dubbio del poeta stesso e mancando così l'agnizione onorifica), e lo fa con il treno (questa sì una costante in ogni tempo poetico di Bertolucci), attraverso la pianura lombarda che viene "pettinata", verbo bellissimo, intrusione del Bertolucci elegiaco prima maniera. Il verso terminale della prima quartina riconduce però verso il tempo prosastico: attenzione a non lasciarsi narcotizzare dal verde è sia un tono colloquiale, da bugiardino delle istruzioni, sia un divertente e paradossale monito - tutto accentrato nella felice scelta del narcotizzare - soprattutto per chi, a distanze di 40 anni, d'assenza di verde rischia di morire. La seconda quartina sale di tono grazie al passaggio di confine, testimoniato dalla forza dell'avversativa che si dilunga poi in un inciso - testimoniato dai tre versi inclusi tra parentesi - immaginifico, divertissement visivo che allunga il brodo delle immagini. Il succo del ritorno e di ciò che il poeta vede, di ciò che il poeta testimonia ( solo che il suo ruolo, nonostante la presunta nobiltà principesca, non viene riconosciuto) sta nelle terza e quarta quartina. Ville e rustici dicono dell'anima contadina dell'emiliano dallo spirito combattivo ed egualitario, con più di un pizzico di ironia che si cela in quel tutti sono fuori a quest'ora la lotta / di classe dura, patente dimostrazione dell'anfibolia bidirezionale del verso, come ricordato all'inizio. Che poi questa "lotta di classe" vada anche un poco presa sottogamba lo s'intuisce dalla quartina successiva, collegata alla precedente dal Se iniziale, che riconduce il focus della ragione alla preminenza dei sensi (la lotta di classe perfetto, ma i sensi sono una cosa anche più seria, ancestrale). Sarà la tradizione erotica spiccata negli autori parmensi, sarà l'inquieta fregola che permane - sempre elegantemente sopita - come altra costante in Bertolucci, l'attenzione si sposta inevitabilmente sull'immagine verace delle donne a contatto coi pampini, con gli acini dell'uva, coi succhi dolci e appicicaticci, preda ormai delle sole vespe, loro sì ronzanti attorno alle portatrici (involontarie?) di piacere, non gli adolescenti che ormai rifiutano l'erotismo autunnale. Che risulta una palese confessione dei sogni che allietavano il poeta nei tempi andati. An andare è poi il treno anzi, il convoglio, che nell'ultima quartina - la più elegiaca e vecchio stile - dipinge un finale di perfezione in perdita. Le assenze colorano le immagini, conducono sapore al verso, in attesa di quel finale in solitaria del poeta, conscio, dubbioso del proprio ruolo.